Internazionale - 28.02.2020

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nico problema. L’organizzazione è criticata
per la sua struttura, a cominciare dalle co-
stose sedi regionali, per l’eccesso di buro-
crazia e per l’inerzia nelle emergenze. Da
tempo è in corso un dibattito sulla possibili-
tà di modernizzare o smantellare l’organiz-
zazione. A marzo del 2019 il direttore gene-
rale dell’Oms ha annunciato riforme radi-
cali, ma secondo alcuni osservatori non è
chiaro se i cambiamenti potranno risolvere
i difetti strutturali. Nella comunità sanitaria
anche le voci più critiche nei confronti
dell’Oms pensano che sia necessaria un’i-
stituzione forte, indipendente e globale.
Uno dei motivi di questa necessità è il ritor-
no delle malattie infettive, soprattutto le
zoonosi, infezioni umane di origine anima-
le. Questo fenomeno si è intensificato negli
ultimi decenni: la popolazione mondiale in
continuo aumento si è spinta verso nuove
nicchie ecologiche incontrando nuovi pato-
geni. Il peso di queste malattie ricade so-
prattutto sui paesi più poveri, ma tutto il
mondo è vulnerabile. La resistenza antimi-
crobica – la capacità di batteri e virus di resi-
stere ai farmaci, provocata dall’eccessivo
ricorso alle medicine su esseri umani e ani-
mali – sta gradualmente annullando il pote-
re terapeutico di antibiotici e antivirali. E la
dilagante ostilità verso i vaccini non aiuta.
Tutte le organizzazioni internazionali si in-
deboliscono e tendono a funzionare male
quando sono trascurate dai paesi che ne
fanno parte, soprattutto quelli ricchi e po-
tenti come gli Stati Uniti. Come sottolinea
l’economista sanitaria Olga Jonas, dell’isti-
tuto per la salute globale di Harvard, “il
mondo riceve quello per cui paga”.
Il 30 gennaio, dopo la conferma del pri-
mo caso di transizione del nuovo coronavi-
rus da persona a persona fuori dai confini
della Cina, l’Oms ha dichiarato l’emergen-
za sanitaria globale. La decisione ha per-
messo all’organizzazione di emanare una
serie di nuove raccomandazioni per com-
battere l’epidemia, ma questo non le dà i
poteri necessari per farle applicare. L’Oms
ha anche avvertito che durante un’epide-
mia limitare il movimento di persone e beni
è controproducente. Oggi si ritiene che le
misure di controllo del contagio alle fron-
tiere siano più efficaci, sempre che siano
eseguite correttamente.
Molti governi hanno ignorato il parere
degli esperti. La maggior parte dei paesi li-
mitrofi ha chiuso le frontiere con la Cina e
diversi stati hanno limitato la libertà di mo-
vimento. Dopo l’annuncio dell’Oms, gli


Stati Uniti hanno imposto un periodo di
quarantena a casa di 14 giorni a tutti gli sta-
tunitensi di ritorno dalla Cina, e hanno im-
pedito a tutti gli stranieri provenienti dal
paese asiatico di entrare nel territorio na-
zionale. Anche l’Australia ha adottato una
misura simile. Sono in molti a pensare che
la quarantena in casa sia una misura ecces-
siva per persone che probabilmente non si
sono avvicinate all’epicentro dell’epide-
mia, mentre la distinzione tra cittadini sta-
tunitensi e stranieri non ha senso.
Queste misure discriminatorie non fan-
no che aumentare la vulnerabilità degli Sta-
ti Uniti peggiorando i rapporti con la Cina,
contro cui Washington sta conducendo una
battaglia commerciale. Gli Stati Uniti si
stanno rendendo vulnerabili alle epidemie
anche in un altro modo. Il congresso sta ap-
provando una serie di norme per non con-
cedere il permesso di soggiorno agli immi-
grati che pesano eccessivamente sulle fi-
nanze pubbliche, anche per l’assistenza sa-
nitaria. Questo meccanismo spingerà molti
immigrati a non rivolgersi ai medici, com-
promettendo la possibilità di accertare casi
di malattie infettive.
Le epidemie e le pandemie sono sempre
state fenomeni politici, con inevitabili con-
seguenze sulla gestione dei confini. Nel di-
ciottesimo secolo la monarchia asburgica
costruì un cordone sanitario dal Danubio ai
Balcani sotto forma di una catena di fortez-
ze che avrebbero dovuto fermare le infezio-

ni provenienti dal vicino impero ottomano.
Il cordone, che rappresentava anche un
confine militare, economico e religioso – tra
cristianità e islam – era sorvegliato da con-
tadini armati che indirizzavano le persone
sospettate di portare malattie in apposite
strutture per la quarantena costruite lungo
la barriera.
Oggi la Cina non teme un’invasione, ma
i suoi confini sono ancora problematici. Pe-
chino considera Taiwan una provincia ri-
belle e ha ribadito l’intenzione di riportare
l’isola sotto il proprio controllo, ma l’11 gen-
naio 2020 i taiwanesi hanno eletto come
presidente Tsai Ing-wen, fortemente ostile
alla riunificazione. Le restrizioni sugli spo-
stamenti introdotte dal nuovo governo per
scongiurare il contagio rafforzeranno il
confine che la Cina vorrebbe abolire e che
Taiwan vorrebbe rendere permanente. A
Hong Kong, invece, nell’ultimo anno è nato
un movimento di protesta contro la presun-
ta intenzione della Cina di privare la regio-
ne amministrativa speciale della sua auto-
nomia. Oggi la governatrice di Hong Kong,
Carrie Lam, cerca un equilibrio tra la re-
pressione delle proteste e l’opposizione nei
confronti di Pechino. Dopo che all’inizio di
febbraio il personale ospedaliero di Hong
Kong ha deciso di scioperare per chiedere
la chiusura del confine con la Cina conti-
nentale, Lam ha cercato di mediare offren-
do una chiusura parziale. Anche in questo
caso un confine che la Cina vorrebbe can-

u La diffusione globale del Covid-19, la
malattia causata dal nuovo coronavirus, non si
ferma. Il focolaio in Iran ha portato a ulteriori
contagi in Iraq, Oman e Bahrein. Segnalati casi
anche in Algeria, Egitto, Libano, Oman,
Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Israele. Il focolaio
italiano in Lombardia è stato collegato a diversi
casi in altri paesi europei, tra cui l’isola
spagnola di Tenerife. Gli Stati Uniti, che finora
hanno avuto solo episodi di contagio
circoscritti, si preparano all’emergenza: i
Centri per la prevenzione e il controllo delle
malattie (Cdc) si aspettano la diffusione del
virus nel paese e affermano che ospedali,
aziende e scuole dovrebbero cominciare a
prepararsi. In America Latina, il Brasile ha
confermato il primo caso di contagio, anche
questo legato all’Italia. Altri cinque sono sotto
osservazione. Si stima che circa i due terzi dei
casi esportati dalla Cina non siano ancora stati
rilevati, scrive Science.

Da sapere
Il virus nel mondo

SEONGJOON CHO (BLOOMBERG/GETTY IMAGES)
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