La Stampa - 28.03.2020

(Ben Green) #1
L’OPINIONE

RENZO ARBORE

H

o apprezzato par-
ticolarmente la
considerazione
meravigliosa che
ha fatto Pupi Ava-
ti abbandonando-
si prima ai ricordi e poi traen-
do da questi riflessioni pre-
ziose per chi vuole fare comu-
nicazione e, nello specifico,
per il servizio pubblico. I peri-
coli di quando parla un certo
Arbore è che qualcuno possa
prenderlo per un “laudator
temporis acti” oppure che
parli come “Cicero pro domo
sua”...tanto per ricorrere al
“latinorum”. Rifuggendo
questi due pericoli, non si
può non apprezzare, come
ha fatto l’ottimo Pupi Avati,
l’idea che il servizio pubblico
approfitti di questa sciagura-
ta contingenza, di questo mo-
mento così difficile, per ri-
conciliarsi con i suoi fruitori
e, in particolare, con quelli
che ad esso, finalmente, ri-
chiedono attenzione partico-
lare per la cultura. Dico cultu-
ra, ma in realtà, si tratta di
moltiplicare le varie culture.
Parlo di cultura musicale,
artistica, della canzone italia-
na e di quella napoletana,
del cinema, del teatro, delle
altre invenzioni artistiche
trasferibili sullo schermo te-
levisivo (a eccezione dell’ar-
te gastronomica italiana, chè
ce ne è fin troppa...). Insom-
ma, il consiglio di Pupi Avati
è quello di approfittare per ri-
mettere in sesto il servizio
pubblico che ultimamente si
è lasciato andare a una pro-
grammazione leggera speso
fatta con spettacoli d’acqui-
sto, inventati da altri, da so-
cietà straniere; spettacoli
che, probabilmente, sono vi-
cini a quella che in America si
chiama «tv cheap». Non di tv
«trash», che è un’altra cosa, e
che è abbondante altrove. La
tv «cheap» è quella di gusto
mediocre, senza invenzioni,
che vive di «espedienti» per
conquistare il pubblico più di-
sarmato culturalmente. Una
tv che non arricchisce il fruito-
re, ma lo coccola assecondan-
done il cattivo gusto.
Questa tv non deve entrare
nel patrimonio della gloriosa
tv italiana, quella che ha edu-
cato il nostro Paese, inventa-
ta da Ettore Bernabei, poi cal-
deggiata e sublimata da Bia-
gio Agnes, e da altri direttori
presidenti e anche dirigenti
appassionati (...Guglielmi,
Voglino, Minoli... e tanti al-
tri) che hanno sempre avuto
bene in mente le principali fi-
nalità del servizio pubblico.
Conoscendole, penso spes-
so alle nuove generazioni, ai

ventenni che incontro sulla
Rete, che non conoscono il
nostro patrimonio artistico,
quello del Novecento a inizia-
re da quello cinematografi-
co, patrimonio fondamenta-
le per essere emulato nel fu-
turo. I ventenni e perfino i
trentenni sono ragazzi che
non vedono da tempo, tanto
per citare la commedia all’ita-
liana, i protagonisti più im-
portanti di quella stagione.
Vittorio Gassmann, Alberto
Sordi, Nino Manfredi, Ugo
Tognazzi, Monica Vitti, Gian-
carlo Giannini, Gian Maria
Volontè, Mariangela Melato
e tanti altri sono a loro presso-
ché sconosciuti.
La loro filmografia rara-
mente viene ricordata nella
tv di oggi, capisco che c’è un
problema di diritti, essendo
questi film patrimonio di al-
cune importanti produzioni.
Penso che, in questo mo-
mento, tali produzioni an-
drebbero avvicinate per ot-
tenere sconti importanti, in-
coraggiamenti, che favori-
scano la rilettura di quel ci-
nema bellissimo. Parlo di ci-
nema leggero. Non dico di
ricominciare dal neoreali-
smo meraviglioso di Ladri
di biciclette o di Umberto D,
ma di far rivedere diretta-
mente i capolavori di Felli-
ni, Zavattini, Monicelli, Sco-
la, Montaldo, Comencini.
Tanto per citare, sarebbe
bello rivedere il suo Pinoc-
chio con un Nino Manfredi,
alquanto dimenticato.
Sarebbe bello che l’invito
di Avati fosse seguito da chi
ha a cuore la vocazione «arti-
stica» della televisione, non
solo quella «commerciale»
che, finora, ha dominato. Lo
dice uno come me, che non

