La Stampa - 28.03.2020

(Ben Green) #1
ALEJANDRO CHAVEZ
SCIENZIATO
COLUMBIA UNIVERSITY
INTERVISTA
Finita questa
pandemia ce ne sarà
un’altra. Puntiamo
a trovare un inibitore
per tutti i coronavirus

I vaccini faranno la
differenza.
E’ pazzesco che
esista un movimento
per non prenderli

In questa fase
stiamo tentando
di inibire la proteasi,
senza la quale
il virus non esiste

PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A NEW YORK

«N


el giro di un
mese comin-
ceremo i test
sui principi
attivi delle potenziali medici-
ne per curare il coronavirus,
ma per i risultati serviranno
sei mesi. Lavoriamo con l’Ita-
lia, per avere il plasma dei ma-
lati guariti da cui estrarre gli
anticorpi».
Il professore della Columbia
University Alejandro Chavez è
impegnato nella corsa alla cu-
ra per fermare la pandemia.
Guida uno dei quattro team
formati da David Ho, il virolo-
go che aveva ideato il cocktail
di farmaci per fermare l’Aids, e
ora ha ricevuto oltre 2 milioni
di dollari da Jack Ma per lavo-
rare sul Covid 19.
Lei guida il team degli inibito-
ri della proteasi. Cosa fate?
«Senza la proteasi il virus non
esiste, è indispensabile per pro-
cessare le componenti protei-
che che lo formano. Se riuscia-
mo ad inibirla, il virus non si
può replicare. Facciamo lo

screening dei principi attivi per
selezionare quelli che inibisco-
no in vitro la proteasi, non solo
del Covid 19. Perché quando
questa pandemia finirà, prima
o poi ce ne sarà un’altra, quindi
puntiamo a trovare un inibito-
re che abbia effetto su tutti i tipi
di coronavirus».
A che punto siete?
«Abbiamo sviluppato una tec-
nologia che ci permette di sag-
giare ogni principio attivo con-
tro centinaia di proteasi alla
volta. I primi esperimenti li ab-
biamo completati lo scorso
weekend. Nel giro di un mese
saggeremo come matti miglia-
ia di composti».
Cosa fanno gli altri tre gruppi
creati da David Ho?
«Due team, quello di Stephen
Goff e Yosef Sabo, e quello di Jin-
gyue Ju, si occupano degli inibi-
tori della polimerasi, cioè la pro-
teina con cui il virus copia il pro-
prio genoma. Hanno due ap-
procci diversi. Il primo fa test a
tappeto su centinaia di principi
attivi, per vedere quali funziona-
no; il secondo punta sul rational
design, ossia la costruzione di
un inibitore specifico, che si
adatti alla polimerasi del virus
come una chiave nella serratu-

ra. Il quarto gruppo, guidato da
Ho, isolerà gli anticorpi dal pla-
sma dei pazienti guariti, e co-
struirà anticorpi monoclonali
capaci di neutralizzare il virus».
Si parla di Remdesivir, Avi-
gan, Clorochina, plasma. Co-
sa ne pensa?
«IlRemdesivir è molto promet-
tente, anche se non era fatto
per il Covid-19, perché ha otti-
mi dati in vitro e nelle scimmie.
La fase 3 dei trial sui pazienti
non ha funzionato, ma è dipeso
da come era disegnata. La cloro-
china la usiamo da tempo e non
è tossica. Ci sono notizie inte-
ressanti, però i dati riportati nei
due studi realizzati da cinesi e
francesi non sono abbastanza
rigorosi. L’uso del plasma dei
pazienti infettati che hanno ri-
sposto al virus è una grandissi-
ma e ottima fonte di anticorpi.
Il problema è la purificazione e

la standardizzazione dell’uso.
Non basta averli, bisogna capi-
re come usarli per la prevenzio-
ne. Stiamo facendo i trial velo-
cemente. Sull’Avigan non so ab-
bastanza».
A che punto sono i vaccini?
«Sono il vero game changer, è
pazzesco che esista un movi-
mento per non prenderli. I test
sono cominciati a Seattle e al-
trove. Il problema è che se iden-
tifichi i componenti del vaccino
contro cui il sistema immunita-
rio produce gli anticorpi, poi bi-
sogna verificare che blocchino
davvero la capacità del virus di
riprodursi. I trial saranno mol-
to veloci, ma è difficile una ri-
sposta prima di un anno».
Quali sono i tempi per i far-
maci?
«Le medicine già in uso come il
Remdesiver non sono tossiche
e possono essere impiegate su-

