Internazionale - 28.02.2020

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Ritratti


◆ 1956 Nasce a Shiraz, in Iran.
◆ 1976 Si laurea all’università di Lione.
◆ 1990 Diventa ricercatrice sulla sicurezza
alimentare all’Organizzazione mondiale della
sanità (Oms).
◆ 2000 Viene assunta dalla multinazionale
svizzera Nestlé come responsabile della
sicurezza alimentare.
◆ 2011 Fa causa alla Nestlé dopo che l’azienda
l’ha emarginata in seguito alle sue denunce sul
mancato rispetto della sicurezza alimentare.

Biografia


Y


asmine Motarjemi agita il
pugno, un po’ tremolante.
“Mi sento come la donna
rapita da King Kong”. Per
anni il mostro non ha mol-
lato la presa, l’ha spaventa-
ta e umiliata. Per Motarjemi il mostro è la
Nestlé. L’ex manager ha appena vinto una
causa contro la multinazionale per cui la-
vorava. Ha combattuto dieci anni per arri-
vare a questo momento, ma ora che ce l’ha
fatta parla con le lacrime agli occhi, per-
ché non può essere davvero felice. Il 7
gennaio un tribunale svizzero ha stabilito
che Motarjemi è stata illegalmente co-
stretta a lasciare il suo lavoro e che per an-
ni è stata vittima di un mobbing “subdolo”.
Nella sentenza i giudici, tre donne, hanno
usato parole dure, dicendo che le molestie
subite da Motarjemi alla Nestlé l’hanno
messa a dura prova, compromettendo la
sua carriera e la sua salute.
Tutto cominciò diciassette anni fa con
un biscotto per bambini: Yasmine Mo-
tarjemi era seduta nel suo grande ufficio
con vista sul lago Lemano e sul monte
Bianco, nella sede della Nestlé a Vevey, in
Svizzera. Leggendo i reclami dei clienti
francesi si spaventò. Genitori e nonni rac-


Yasmine

Motarjemi

Ingiusta causa

Quando lavorava alla Nestlé


scoprì che l’azienda


non rispettava gli standard


sulla sicurezza alimentare.


Denunciò il problema,


ma fu licenziata. Da anni porta


avanti la sua battaglia legale


Barbara Achermann, Die Zeit, Germania. Foto di Alex Crétey Systermans


contavano di neonati che rischiavano di
soffocare mangiando i biscotti prodotti
dall’azienda. Nei documenti si parlava di
bambini che tossivano, ansimavano e di-
ventavano viola. I genitori dovevano met-
tere i figli a testa in giù per far uscire i pezzi
dalla bocca, oppure infilargli un dito in
gola fino a che non vomitavano il biscotto.
Motarjemi, allarmata, raccolse i recla-
mi: in un solo anno ne erano arrivati 44,
senza contare che, secondo una regola
empirica dell’industria alimentare, per
ogni persona che scrive un reclamo ce ne
sono almeno altre dieci, ugualmente col-
pite, che non l’hanno fatto. La donna in-
formò i suoi superiori e scrisse che il pro-
blema dei biscotti per l’infanzia meritava
“la massima attenzione”. Non immagina-
va che questo le avrebbe fatto perdere tut-
to: il posto di lavoro, la reputazione, la sa-
lute e centinaia di migliaia di franchi.
Il caso giudiziario aveva a che fare so-
prattutto con il diritto del lavoro. Ma i do-
cumenti raccolti da Motarjemi sollevava-
no una domanda che riguardava milioni
di consumatori in tutto il mondo: quanto

sono sicuri i prodotti alimentari come il
KitKat o il Nesquik? Yasmine Motarjemi è
stata per dieci anni la global food safety ma-
nager della Nestlé, la responsabile per la
sicurezza di tutti gli alimenti, un pezzo
grosso del gruppo. Fece del suo meglio
quando furono trovate tracce d’inchiostro
nel latte per bambini in Italia, quando in
Venezuela cominciarono a morire cani e
gatti a causa del cibo per animali o quando
negli Stati Uniti molte persone si lamenta-
rono dei problemi causati da una pasta
della Nestlé. Allo stesso tempo mise in
piedi un sistema per prevenire scandali
simili istituendo maggiori controlli, corsi
di formazione e creando delle banche da-
ti. Il suo lavoro era individuare possibili
criticità. Ma, come emerge dalle carte
processuali, la Nesté preferì a lungo igno-
rare i problemi invece di affrontarli.

Dieci anni senza lavoro
Nell’azienda dominava un clima di pau-
ra, dice Motarjemi: “Ridevano dei miei
avvertimenti o semplicemente li ignora-
vano. Se ci ripenso, mi sento male”.
Motarjemi fissa un bicchiere d’acqua.
Il suo appartamento nella cittadina sviz-
zera di Nyon è quello di un’intellettuale
benestante: scaffali pieni di libri, tappeti
persiani, un pianoforte. Ha 64 anni, è
molto curata e vestita come se stesse per
andare al lavoro, anche se da dieci anni
non può più farlo. Soffre di problemi dige-
stivi, disturbi del sonno, ansia e depres-
sione. Dal 2012 è in malattia e riceve una
pensione d’invalidità. Non è facile per
una donna che per una vita ha puntato
tutto sulla carriera. È arrabbiata, ride,
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