essendo mai stato comuni-
sta, ma, anzi, liberale e libe-
rista, ossequioso del merca-
to, osserva che, quando il
mercato ti porta a impoveri-
re il gusto del pubblico inve-
ce che arricchirlo, allora
quel mercato va finalmente
guardato con sospetto.
Oggi, paradossalmente,
magicamente, per via di que-
sta contingenza drammati-
ca, si è tornati a vedere la tele-
visione generalista. Quindi
io sono convinto che l’innova-
zione debba essere rivolta so-
prattutto ai canali più impor-
tanti di questo tipo di tv. Le
piattaforme come Rai Play,
oggi visibili ancora da poche
persone - i tecnici mi dicono

che, per adesso, sono fre-
quentate solo da un’élite mi-
noritaria - non rivestono a
mio parere la missione princi-
pale della tv generalista. Che
proprio ora è quella di rispon-
dere a una richiesta di intrat-
tenimento arricchente, per-
chè no, educativo (fa paura
l’aggettivo?).
Non dimentichiamo poi il
repertorio che la Rai ha in ser-
bo, nel territorio dell’intratte-
nimento, della fiction, dei
programmi di svago. Produ-
zioni che hanno dato lustro
alla nostra tv, rendendola (a
detta del sottoscritto, pronto
al dibattito) la migliore del
mondo. Arbore oggi, attra-
verso la rete, che “sfrucuglia”
fino alle 4 del mattino vedia-

mo che le altre tv, vede che al-
tre tv americane, francesi,
spagnole e sudamericane
erano certamente più banali,
più povere delle nostre ric-
che invenzioni. Parola di na-
vigatore notturno e diurno
che, in questo momento, si
sta divertendo ad alimentare
un suo canale televisivo un
po’ carbonaro.
Altra riflessione, per il futu-
ro si dovrà pensare a inventa-
re una tv made in Italy, non
copiata da quelle straniere.
Dopo la scomparsa di mae-
stri come Antonello Falqui e
Enzo Trapani e altri, non ci
sono state grandi invenzioni
e novità. Tra poco, come ha ri-
levato Avati, rideremo della
tv degli sciocchi che abbiamo
fatto fino a poco tempo fa. La
tragica contingenza, in un
momento in cui il nostro tem-
po televisivo è assorbito
dall’ansia, dalla paura, dalle
esigenze dell’immobilità in
casa, ci farà riflettere sulla tv
degli sciocchi che ha domina-
to gli ultimi tempi.
Infine mi è stato chiesto ri-
petutamente quale film vor-
rei rivedere in questi giorni.
Partirei dalla Grande guerra
e da Amici miei, due opere co-
sì diverse ma indicative delle
nostre qualità e dei nostri di-
fetti. L’importante adesso è
che qualcuno rilanci questo
appello alla direzione della
Rai, ai vari nuovi direttori e,
in aggiunta, alla signora Ma-
ria Pia Ammirati, direttrice
delle Teche Rai nonché re-
sponsabile di Cinecittà. In-
somma, è il momento di rileg-
gere con attenzione la gran-
de cultura popolare del Nove-
cento. Grazie alla Stampa
per l’ospitalità. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

La cantante e l’album “Future Nostalgia”, il tour italiano spostato al prossimo febbraio

Dua Lipa, si balla

”Canzoni pop senza tempo


per spazzare via le ansie”


LUCA DONDONI
MILANO

S


fortunatamente,
vista l’emergenza
attuale nel mon-
do, la priorità è tu-
telare la salute di
ciascuno e così ho
posticipato le date europee
del mio “Future Nostalgia
Tour”, per cui invece di ve-
derci il 30 aprile abbiamo ri-
programmato il concerto ita-
liano per il 10 febbraio 2021
e sempre al Mediolanum Fo-
rum di Milano». E’ con que-
ste parole che Dua Lipa ha uf-
ficializzato lo spostamento
del concerto che avrebbe pro-
mosso l’uscita del suo nuovo
disco, da oggi disponibile in
tutto il mondo. Il titolo è Futu-
re Nostalgia ed esce con una
settimana di anticipo rispet-
to al previsto: «Non vedo l’o-
ra di sapere che cosa ne pen-
sate. Oggi sono molto più si-
cura di me stessa rispetto al
passato, non ho più paura di
buttarmi, sperimentare e pro-
vare nuove cose».
Dua Lipa, che abbiamo ap-
plaudito come ospite specia-
le allo scorso Festival di San-
remo, ha intrapreso una nuo-
va direzione musicale e le pri-
me critiche sono entusiaste:

