afferma James Robinson, professore
all’università di Chicago. “Un linguaggio
simile dimostra la distanza tra l’élite cilena
e la gente comune”. I cileni si sono stancati
di essere considerati degli alieni nel loro
stesso paese.
La vendetta dei marziani
Ho parlato spesso della bomba a orologeria
rappresentata da una classe dirigente che
considera il Cile un club di amici e si è trin-
cerata con i suoi compagni di classe nei
consigli d’amministrazione delle grandi
aziende (il 53 per cento dei dirigenti arriva
da nove scuole) e al governo (il 67 per cento
del governo ha studiato in sei scuole). L’éli-
te ha sempre minimizzato, parlando di
“gente rancorosa”. Per Juan Ignacio Brito,
che insegna economia all’Institute for lea-
dership in the Americas, “si insiste nel voler
sollevare un problema di classe, ma dietro
ci sono pregiudizi profondi e risentimenti
mai confessati”. Secondo l’imprenditore
César Barros, l’accesso al club del potere è
possibile “solo grazie al grande impegno,
all’assunzione dei rischi e alle proprie capa-
cità”, e non attraverso “favoritismi per gli
amici”. L’imprenditore Jorge Errázuriz,
proveniente da una della famiglie più im-
portanti del paese, propone una soluzione
semplice per contrastare l’influenza dei co-
gnomi: “Basterebbe cambiare il proprio
cognome in Errázuriz per avere successo.
Ti chiamerei cugino!”.
La realtà era chiara a chi voleva vederla.
In tutti i rapporti dell’Ocse o della Banca
mondiale, nelle classifiche di competitività,
nelle riflessioni di economisti e sociologi
emergeva sempre un paese diviso in due.
Gli slogan della piazza e i rapporti dell’Ocse
denunciano le stesse cose: troppa disugua-
glianza, troppo nepotismo, troppi abusi.
“Le cose vanno benone”, dicevano i di-
rigenti al potere. Finalmente apriranno gli
occhi? Ascolteranno le voci lucide che
dall’interno annunciavano da tempo la cri-
si? Come quella del fondatore della Corner-
shop, Daniel Undurraga: “Per capire che il
potere è nelle mani di un gruppo chiuso e
omogeneo basta contare quanti dirigenti
donne, omosessuali, mapuche o che hanno
frequentato le scuole pubbliche ci sono nel-
le aziende più quotate nella borsa cilena”,
ha detto. O della direttrice della borsa di
Santiago, Jeannette von Wolffersdorff, che
denuncia il “narcisismo di un’élite incapace
di confrontarsi con le voci critiche”.
Ora Evelyn Matthei, del partito di destra
Unión demócrata independiente, chiede
un governo di “persone della classe media,
che abbiano studiato nelle scuole pubbli-
che”. L’imprenditore Andrónico Luksic si
dice pronto a “pagare il conto” e a discutere
di una tassa patrimoniale per i miliardari.
Alcune idee costruttive come le tasse più
progressive, che fino a pochi giorni fa sareb-
bero state definite populiste o chaviste,
all’improvviso sono diventate ragionevoli.
Il parlamento lavora sotto il frastuono delle
pentole. Se cent’anni fa il rumore delle spa-
de obbligò i parlamentari ad approvare in
poche ore i progetti sociali che avevano ri-
mandato per anni, oggi l’eco della piazza
produce un miracolo simile.
La settimana lavorativa di quaranta ore?
Ma certo. Taglio dello stipendio dei parla-
mentari? Ovviamente. Regolamentazione
del prezzo dei medicinali? Logico. Le sedu-
te del parlamento sono trasmesse in diretta
dalla tv pubblica e sono seguite da molti ci-
leni. Forse finalmente quello di cui discuto-
no i rappresentanti ha un senso per i rappre-
sentati?
Come cantavano Los Prisioneros: “Non
aspetteremo / l’idea non ci è mai piaciuta /
non stanno facendo quello che era stato
concordato all’inizio”. È cominciata la ven-
detta dei marziani. u fr
Daniel Matamala è un giornalista cileno.
Lavora per la CnnChile. Il suo ultimo libro è
Los reyes desnudos (2018).
Da sapere
“I
l Cile non è lo stesso di due setti-
mane fa. Il paese è cambiato e
deve cambiare anche il gover-
no”. Con queste parole il 28 ottobre il
presidente cileno Sebastián Piñera (cen-
trodestra) ha annunciato i nomi dei nuo-
vi ministri del suo esecutivo. Il rimpasto
è avvenuto dopo le proteste scoppiate in
tutto il paese a metà ottobre contro l’au-
mento del prezzo del biglietto della me-
tropolitana di Santiago. Il governo ha ri-
tirato la misura, ma i cileni hanno conti-
nuato a protestare contro un modello
economico che ha prodotto crescita eco-
nomica e al tempo stesso profonde disu-
guaglianze. “Forse il cambiamento più
rilevante”, scrive Bbc mundo, “è l’al-
lontanamento dal ministero dell’interno
di Andrés Chadwick, sostituito dall’av-
vocato Gonzalo Blumel. Chadwick era
uno dei collaboratori più stretti e fidati di
Piñera”.
“Un altro cambiamento importante”,
si legge sul País, “è la sostituzione del
ministro delle finanze Felipe Larraín,
che all’inizio delle proteste aveva invita-
to i romantici a comprare dei fiori, il cui
prezzo era diminuito. Ignacio Briones,
professore di economia, ha preso il suo
posto”. Mentre Piñera annunciava il rim-
pasto di governo, migliaia di persone
protestavano davanti al palazzo della
Moneda chiedendo le sue dimissioni. Ci
sono stati scontri con le forze dell’ordi-
ne, che dovranno rispondere dell’accusa
di violazione dei diritti umani per la re-
pressione durante i giorni del coprifuoco
e dello stato d’emergenza.
“Varie organizzazioni sociali hanno
denunciato casi di tortura, abusi sessuali
e percosse”, si legge sull’Afp. Secondo
l’Istituto cileno per i diritti umani,
“dal 17 ottobre più di 3.500 persone sono
state arrestate. Di queste, più di mille so-
no state ferite e almeno seicento presen-
tano lesioni da arma da fuoco”. Il 29 ot-
tobre una delegazione dell’Alto commis-
sariato delle Nazioni Unite per i diritti
umani è arrivata in Cile per verificare la
situazione. Anche Amnesty Internatio-
nal sta lavorando nel paese. u
Rimpasto
e repressione