Storie vere
A Shanghai, in Cina,
sono appena state
installate 150 smart
toilet. Ogni gabinetto
è dotato di raggi
infrarossi e spie a
ultrasuoni per gestire
la quantità d’acqua
corrente disponibile,
verificare la qualità
dell’aria e controllare
quanto tempo le
persone rimangono
chiuse dentro. Se ci
restano per più di 15
minuti un allarme fa
arrivare gli addetti
per vedere che non ci
siano problemi.
“Non mi sembra una
brutta idea”, ha
commentato Frank
Lin, 22 anni.
“Probabilmente ora
non si potrà più
leggere un libro
mentre si usa il
water”.
lungo tempo con il desiderio di chiudere tutte le porte
e operare in un contesto culturale esclusivamente
polacco. È così dai tempi della prima repubblica: nel
settecento la modernizzazione portata dall’illumini-
smo si scontrò con il sarmatismo, l’ideologia tradi-
zionale della nobiltà polacca. Nell’ottocento, molti
romantici polacchi che contribuirono a ridefinire
l’identità nazionale attraverso la letteratura, la musi-
ca e l’arte criticarono profondamente alcuni aspetti
della civiltà occidentale. All’epoca la Polonia era
spartita tra Russia, Prussia e Austria, e fino al 1918
due di queste potenze (Prussia e Austria) si conside-
ravano occidentali. Infine, il novecento portò una
serie di delusioni per la Polonia, in particolare il fatto
che, nel 1939, Francia e Regno Unito non rispettaro-
no nessuno dei loro obblighi come alleati militari del-
la Polonia, e che gli accordi stipulati tra Churchill,
Roosevelt e Stalin nel 1945 di fatto consegnarono
l’Europa orientale all’Unione Sovietica. Forse per chi
è cresciuto alla fine della guerra fredda o dopo è una
sorpresa che la storia della Polonia possa essere vista
anche in termini di resistenza all’occidente. Le paro-
le del poeta polacco Cyprian Norwid potrebbero fun-
gere da motto di questa particolare narrativa:
L’Europa è un’anziana folle e ubriacona che ogni qualche
anno massacra e assassina senza nessun obiettivo morale o
di civiltà. È incapace di costruire qualunque cosa, ottusa,
presuntuosa, arrogante e frivola.
Secondo questa visione della storia, le conseguen-
ze della perfidia occidentale si sono fatte sentire fino
al 1989. Eppure, dopo la caduta del comunismo la sfi-
ducia nei paesi occidentali è stata messa per molti
anni ai margini della vita pubblica.
All’inizio degli anni novanta, lo storico e politico
polacco Bronisław Geremek, che era una delle voci
più pragmatiche nel dibattito pubblico dell’epoca,
espresse il suo disappunto per gli ostacoli burocratici
creati dalle istituzioni europee. Ma molti tendevano
invece a condividere l’impressione riportata da Do-
nald Tusk, oggi presidente del Consiglio europeo,
dopo il suo primo viaggio in occidente. “È stato un
piacere assoluto”.
Fino a tempi molto recenti, tanti degli odierni eu-
roscettici dell’Europa centrorientale credevano acri-
ticamente nel mito dell’occidente. Tra i più fervidi
credenti c’erano l’ungherese Viktor Orbán e il polac-
co Jarosław Kaczyński. Quando era un giovane libe-
rale, Orbán aveva chiesto che l’Ungheria venisse in-
serita nelle strutture istituzionali dell’occidente.
Kaczyński prese una posizione simile e riuscì a usarla
per lanciare attacchi contro i suoi avversari politici.
Nel 1993 sostenne che se i suoi oppositori avessero
perseguito politiche più decise “potremmo essere
molto più avanti sul cammino dell’adesione alla Nato
e all’Unione europea”. Nel 2003, come altre forma-
zioni politiche polacche, il partito Diritto e giustizia
di Kaczyński sostenne l’ingresso del paese nell’Unio-
ne. Per anni, i politici di Diritto e giustizia hanno so-
stenuto che, anche se imperfetta, l’Unione offriva un
versità. Secondo Berman, si trattava di una sconcer-
tante confusione dell’ordine delle cose. Non metteva
a posto niente. La cultura pop di basso livello cultura-
le si era fusa con le grandi idee filosofiche sulla natura
della democrazia. Sembrava un amalgama sbalordi-
tivo: non un’immagine dell’occidente come era dav-
vero, ma una sorta di mito.
Osservando le cose da Varsavia o da Praga, però,
i diversi elementi si combinavano alla perfezione. La
sovietizzazione coatta era fallita. Le persone imma-
ginavano che con la sola forza del desiderio sarebbe-
ro potute diventare immediatamente come l’occi-
dente, se non tutte insieme almeno una alla volta.
Bisognava solo volerlo moltissimo e lavorare sodo.
In altre parole, l’idea che diventare persone comple-
tamente diverse potesse essere un processo rapido
e con buoni risultati fu un potente incentivo al cam-
biamento.
Si può forse chiarire meglio la situazione con
un esempio culturale. In Polonia il desiderio di
“recupe rare il terreno dove eravamo rimasti indie-
tro” era così ardente che nel 1990 i cinema dedicaro-
no intere settimane alla proiezione solo di film statu-
nitensi. L’esistenza stessa di un cinema polacco ve-
niva messa in dubbio, anche se non troppo tempo
prima eravamo tutti molto orgogliosi dei successi
della produzione cinematografica polacca degli anni
settanta e ottanta.
O
ggi la transizione viene spesso ricor-
data solo per le decisioni economi-
che che furono prese all’epoca. È ve-
ro che i paesi postcomunisti decisero
di uscire dalla povertà e liberarsi del-
le conseguenze della pianificazione
centralizzata usando gli strumenti economici occi-
dentali. Ma vale anche la pena di sottolineare come
gli europei che vivevano al di là della cortina di ferro
non fossero motivati solo da preoccupazioni materia-
li. Al contrario, Berman fu sinceramente stupito nel
constatare che per gli europei dell’est i paesi occiden-
tali riflettevano un mondo migliore anche dal punto
di vista morale. Chiunque non tenga conto di questo
elemento rischia di non capire cosa c’era dietro ai pri-
mi passi della terza repubblica polacca e di altri stati
dell’Europa centrorientale.
Il mito postcomunista dell’occidente spinse i cit-
tadini dell’Europa centrorientale a introdurre impor-
tanti riforme economiche, giuridiche e sociali. Le
persone si unirono quasi d’istinto, perché avevano
condiviso l’esperienza della povertà, della depressio-
ne e della mancanza di libertà. Non c’era bisogno di
discutere: bastava vedere qualunque oggetto dome-
stico o un’auto prodotti negli Stati Uniti o nell’Europa
occidentale per sentirsi immediatamente spinti a
imitare quel mondo migliore, senza nessuna ironia.
È facile dimenticare che questo atteggiamento acri-
tico nei confronti dell’occidente non era una tradizio-
ne consolidata e nemmeno un’antica norma cultura-
le, al contrario. In Polonia, per esempio, la tendenza
a ispirarsi a idee o soluzioni importate si scontra da
Pop