«Tempo fa ero a Las Vegas -
racconta - e ho fatto una pas-
seggiata tutta sola in mezzo
ai Casinò e ai superbuilding
del corso principale. Ascolta-
vo musica degli OutKast e
dei No Doubt e ho pensato al
motivo per cui continuavo
ad amare questi brani, datati
ma attualissimi. Così, ho de-
ciso di incorporare quel fee-
ling e i suoni che hanno carat-
terizzato la mia infanzia den-
tro canzoni che potessero di-
ventare dei classici seppur
con suono nuovo e moder-
no». Future Nostalgia è un di-
sco decisamente dance, scrit-
to per intero dall’artista sen-
za sapere in che terribile pe-
riodo storico sarebbe uscito,
anche se tutto questo rende
ancora più importate l’ob-
biettivo: «Scrivere canzoni
pop senza tempo che possa-
no spazzare via le ansie e di-
stogliere dai pensieri».
Così, Levitating, Love
Again, Break My Heart o Phy-
sical sono assolutamente
80’s anche se nei testi l’empo-
werment femminile (Future
nostalgia) così come le mole-
stie sessuali (Boys Will Be
Boys) sono temi che tengono
i piedi per terra. Don’t Start
Now, il singolo che abbiamo
ascoltato al Festival di Sanre-
mo, è uno spacca-classifiche
e dappertutto nel mondo lo
stanno ascoltando sulle on-

de radio. D’altra parte Dua è
stata l’artista femminile soli-
sta più giovane capace di regi-
strare oltre 1 miliardo di vi-
sualizzazioni su YouTube e
se il passato torna con la cita-
zione di Need You Tonight de-
gli INXS citata in Break My
Heart, il fatto di essere autri-
ce dei suoi pezzi le dà una
marcia in più.
Bellissima, contesa da grif-
fe e marchi di moda per la
sua avvenenza, questa arti-
sta ha recentemente pubbli-
cato anche un video speciale
in aggiunta a quello già rila-
sciato per il nuovo singolo

Physical. Oltre a ricordare il
pezzo intitolato allo stesso
modo che Olivia Newton
John portò al successo nel
1981, la clip invita ad allenar-
si insieme alla protagonista,
oltre a lanciare una sfida. «In-
viatemi i video degli allena-
menti che fate a casa - ha
scritto Dua ai suoi fan - ma
rigorosamente eseguiti con
il pezzo in sottofondo. I più
bravi riceveranno un pre-
mio». Nel video la star con
tanto di body, calzettoni e
scarpe da tennis, si unisce a
una serie di ballerini di una
tipica classe di workout e si
esibisce in una serie di eser-
cizi facili da replicare.
Tra i pezzi di Future Nostal-
gia che però non mancheran-
no di far discutere c’è Good
In Bed. Una canzone dove il
testo non lascia nulla all’im-
maginazione visto che l’au-
trice canta chiaro e tondo al
suo ragazzo: «We really
don’t know how to talk But
damn we know how to
fuck». «Sono tante le coppie
che stanno insieme solo per
il sesso ed è capitato anche
a me. Una condizione che
va ad esaurirsi, è chiaro, ma
che fino a quando resiste, è
la passione migliore possibi-
le». Idee chiare e il disco, ve-
drete, non farà fatica a farsi
strada. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

LORENZO FANTONI
Tales from the Loop è
un’opera in costante
evoluzione che ha più
volte cambiato pelle senza per-
dere la sua identità e adesso di-
venta una serie tv, disponibile
su Amazon Prime Video dal 3
aprile. In principio c’erano le il-
lustrazioni di Simon Stålenh-
ag che raccontano gli Anni ’
mai esistiti, immaginando la
costruzione di un gigantesco
acceleratore di particelle nella
campagna svedese, il Loop. Da
qui partono una serie di dipin-
ti realistici che mescolano fa-

scinazioni vintage, paesaggi
campestri interrotti da miste-
riose torri luminose, bambini
che comandano robot bipedi,
personal computer che ricor-
dano il Commodore e tecnolo-
gie arrugginite.
Quelle immagini poi diven-
tano un libro nel 2014, edito in
Italia da Mondadori,con alcu-
ne storie di contorno a cui si ag-
giungono Things from the
Flood, inedito in Italia, e The
Electric State, che doveva usci-
re a breve, sempre per Monda-
dori. Poi è la volta del gioco di
ruolo, di quelli classici, carta e