bito. La ricerca di nuovi princi-
pi attivi può richiedere parec-
chio tempo. Noi completeremo
in sei mesi lo screening dei com-
posti in vitro. Poi dovremo pas-
sare ai modelli animali, e infine
i composti selezionati potran-
no essere studiati sugli uomini.
Il calendario è molto aggressi-
vo, ma è difficile che i risultati
arrivino prima di un anno».
Collaborate con l’Italia?
«Abbiamo contatti. L’Italia
produce ottime medicine e
ha centri molto specializzati
nella raccolta del plasma,
con cui lavoriamo».
Perché da noi la mortalità è
così alta?
«Purtroppo non abbiamo una
risposta. E’ possibile che ci sia
una componente genetica, ma
servirà molto tempo per sco-
prirla». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL CASO


IL CASO


REUTERS

Il premier britannico in un video: mi autoisolo e resto alla guida del Paese


Johnson ammette


“Ho preso il virus”


Precipita la Borsa


Solo nelle contee più colpite dal virus aumenteranno le restrizioni. Diventa legge il pacchetto di aiuti da 2.000 miliardi


Una mappa dei contagi in ogni Stato


Così Trump vuol riaprire l’America


Un virologo al lavoro in un laboratorio americano che tenta di trovare il vaccino per il coronavirus

ALESSANDRA RIZZO
LONDRA

H


a dato lui stesso la
notizia in un video
in cui ha cercato di
mantenere il piglio
ottimista e pragmatico: Boris
Johnson è positivo al coronavi-
rus, ma, ha detto, resta alla
guida del Paese e della lotta al-
la pandemia. Dopo il Principe
Carlo, erede al trono britanni-
co, anche il primo ministro è
stato contagiato e resterà in
isolamento, lavorando in vi-
deo-conferenza come milioni
di cittadini cui ha imposto la
quarantena per cercare di argi-
nare l’emergenza. Per ora i
suoi sintomi restano lievi, ma
Johnson, 55 anni e una fidan-
zata incinta, si trova ad affron-
tare la gestione della crisi più
drammatica della sua premier-

ship in isolamento. E la noti-
zia ha fatto crollare le Borse,
complice anche il mancato ac-
cordo in Europa sulle misure
economiche in risposta alla
pandemia: Londra ha chiuso
in profondo rosso, perdendo il
10.9%, il dato peggiore dal
1987, ma in calo anche Mila-

no, Francoforte e Parigi.
Il primo ministro ha accusa-
to i sintomi di contagio da Co-
vid-19, compresi febbre e tos-
se, nella giornata di giovedì, e
ha avuto i risultati del tampo-
ne alla mezzanotte. Resterà in
isolamento per sette giorni,
persino pasti e documenti uffi-

ciali gli verranno lasciati fuori
dalla porta. «E’ la cosa giusta
da fare», ha detto nel video su
Twitter. «Ma non abbiate dub-
bi sul fatto che, grazie alla ma-
gia delle moderne tecnologie,
io possa continuare a guidare
la controffensiva nazionale
contro il coronavirus». Que-
sto, per il momento, il suo
obiettivo principale: dimostra-
re determinazione nella crisi,
nonostante il contagio.
Il piano di emergenza mes-
so a punto da Downing
Street se il premier si fosse
ammalato gravemente (con
il ministro degli Esteri Domi-
nic Raab pronto a subentrar-
gli) resta per ora nel casset-
to. Ma la notizia aumenta il
senso di incertezza e vulne-
rabilità per milioni di cittadi-
ni che da lunedì scorso sono
sottoposti alle più pesanti
misure restrittive mai adot-
tate dal Regno Unito in tem-

po di pace. E che tuttavia si
domandano se non siano ar-
rivate troppo tardi. A peggio-
rare le cose, è arrivata la no-
tizia che anche il ministro
della Sanità Matt Hancock
ha il coronavirus, e che uno
dei principali consulenti
scientifici del governo,
Chris Whitty, presenta sinto-
mi ed è in auto-isolamento.
Tutte figure chiave nella ri-
sposta di Londra alla crisi.
Adesso si cerca di capire chi
possa essere entrato in contat-
to il premier, lui che solo po-
che settimane fa aveva detto
fiero che le mani avrebbe con-
tinuato a stringerle. Le riunio-
ni del governo sono in vi-
deo-conferenza, la tradizio-
nale udienza con la Regina da
due settimane viene condot-
ta per telefono. Buckingham
Palace ha fatto sapere che Eli-
sabetta è in buona salute e
che non vede Johnson dall’
marzo (non dice però se la Re-
gina sia stata sottoposta al
tampone).
Dietro al famoso portone
nero al numero 10 di Dow-
ning Street, corridoi e stanze
sono stati sigillati. Johnson
sarà in isolamento al numero
11, sotto all’appartamento
dove già vive. E’ stato molto
criticato per aver esitato
nell’imporre misure restritti-
ve severe, addirittura, secon-
do qualcuno, per aver sottova-
lutato la crisi. Chissà che non
sia rimasto vittima della sua
stessa strategia. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK

