Coelum Astronomia - #226 - 2018

(WallPaper) #1

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sotto la superficie, un processo detto, appunto
devolatilizzazione. «Determinare la natura di
queste strutture è una grande sfida in quanto è
estremamente complicato capirne il meccanismo di
formazione», spiega Lucchetti. Le mappe
geologiche di ogni cratere hanno permesso di
individuare le diverse unità geomorfologiche,
delineando in maniera dettagliata l’area occupata
dagli hollow. I tre crateri studiati dai ricercatori
sono Velasquez, Dominici e Canova. Quest’ultimo
nome è stato scelto proprio da Alice Lucchetti e il
suo team ed è stato ufficialmente approvato
dall’Unione Astronomica Internazionale in onore
del celebre scultore e pittore italiano.


L’analisi delle caratteristiche e dell’intensità della
luce solare riflessa dalla superficie degli hollow,
ottenuta con una particolare tecnica, detta
clustering, ha permesso di separare l’area di
ciascun cratere in porzioni più piccole di terreno
caratterizzate da una specifica “impronta” nello
spettro della radiazione riflessa. Confrontando i
dati provenienti da questi due canali, i ricercatori
hanno trovato un’ottima correlazione tra le aree
individuate dalle mappe geologiche e quelle
individuate dall’analisi spettrale.


«Il punto di forza del lavoro – aggiunge Lucchetti –
è aver scoperto che questi tre gruppi di
avvallamenti sono identificati da uno spettro
simile, che confrontato con gli spettri di
laboratorio, ci ha permesso di scoprire novità
rispetto ai lavori precedenti. Gli spettri degli hollow
sono infatti indicativi della presenza di solfuri
(quali solfuri di calcio, magnesio e manganese,
ipotesi già avanzata in precedenza), ma anche di
pirosseni che presentano elementi di transizione,
come cromo, titanio e nichel».


Per il gruppo di ricerca il risultato ottenuto è
importante perché suggerisce che gli hollow non
siano solo l’espressione del materiale rimasto
dopo la perdita elementi chimici allo stato
gassoso nella giovane crosta di Mercurio – il
processo che prende il nome di
devolatilizzazione – ma riflettano anche il


materiale in cui si sono formati, essendo quindi
rappresentativi della roccia componente la crosta
primordiale del pianeta in cui si sono originati.

«Si tratta sicuramente di un passo in avanti nella
comprensione di queste strutture, e stiamo già
studiando altre zone di Mercurio per capire se
questo è un comportamento comune agli hollow o
se le diverse regioni del pianeta possono
influenzarne in maniera differente la formazione»,
sottolinea Lucchetti. «Inoltre, lo studio degli
hollow è estremamente importante e di interesse
poiché questi saranno uno dei target scientifici
principali che verranno osservati da BepiColombo,
missione destinata allo studio di Mercurio, il cui
lancio è previsto il mese prossimo. In particolare, la
suite italiana di tre strumenti Simbio-Sys sarà
capace di fornire ulteriori informazioni riguardanti
queste strutture grazie all’acquisizione di immagini
ad alta risoluzione, di spettri e di immagini stereo
volte alla ricostruzione 3D», conclude la
ricercatrice dell’INAF.

Sopra. La ricercatrice Alice Lucchetti dell’Inaf di
Padova, prima autrice dell’articolo
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