Le Scienze - 11.2019

(Tina Sui) #1
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Richard Armstrong/Getty Images


Molte persone che hanno visto il filmato elaborato attraverso il
visore VR hanno commentato che l’esperienza faceva pensare alla
fenomenologia prorompente dei viaggi psichedelici più che ad al-
lucinazioni da psicosi.
Attivando la macchina delle allucinazioni in modi appena di-
versi, abbiamo generato tipi differenti di esperienza cosciente. Per
esempio, far funzionare a ritroso la rete neurale da uno dei suoi
strati intermedi, invece che dallo strato di uscita, genera alluci-
nazioni di parti di oggetti, anziché di oggetti interi. Se guardiamo
al futuro, questo metodo ci permetterà di abbinare tratti specifi-
ci dell’architettura computazionale della percezione predittiva ad
aspetti specifici delle esperienze allucinatorie. E capendo meglio
le allucinazioni saremo nelle condizioni per capire meglio anche
l’esperienza normale, perché la percezione predittiva è alla radice
di ogni nostra esperienza percettiva.

La percezione della realtà
Sebbene la macchina delle allucinazioni sia indubbiamen-
te «intrippata», le persone che la sperimentano sono pienamente
consapevoli di sperimentare qualcosa di non reale. In effetti, no-
nostante i rapidi progressi nella tecnologia VR e nella computer
grafica, nessun dispositivo per la VR trasmette un’esperienza così
convincente da essere indistinguibile dalla realtà.
Questa è la sfida che ci ha impegnato nella progettazione di un
nuovo dispositivo di «realtà sostitutiva» all’Università del Sussex,
quello a cui stavamo lavorando quando papa Francesco è anda-
to in ritiro con Salva Kiir Mayardit e Riek Machar Teny Dhurgon.
Il nostro obiettivo era creare un sistema in cui soggetti volontari
sperimentassero un ambiente come reale – e che tale lo credesse-
ro – quando in effetti reale non era.
L’idea di fondo è semplice. Avevamo registrato altri video pano-
ramici. Questa volta dell’interno del nostro laboratorio per la VR,
non di una scena all’aperto del campus. Le persone che arrivava-

to a indurre aspettative sulla comparsa, o meno, di una luce in un
dato test. Gli autori hanno combinato questo esperimento con l’i-
maging cerebrale per svelare alcune delle regioni cerebrali coin-
volte nella percezione predittiva. Quando hanno esaminato i dati,
Corlett e colleghi hanno identificato alcune regioni – come il sol-
co temporale superiore, situato in profondità nel lobo temporale
della corteccia – che erano associate in modo specifico con le pre-
visioni top-down delle sensazioni uditive. È un nuovo ed entusia-
smante sviluppo nella mappatura dei fondamenti cerebrali delle
allucinazioni controllate.
Nel mio laboratorio abbiamo seguito una strada diversa per
esplorare la natura della percezione e dell’allucinazione. Invece di
osservare il cervello direttamente, abbiamo simulato l’influsso di
a priori percettivi iperattivi usando un dispositivo speciale di real-
tà virtuale (VR) architettato da Keisuke Suzuki, il mago della VR
nel nostro laboratorio. L’abbiamo chiamata, con una buona dose
d’ironia, «macchina delle allucinazioni».
Usando una videocamera a 360 gradi, inizialmente abbiamo re-
gistrato un video panoramico di una piazza affollata nel campus
dell’Università del Sussex, un martedì all’ora di pranzo. Poi abbia-
mo elaborato il filmato con un algoritmo basato su DeepDream,
il programma di intelligenza artificiale (IA) di Google, e genera-
to un’allucinazione simulata. Quello che succede è che l’algorit-
mo prende una cosiddetta rete neurale – un elemento infaticabi-
le dell’IA – e la fa funzionare a ritroso. La rete che abbiamo usato
era stata addestrata a riconoscere oggetti presenti in immagini;
così, facendola procedere a ritroso, aggiornando l’input della re-
te invece del suo output, la rete proietta in realtà quello «pensa» vi
sia nell’immagine. Le sue previsioni prevalgono largamente sugli
input sensoriali, spostando l’equilibrio dell’ipotesi percettiva mi-
gliore verso queste previsioni. La nostra rete era brava nel classifi-
care razze differenti di cani, così il video è diventato insolitamente
pervaso dalla presenza di questi animali.

Questa immagine
a due tonalità appare
come un caos di macchie
in bianco e nero, fino a
quando non avrete visto
l’immagine completa a
p. 49.
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