penna, in cui vivere in prima
persone le avventure dei ragaz-
zi dipinti da Stålenhag e ades-
so ecco la serie tv, che porta tut-
to negli Stati Uniti, prende
quelle immagini e dona loro vi-
ta, ne arricchisce le storie, ne
amplia gli orizzonti. Lo show-
runner è Nathaniel Halpern,
che si è già fatto le ossa con Le-
gion e ha lavorato anche a The
Killing e Outcast.
Di cosa parla dunque Tales
from the Loop? C’è un filo rosso
che lega tutti i personaggi, che
spesso fanno parte della stessa
famiglia , ma ogni storia si con-

centra su un dettaglio partico-
lare, su una persona, raccon-
tando qualcosa del suo passa-
to, del suo presente o del suo
futuro, anzi, spesso, queste tre
cose assieme. Sì, perché il
Loop del titolo non è solo il no-
me di un edificio misterioso,

ma anche la circolarità dell’in-
dividuo, il suo perpetuo avvi-
cendarsi tra gioventù e vec-
chiaia, le sincronicità apparen-
temente casuali della nostra vi-
ta. C’è Rebecca Hall ne panni
di una madre un po’ severa
con uno strano passato, Jona-

than Pryce, il suo capo e confi-
dente, in attesa di capire quale
sarà il ruolo di Jodie Foster.
Più che antologia, Tales
from the Loop pare un mosai-
co, in cui ogni personaggio fini-
sce per unirsi in un disegno più
ampio della somma dei singoli

tasselli. A volte il singolo episo-
dio lascia qualche dubbio, ma
acquista senso inserito nel tut-
to. Un retrofuturo in cui per
fortuna è bandita la nostalgia,
e la tecnologia sembra ancora
in quello stadio in cui l’uomo
riesce a controllarla senza es-
serne schiavo, in un distacco
quasi bucolico. Nel piccolo

mondo antico e tecnologico di
Tale From the Loop tutto scorre
come la musica in un album
dei Sigur Ros, raccontandoci
le storie di persone ordinarie
che non sanno di essere qualco-
sa di più. Ciò che manca forse a
questa serie è la stessa capaci-

tà evocativa dei dipinti origina-
li. Ne cattura lo spirito, ma non
la compassata serenità o il con-
trasto: è evidente la voglia di
omaggiare le illustrazioni, ma
il limite è raccontare le storie
che altrimenti resterebbero af-
fidate alla fantasia dei singoli.
Tales from the Loop arriva
forse quando ce n’è più biso-
gno. Il ritmo lento, i campi lun-
ghi, la profonda umanità e la
mancanza di tensioni narrati-
ve estreme sono come una pas-
seggiata in montagna, con l’a-
ria fredda che sferza la faccia,
il suono dei passi che accompa-
gna i pensieri. Forse rimarrà
solo un esperimento di un al-
tro modo di raccontare, un’a-
nomalia narrativa in un pano-
rama che cerca altro e non
cambierà la tv, ma magari
per qualche ora potrebbe
cambiare il modo in cui vive-
re questi strani tempi. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASERIE TV SU AMAZON PRIME VIDEO DAL 3 APRILE

“Tales from the Loop”, gli Anni 80


un piccolo mondo antico e tecnologico


Ho incorporato
il feeling e le arie della
mia infanzia in brani
classici ma con suoni
nuovi e moderni

