http://www.lescienze.it Le Scienze 27
Di recente sono stati
individuati una mezza
dozzina di piccoli vulcani
sottomarini a sud della Sicilia,
ora un gruppo dell’Istituto
nazionale di geofisica e
vulcanologia, diretto da
Riccardo De Ritis, ne ha
trovati altri tre al largo della
costa tirrenica della Calabria.
Come si legge su«Tectonis», i
ricercatori hanno individuato
le strutture a 15 chilometri
dalla costa di Cetraro,
incrociando tomografia
sismica, che mostra le
intrusioni di magma,
anomalie magnetiche, che
rivelano le lave, e mappe
sonar, che evidenziano i rilievi
sottomarini.
«Li abbiamo chiamati
Diamante, Enotrio e Ovidio»,
dice De Ritis. «Oggi sono
alti solo un centinaio di
metri e coperti da altrettanta
acqua, ma quando si sono
formati, fra 780.000 e 20.000
anni fa, dovevano essere
molto grandi, Ovidio più del
Vesuvio, e forse emergevano
come isole. Poi la subsidenza
li ha fatti sprofondare e il
mare li ha erosi». Questi
tre vulcani, che sembrano
inattivi, sono stati creati
dalla stessa placca di fondo
ionico che, incuneandosi
sotto quella tirrenica, ha
creato l’arco delle isole Eolie.
«Ma Diamante, Enotrio e
Ovidio, sono stati formati
da magma risalito da una
frattura laterale della placca
tirrenica, come accaduto,
con un’altra frattura, per
l’Etna. Pensiamo ce ne siano
altri di antichi vulcani in quei
fondali, ancora da scoprire»,
conclude de Ritis. (AlSa)
Tre vulcani
sottomarini
al largo della
Calabria
Il cranio virtuale
dell’antenato comune
Energia in casa con
i pannelli solari organici
Una nuova via per misurare la costante di Hubble
Un problema aperto in cosmologia è la corretta
stima del valore della costante di Hubble, che
misura il tasso di espansione dell’universo. Le due
principali tecniche usate per misurarla forniscono
risultati non compatibili. Ora però uno studio
pubblicato su «Science» da Inh Jee e colleghi del
Max-Planck-Institut für Astrophysik di Garching,
dimostra l’esistenza di una possibile terza via.
La tecnica si basa sulla «lente gravitazionale», una
conseguenza della teoria generale della relatività
di Albert Einstein: per effetto della curvatura dello
spazio-tempo, la luce proveniente da una fonte
luminosa distante può subire una deflessione,
producendo un’immagine deformata o moltiplicata.
Gli scienziati hanno studiato un sistema di lente
gravitazionale tra due galassie, usandolo come
riferimento per risalire a una stima della costante di
Hubble. Il valore ottenuto è più alto di quelli ricavati
con gli altri due metodi, anche se la precisione non
è ancora abbastanza elevata. Tuttavia, secondo i
ricercatori, in futuro questo approccio potrà essere
di grande aiuto per avere una risposta più chiara
sull’origine della discrepanza. (MaSe)
In mancanza di un fossile materiale, ne han-
no creato uno virtuale. Aurélien Mounier, del
Musée de l’Homme di Parigi, e Marta Mirazón
Lahr, dell’Università di Cambridge, presentano
su «Nature Communications» la ricostruzione al
computer del cranio dell’ultimo antenato comu-
ne agli esseri umani moderni, vissuto in Africa
intorno a 300.000 anni fa.
I due paleoantropologi hanno esaminato 260
crani rappresentativi di 21 popolazioni viventi,
e cinque fossili di ominini mediorientali di cir-
ca 100.000 anni fa, molto simili agli esseri uma-
ni moderni. Con un modello matematico hanno
ricostruito le relazioni evolutive tra i vari esem-
plari, e di qui le ipotetiche caratteristiche del lo-
ro progenitore comune. Che somiglia a un essere
umano moderno, ma a nessuna popolazione in
particolare. Hanno poi confrontato il cranio vir-
tuale con quelli di cinque ominini di varie aree
dell’Africa, concludendo che i più simili all’ante-
nato comune sono quelli sudafricani e di alcune
popolazioni dell’Est. Da loro dovrebbero quindi
discendere gli esseri umani odierni.
Queste conclusioni potranno cambiare inclu-
dendo nuovi fossili, precisano gli studiosi, ma il
metodo offre un nuovo importante strumento
per studiare le origini umane. (GiSa)
Pannelli solari dentro casa? Perché no. Le celle
fotovoltaiche indoor non sono certo una novità,
ma la loro diffusione è sempre stata limitata dal
loro rendimento al chiuso, che, in condizioni di
illuminazione casalinga e pannelli tradizionali
in silicio amorfo, di solito non supera il dieci per
cento del totale di energia acquisita.
Di recente, però, ricercatori svedesi e cine-
si, che fanno capo a Feng Gao dell’Università di
Linköping, in Svezia, e Jianhui Hou, dell’Accade-
mia cinese delle scienze a Pechino, hanno ideato
un nuovo tipo di cella solare organica perfetta-
mente in grado di funzionare al chiuso e più effi-
ciente dei tradizionali pannelli solari in silicio. La
tecnologia presentata su «Nature Energy», al po-
sto del silicio usa polimeri, semiconduttori orga-
nici e altri composti del carbonio come materiale
attivo e ha dimostrato un’efficienza fino a tre vol-
te più grande rispetto a quella delle celle attual-
mente sperimentate per la produzione energeti-
ca in casa. La diffusione su larga scala di pannelli
solari indoor con un buon rendimento permet-
terebbe da un lato di risparmiare sulla bolletta e
ridurre l’impatto ambientale della casa, dall’al-
tro di contribuire allo sviluppo di un settore co-
me l’Internet delle cose, che spazia dalla domo-
tica fino alla pianificazione energetica. (MaMa)
NASA, ESA, M. Postman (STScI), e CLASH team (
amasso galattico MACS J2129-0741
)