Coelum Astronomia - #226 - 2018

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La supernova energizzata dalla pulsar


di Redazione Coelum Astronomia

Le esplosioni stellari conosciute come supernovae
possono essere così intense da superare per
luminosità le loro galassie ospiti. La loro luce può
impiegare mesi o anni per svanire e, a volte, i loro
resti gassosi possono tornare a brillare – ma
possono farlo anche in assenza di fattori esterni?
Questo è ciò che Dan Milisavljevic, assistente
professore di fisica e astronomia alla Purdue
University, ritiene di aver osservato sei anni dopo
l'esplosione di una supernova di tipo Ib, la
SN2012au.

«Non abbiamo mai visto un'esplosione di questo
tipo rimanere visibile per così tanto tempo a meno
che non ci fosse un'interazione con l'idrogeno
rilasciato dalla stella prima dell'esplosione», ha
detto Milisavljevic. «Ma nei dati non c'è traccia del
picco spettrale dell'idrogeno... Qualcos'altro la sta
eccitando».
Secondo gli studiosi, la supernova è rimasta
luminosa nel corso di tutti questi anni a causa
della presenza di una pulsar, cioè una stella di
neutroni in rapida rotazione che si forma quando
una grande stella esplode, il suo nucleo collassa
su se stesso e le sue particelle si trasformano in
neutroni. Se la stella di neutroni ha un campo

magnetico e ruota abbastanza velocemente,
l’oggetto che ne risulta può trasformarsi in una
"pulsar wind nebula" (PWN), nota anche come
plerione, ovvero una nebulosa con una pulsar al
suo interno. Questo è molto probabilmente ciò che
è successo alla SN2012au, secondo i risultati
pubblicati sulla rivista Astrophysical Journal
Letters.
La SN2012au era già nota agli astronomi per
essere fuori dall'ordinario: sebbene l'esplosione
non fosse abbastanza luminosa per essere
catalogata come una “supernova superluminosa",
si era dimostrata estremamente energetica e
duratura.

«Se davvero c’è una pulsar o una magnetar al
centro della nube di gas della stella esplosa, questa
potrebbe spingere verso l’esterno e accelerare il gas
», ha spiegato Milisavljevic. «Se tornassimo a
osservare questi eventi dopo pochi anni e
prendessimo misure accurate, potremmo vedere il
gas ricco di ossigeno scagliato via dall’esplosione
ancora più velocemente».
Sicuramente la prossima generazione di grandi
telescopi avrà la capacità di osservare questi
eventi in modo sufficientemente dettagliato.

Crediti: NASA, ESA e J. DePasquale (Stsci)
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