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La vita è anche una questione di ossigeno, ma il modo in cui le cellule
rilevano le variazioni di questa molecola biatomica (O 2 ) e si regolano
di conseguenza è stato per lungo tempo un mistero. La soluzione
è stata trovata tra gli inizi degli anni novanta e il 2001 dai tre Nobel
per la medicina o la fisiologia di quest’anno, William G. Kaelin Jr, Sir
Peter J. Ratcliffe e Gregg L. Semenza, premiati dal Karolinska Institut
per «le loro scoperte su come le cellule percepiscono e si adattano
alla disponibilità di ossigeno». Un ruolo fondamentale in questo ciclo
di azione e retroazione è giocato dall’eritropoietina, o EPO. Questo
ormone, noto anche per scandali sportivi legati al doping, regola la
produzione di globuli rossi, i vettori di ossigeno nel sangue.
Semenza e Ratcliffe hanno studiato il gene EPO, scoprendo che è
espresso di fatto in tutte le cellule del corpo, e la sua regolazione in
funzione dei livelli di ossigeno; in più Semenza ha osservato che in
condizioni di scarsa concentrazione di ossigeno, o ipossia, la risposta
del gene è mediata da tratti di DNA vicino al gene stesso. Questo
microscopico circuito è attivato da un complesso chiamato HIF, a sua
volta composto da due strutture proteiche indicate con le sigle HIF-
1 _ e ARNT, in grado di legarsi in modo specifico ai tratti di DNA vicini
a EPO per promuoverne l’attività e quindi incentivare la produzione
dell’ormone con tutti gli effetti a cascata che ne conseguono. In
particolare, in condizioni di ipossia la concentrazione cellulare di HIF-
1 _ è elevata, mentre diminuisce con l’aumentare dell’ossigeno.
Ma come fa la cellula a variare i livelli di HIF-1_ in funzione di O 2?
Qui entra in gioco un altro gene, VHL, e relativa proteina che come
ha scoperto Kaeilin sono coinvolti nelle risposte all’ipossia. Quando le
concentrazioni di ossigeno sono normali, HIF-1_ acquisisce una sorta
di etichetta biochimica riconosciuta da VHL e questo riconoscimento
innesca un processo di degradazione di HIF-1_. Ovviamente questo
non vale in scarse condizioni di ossigeno, così il ciclo è chiuso.
Giovanni Spataro
I momenti di crisi sono anche opportunità, per esempio come agli
inizi degli anni settanta, quando gli eventi geopolitici in Medio Oriente
portarono a una crescita drammatica del prezzo del greggio innescando
quella che poi è passata alla storia come «crisi petrolifera». In quel
periodo Stanley Whittingham, della statunitense Binghamton University,
iniziò a lavorare allo sviluppo di tecnologie energetiche svincolate dai
combustibili fossili. Si concentrò sulle potenzialità del litio, un elemento
chimico a cui è facile strappare un elettrone per generare una corrente
elettrica. E trovò il posto giusto per questo elemento in un prototipo
di batteria che aveva in mente. Il litio in forma ionizzata era inserito
negli spazi di un reticolo di titanio disolfuro che componeva il catodo;
l’altro polo, l’anodo, era costituito in parte da lito metallico, dunque non
ionizzato. La batteria così costruita aveva un potenziale di poco più di
due volt. Ma c’era un problema. Il litio metallico è anche molto reattivo
e la pila di Witthingham esplodeva troppo spesso per essere una
soluzione tecnologica praticabile.
Qualche anno dopo, nel 1980, John Goodenough dell’Università del
Texas ad Austin raddoppiò la potenza della batteria, portandola a
quattro volt grazie alla sostituzione del titanio disolfuro del catodo con
ossido di cobalto. Ma rimaneva sempre il problema delle esplosioni.
La soluzione venne trovata da Akira Yoshino, della Meijo University di
Nagoya, il quale nell’anodo sostituì il litio metallico con un materiale a
base di carbonio, in grado di ospitare ioni litio, Nel 1985 Yoshino creò la
prima batteria commerciale a ioni litio. Oggi queste batterie ricaricabili
sono diffuse in ogni angolo del mondo in smartphone, computer
portatili e veicoli elettrici. Anche a Stoccolma, dove Whittingham,
Goodenough e Yoshino andranno per ricevere dall’Accademia reale
delle scienze di Svezia la medaglia del premio Nobel per la chimica.
Giovanni Spataro
I tre Nobel Semenza della Johns Hopkins University, Sir Ratcliffe
dell’Università di Oxford, Kaelin Jr della Harvard Medical School.
Il premio per la chimica è stato assegnato ai tre scienziati
che hanno sviluppato le batterie a ioni litio tra gli anni settanta e ottanta.
Il senso delle cellule per l’ossigeno
Un mondo di ricarica
Jonathan Nackstrand/Getty Images (
premio Nobel per la medicina o la fisiologia
)
Naina Helen Jama/TT News Agency/Getty Images (
premio Nobel per
la
chimica
)