Le Scienze - 11.2019

(Tina Sui) #1

72 Le Scienze 6 15 novembre 2019


Illustrazione di Bud Cook


scansioni di schede elettorali. Abbiamo usato tecniche di visione
artificiale per spostare da un punto all’altro i segni che esprimono
il voto in una scheda compilata dall’elettore con la propria grafia,
in modo che le scansione riporti un voto diverso da quello espres-
so sulla scheda cartacea.
Se poi gli aggressori non dovessero avere un candidato prefe-
rito per i loro scopi, allora lo scenario potrebbe essere ancora più
spaventoso. La loro motivazione potrebbe essere più generale: in-
debolire la democrazia negli Stati Uniti. Potrebbero introdurre

co sofisticato potrebbe addirittura far mentire il sistema di regi-
strazione agli elettori che confermano il proprio status sui porta-
li on line mentre nel frattempo modifica le informazioni nelle liste
dei seggi.
Gli attacchi alle funzioni pre-elettorali possono essere realizza-
ti per avere conseguenze razziali o faziose. In base alle leggi antidi-
scriminazione, in alcune liste è registrata non solo l’affiliazione po-
litica ma anche il gruppo etnico degli elettori. Avendo accesso alla
banca dati, qualcuno potrebbe manipolare solo i dati delle persone
di un partito politico, di un gruppo etnico o di un’area geografica.
In alcuni Stati i sistemi on line di iscrizione alle liste permetto-
no agli elettori di chiedere un voto a distanza o di modificare l’in-
dirizzo a cui inviare le schede. Un aggressore potrebbe richiede-
re le schede per il voto a distanza per un gran numero di cittadini
e farle arrivare a dei complici affinché le compilino con voti falsi.


Il giorno delle elezioni


Le interferenze elettorali possono avere successo in molti mo-
di: dipende dagli obiettivi degli aggressori e dal loro livello di ac-
cesso. In un’elezione dall’esito incerto, se un gruppo ben organiz-
zato, diciamo in Russia, ritiene che un candidato sia decisamente
preferibile all’altro per il proprio paese, perché non dovrebbe cer-
care di influenzare il risultato manipolando i voti in modo non ri-
levabile? Un aggressore potrebbe introdursi nei sistemi di gestio-
ne delle elezioni. C’è una procedura tramite la quale il modello
della scheda elettorale – gli incarichi per cui si vota e i relativi can-
didati, nonché le regole per il conteggio dei voti – viene elaborato,
copiato e distribuito a ciascuna macchina per il voto elettronico.
In genere i funzionari lo copiano su schede di memoria e chiavet-
te USB da collegare alle macchine. Tutto questo offre una via per
la diffusione di programmi dannosi dal sistema centrale fino a un
gran numero di macchine sul campo. A quel punto il programma
dell’aggressore gira sulla singola macchina per il voto elettronico,
dove è solo un programma fra i tanti. Può accedere a tutti i dati ac-
cessibili alla macchina, compresi i registri elettronici dei voti del-
le persone.
Per il 2020 credo che l’epicentro per questo tipo di manipo-
lazione tramite un cyber-attacco sarà un palazzo di uffici del
Midwest. Gran parte degli Stati Uniti appalta la progettazione del-
le schede elettorali a una manciata di fornitori: il più grande di
questi fornitori è un produttore di macchine per il voto elettro-
nico che mi ha detto di lavorare alla programmazione pre-eletto-
rale in circa 2000 giurisdizioni in 34 Stati. Il tutto dalla sua sede
centrale, in una sala in cui sono stato, in quello che definirei un pa-
lazzo di uffici come tanti altri, condiviso con altre aziende. Se gli
aggressori riuscissero a entrare in questa struttura centrale e a in-
filtrarsi in remoto nei computer dell’azienda potrebbero diffonde-
re malware nelle macchine per il voto elettronico e modificare i ri-
sultati elettorali in buona parte del paese. Le tattiche potrebbero
essere sottili come una manipolazione del totale dei voti in giuri-
sdizioni in cui le differenze tra i singoli candidati sono piccole. Co-
sa che facilmente passerebbe inosservata.
Il mondo scientifico concorda sul fatto che il modo migliore di
rendere sicure le elezioni è usare schede cartacee e sottoporle a
verifiche rigorose con ispezioni umane a campione. Purtroppo
però 12 Stati fanno a meno della carta. Invece di adottarla, alcuni di
essi hanno funzionari che fanno verifiche guardando al computer
le immagini delle schede originali acquisite con uno scanner. Con
il mio gruppo stiamo per pubblicare nuove ricerche che mostrano
come usare un algoritmo per creare «falsi profondi» (deep fake) di


UNA GIORNALISTA IN CERCA
DI RISPOSTE NELLA GIUNGLA DEI DATI

Le persone danno per scontato

che, poiché ci sono dei dati, quei

dati devono essere veri.

Ma la verità è che i tutti dati sono sporchi. Le persone creano dati,
il che significa che i dati hanno difetti proprio come le persone.
Una delle cose che fanno i giornalisti che ci lavorano è dubitare
del presupposto di verità, il che serve a un’importante funzione di
responsabilità: un controllo per essere sicuri di non farci trascinare
collettivamente dai dati e prendere cattive decisioni sociali.
Interrogare i dati comporta un gran lavoro: bisogna ripulirli e
organizzarli, e controllare bene che i conti tornino. In più, bisogna
riconoscere gli elementi di incertezza. Se uno scienziato non ha
i dati, non può scrivere l’articolo. Ma una delle cose meravigliose
dell’essere data journalist è che la carenza di dati non ci scoraggia:
a volte la mancanza di dati è altrettanto interessante. Da giornalista,
uso le parole, e le parole sono un magnifico strumento per
comunicare incertezze.
Meredith Broussard è associate professor
dell’Arthur L. Carter Journalism Institute dell’Università di New York;
testo raccolto da Brooke Borel
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