78 Le Scienze 6 15 novembre 2019
Illustrazione di Bud Cook
Lo psicologo Baruch Fischhoff è titolare della cattedra
intitolata a Howard Heinz del Dipartimento di ingegneria
e politiche pubbliche e dell’Institute for Politics and
Strategy della Carnegie Mellon University. È socio della
National Academy of Sciences and Medicine ed ex
presidente della Society for Risk Analysis.
COME CERCA LE RISPOSTE
UNO STUDIOSO DEL COMPORTAMENTO UMANO
Nella scienza di laboratorio il controllo
è assai più stretto che nello studio
del comportamento: la capacità di rilevare effetti lievi nelle persone, per esempio,
è assai minore che in chimica. E in più il comportamento delle persone cambia nel
tempo e tra le culture. Nella scienza del comportamento, quando si parla di verità
è molto importante non solo riprodurre direttamente gli studi ma anche estenderli a
un più ampio insieme di situazioni, affiancando studi sul campo, di correlazione e
longitudinali.
Quindi, come si misura il razzismo, che non è un singolo comportamento ma un
insieme di schemi ricorrenti, un intero sistema attraverso cui della gente viene
oppressa? L’approccio migliore è osservare le regolarità dei comportamenti e
vedere che succede se si altera una variabile o si tiene conto della sua influenza.
Come cambia allora l’andamento? Prendiamo il lavoro della polizia. Se si elimina
dall’equazione il pregiudizio, negli andamenti persistono differenze dovute alla razza.
Lo stesso vale per la povertà, l’istruzione e tutta una serie di cose che pensiamo
servano a prevedere la criminalità. Nessuno di questi fattori è sufficiente a spiegare
gli andamenti differenziati per razza dei risultati delle attività di polizia. Questo vuol
dire che abbiamo ancora parecchio lavoro da fare. Perché non è che non sappiamo
come far funzionare la polizia senza violenza e in modo equo; basta guardare ai
sobborghi residenziali: lì lo stiamo facendo da intere generazioni.
Ovviamente, ci sono incertezze. In gran parte delle cose di questo mondo, siamo ben
lontani dal poter parlare con sicurezza di cause ed effetti. La nostra responsabilità di
scienziati è caratterizzare queste incertezze, perché un errore di calcolo sulle cause
di una cosa come il razzismo fa la differenza tra le scelte giuste e quelle sbagliate.
Phillip Atiba Goff, titolare della Cattedra Franklin A. Thomas in Policing Equity
del John Jay College of Criminal Justice presso la City University di New York e
presidente del Center for Policing Equity; testo raccolto da Brooke Borel
previsioni generalmente corrette ma avrebbe sovrastimato le mor-
ti dovute a cause che finiscono sui giornali spesso o con grande en-
fasi – omicidi, uragani – e sottostimato quelle dovute a «killer silen-
ziosi» come ictus e asma, che solo di rado fanno notizia.
Nel complesso, le nostre previsioni sono state confermate. La
gente sopravvalutava le cause di morte di cui si parla molto e sot-
tostimava quelle che ricevono meno attenzione. Le immagini de-
gli attacchi terroristici, per esempio, potrebbero spiegare perché
chi guarda di più la televisione si preoccupa del terrorismo più di
chi la guarda di rado. Però è emerso anche un risultato sconcer-
tante. Le persone fortemente contrarie all’energia nucleare pen-
savano che fosse responsabile di poche morti all’anno. E allora,
perché mai erano contrarie? L’apparente paradosso ci ha spinto a
domandarci se la definizione di rischio implicita nella nostra do-
manda – il numero medio annuo di morti – non fosse troppo limi-
tata. Con una nuova serie di domande, quindi, abbiamo chiesto
che cosa realmente significasse «rischio» per la gente. E abbiamo
scoperto che chi era contro l’energia nucleare pensava che avesse
una forte potenzialità di provocare catastrofi su larga scala. E qual-
cosa del genere valeva anche per altre tecnologie.
Per vedere se disporre di più informazioni su una certa tecno-
logia modificava questo andamento, abbiamo posto le stesse do-
mande a dei tecnici esperti. Questi in genere erano d’accordo con
le persone comuni sul tributo di morti dovuto ogni anno all’ener-
gia nucleare: basso. Ma quando davano una loro definizione di ri-
schio, su scala temporale più ampia, vedevano meno possibilità di
problemi. Contrariamente agli esperti, per la gente comune conta-
va ciò che avrebbe potuto accadere in una circostanza particolar-
mente sfortunata. Quello tra pubblico ed esperti era un dialogo tra
sordi; le due parti si concentravano su aspetti diversi della realtà.
Capire il rischio
Ma è sempre vero che gli esperti hanno un’esatta compren-
sione della probabilità di disastro? Gli esperti analizzano i rischi
suddividendo i problemi in parti più facili da conoscere. Nel caso
dell’energia nucleare, le parti possono essere per esempio le pre-
stazioni delle valvole, i pannelli di controllo, i piani di evacuazio-
ne e le difese contro le minacce cibernetiche. Nel caso dei raccolti
OGM, possono essere per esempio gli effetti sulla salute umana, la
chimica del suolo e le specie di insetti.