Milano Design Week nel 2021

La prima canzone ine-
dita di Bob Dylan dopo
8 anni, la prima dopo il
premio Nobel, erompe sulle
nostre vite prigioniere, annun-
ciata da un tweet. Sono tempi
duri, sta a vedere che il vec-
chio Bob ci pensa e ci vuole be-
ne, essendo molto più abitua-
to di noi a vivere rintanato:
«Saluti ai miei fan e follower,
con gratitudine per il vostro so-
stegno e la fedeltà negli anni.
Questa è una canzone inedita
che abbiamo registrato tempo
fa e che potreste trovare inte-
ressante. State al sicuro, state
attenti e che Dio sia con voi».
Il tono affettuoso, quasi pa-
terno, il Vate di Duluth offre
un pezzo nato chissà quando,
probabilmente anni, e rimasto
nel cassetto; il canto e la quali-
tà della voce in verità non sem-
brano così antichi però, l’inter-
pretazione non è strattonata
quanto quella di periodi più re-
moti, anzi ha una sua nettez-
za. Lungo 17 minuti, Murder
Most Foul rispolvera l’antico pi-
glio del bardo; è una specie di
parlato su un tessuto di corde,
pianoforte e lieve batteria. Ri-
costruisce l’assassinio di John
Kennedy, accaduto il 22 no-
vembre 1963 a Dallas, e riflet-
te sull’impatto che ebbe poi sul-
lo scacchiere stelle&strisce.
«Era buio a Dallas nel no-
vembre ‘63/ Il giorno sarebbe
stato ricordato come un’infa-
mia/ Il presidente Kennedy
era di buon umore/ Un buon
giorno per vivere e un buon
giorno per morire/ Portato al
massacro come un agnello sa-
crificale», dice il testo, che sfo-
cia anche in una citazione sar-
castica di Bacharach («what’s
new Pussycat?») per definire
un momento in cui «L’anima
della nazione è strappata via».
Nasce spontaneo in noi il pa-
rallelo con questi giorni diver-
samente oscuri, in aperto con-
trasto con l’ottimismo forzato
messo in mostra da Trump.
Ma Dylan va oltre, raccontan-
do quel clima. Allude al razzi-
smo di Dallas, traccia un vivi-
do affresco di quei ’60 sognato-
ri che coincidono con la sua vi-
ta on the road, fra Woodstock
e Altamonte. Ricorda i santini
pop che li riempivano, perfino
la libertà vigilata di Oscar Wil-
de, in un elenco colorato che
mescola titoli e frasi di canzo-
ni, Bo Diddley, i Beatles, Char-
lie Parker, Nat King Cole, Ea-
gles. Un testo straordinario
quanto un racconto. L’ultima
volta, Dylan ci aveva sorpresi
con Triplicate nel ’17, una anto-
logia di standard con molto
Frank Sinatra. Questa volta, la
sorpresa è ancora più grande.
Un gesto inaspettato, come a
stringersi al resto dell’umanità
ricordando tempi che annun-
ciavano la tempesta (ma cer-
to, questa del Corona non se la
aspettava nemmeno lui). —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

CRISI CORONAVIRUS Lo showman: “Dopo Falqui, Trapani e altri, sono mancate grandi novità”

Arbore: contro la tv degli sciocchi


inventiamone una Made in Italy


COLONNA SONORA

DUA LIPA
CANTAUTRICE

ANSA

Doveva essere la rinascita di Milano e dell’Italia pro-
duttiva la Design Week spostata ottimisticamente
da aprile a giugno e invece ieri è stata definitivamen-
te rimandata al 2021 causa coronavirus. Salone del
Mobile e Fuorisalone torneranno dal 13 al 18 aprile
del prossimo anno per celebrare il sessantesimo,

mentre quest’ultimo studia l’ipotesi di un evento
autunnale nei distretti di Brera e Tortona. Di «de-
cisione dolorosissima» parla Emanuele Orsini,
presidente di Federlegno: «Rinviamo la manife-
stazione del design più importante al mondo: un
evento unico, simbolo del Made in Italy». Slitta in-
vece a settembre Milano Moda Uomo. Lo ha deci-
so ieri la Camera Nazionale della Moda Italiana. Dylan, inedito
di 17 minuti

sull’uccisione

di Kennedy

MARINELLA VENEGONI

Addio all’architetto Michael Sorkin

L'architetto statunitense Michael Sorkin, una delle vo-
ci più provocatorie dell'architettura contemporanea,
autore di soluzioni innovative per l'ambiente e le tradi-
zioni locali in vari paesi del mondo, in particolare in Ci-
na, compresa la metropoli di Wuhan, è morto a New
York a 71 anni contagiato dal coronavirus.

Oggi sono molto più
sicura di me stessa,
non ho più paura
di sperimentare
e provare nuove cose

Il questi giorni a casa
rivediamo la grande
cultura popolare
del Novecento

Renzo Arbore con i suoi programmi ha sempre lasciato un segno profondo nella televisione di qualità

Dua Lipa, 25 anni, nella copertina dell’album
«Future Nostalgia». I media inglesi ieri riporta-
vano della cantante appena rientrata a Londra
dall’Australia e costretta ad andare in un B&B
a causa del suo alloggio completamente alla-
gato da un tubo rotto dell’appartamento vicino

COLLOQUIO

In principio erano
le illustrazioni
di Simon Stålenhag
poi un gioco di ruolo
Una scena di «Tales from the Loop» sulle sincronicità apparentemente casuali della nostre vite

TM

TEMPI

MODERNI

CULTURA, SOCIETÀ
E SPETTACOLI

20 LASTAMPASABATO28 MARZO 2020

TM
Free download pdf