Sopra: Dida, Met adio
exeros augait dolore erosto
dignim atisci commole
ndionsequat ad mine
doloris. A destra: Era lobope
rostru mo atisci commole
ndionsequat ad mine
doloris. A destra: Era lobope
rostru mod magna faciduis
aliquat lan utet prat. atisci
commole ndionsequat ad
mine doloris. A destra:
U
na visione sorprendente, quella del Villino Florio. Alla fine di una stradina
stretta, fiancheggiata da palazzi di varia modernità, appare come un castel-
lo delle fiabe con torrette, tetti d’ardesia incoronati da ghirigori metallici,
pietre intagliate a impreziosire le mura. L’edificio sembra piovuto dal cielo
per interrompere un’edilizia urbana tutt’altro che fantasiosa.
Per spiegarne la genesi dobbiamo fare un passo indietro di circa centoventi anni e
immergerci nell’atmosfera vivace e internazionale della Palermo fin de siècle. Fra
la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il capoluogo siciliano visse il
periodo più felice della sua storia. L’ascesa di una classe borghese moderna e
dotata di moderno spirito imprenditoriale aveva imposto Palermo sulla scena in-
ternazionale, anche e soprattutto perché i forti interessi economici erano sostenuti
e accompagnati da una esuberante mondanità e da una straordinaria fioritura
In alto: scorcio del salone d’ingresso al piano nobile. Il caminetto, carbonizzato nell’incendio
del 1962, è stato volutamente preservato in tale stato. A sinistra: lo scalone principale.
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