«R


iaprire l’Ame-
rica, riportare
gli americani
al lavoro».
Nel giorno in cui firma, tramu-
tandolo in legge, il pacchetto
da 2.000 miliardi di dollari di
aiuti all’economia, il presiden-
te Usa Donald Trump invoca il
ritorno quanto prima alla nor-
malità «economica». Posizio-
ne che stride non solo con i pa-
reri degli esperti sanitari, ma
anche con i numeri della pan-
demia. Gli Stati Uniti consoli-
dano il triste primato di Paese
con maggior numero di conta-
gi al mondo con quasi 100 mi-
la casi e con almeno 1.473 de-
cessi. Tenuto conto che la po-
polazione complessiva cinese
è oltre 4 volte quella america-
na, l’incidenza pro capite del
Covid-19 in Usa è assai più inci-
siva. Trump tuttavia confuta i
dati di Pechino: «E chi lo sa

quali sono davvero i numeri in
Cina», dice il presidente secon-
do cui il triste primato Usa è un
«tributo alla nostra capacità di
fare test». Salvo poi aggiustare
il tiro dopo la telefonata con
Xi: «Stiamo lavorando a stret-
to contatto. Molto rispetto!».
L’inquilino della Casa Bian-

ca è convinto, forse, che il nuo-
vo mostro pandemico sarà vin-
to in una guerra lampo e su
Twitter striglia il gigante
dell’automotive General Mo-
tors: «La GM deve immediata-
mente aprire il suo stabilimen-
to in Ohio, stupidamente ab-
bandonato, e cominciare a pro-

durre ventilatori, adesso». La
priorità è far ripartire l’econo-
mica e l’occupazione, specie do-
po il dato di giovedì sulle richie-
ste di sussidi balzate a
3.283.000 unità. Ed ecco allora
che Trump chiede ai governato-
ri di mappare gli Stati per indivi-
duare la diversa incidenza del

Covid-19 sulle contee e classifi-
carle in base al grado di rischio
alto, medio o basso rischio. Co-
sì i governatori potranno deci-
dere se «mantenere, aumenta-
re o allentare le misure prese».
Le aree a rischio minore che il
presidente vorrebbe riaprire, si
trovano principalmente nella

«corn belt», i granai d’America,
13 Stati che vanno dal Dakota
del Nord al Kentucky. I nodi da
sciogliere sono due: isolare gli
hot spot virtuosi e evitare che gli
abitanti si spostino da contea a
contea per aggirare il blocco.
Trump pensa a ridare ossige-
no ai mercati ma nel suo slan-
cio c’è anche molta campagna
elettorale visto che tra gli Stati
con maggiore emorragia occu-
pazionale svettano Pennsylva-
nia e Ohio ovvero gli aghi della
bilancia delle elezioni presi-
denziali di novembre. A muo-
vere critiche nei confronti del
comandate in capo è il gover-
natore dello Stato di New
York, Andrew Cuomo: «Io mi
baso e decido sui fatti, non sul-
le opinioni e i dati mostrano
che la curva sta ancora crescen-

do ed è lungi dall'aver raggiun-
to l’apice». New York si confer-
ma epicentro della crisi con
519 morti e 44.635 contagi in
tutto lo Stato di cui 25 mila nel-
la Grande Mela. Il picco di con-
tagi nello Stato è tra 21 giorni,
avverte Cuomo: «Per allora
avremo bisogno di almeno
140 mila letti di ospedale. Al
momento ne abbiamo a dispo-
sizione solo 53 mila». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

ALEJANDRO CHAVEZ guida un team di David Ho


“Lavoriamo con l’Italia nel raccogliere plasma”


“Entro un mese


faremo i primi test


Ma per il vaccino


servirà un anno”


L’EMERGENZA CORONAVIRUS


Il videomessaggio del premier postato ieri mattina

Truppe della Guardia Nazionale arrivano a New York al Jacob Javitsn Convention Center che verrà riconvertito in ospedale

L’EMERGENZA CORONAVIRUS


Londra perde il 10,9%.
Malati anche il ministro
della Sanità e il
consulente del governo

ANSA

Il presidente Usa
striglia General
Motors: fabbricate
ventilatori subito

AFP

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