la Repubblica - 01.11.2019

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La tiratura de “la Repubblica”di giovedì 31 ottobre 2019
è stata di 201.617 copieCodice ISSN online 2499-0817

CONSIGLIERI:
Agar Brugiavini,
Giacaranda Maria
Caracciolo di Melito Falck,
Elena Ciallie, Alberto Clò,

Rodolfo De Benedetti,
Francesco Dini,
Silvia Merlo, Elisabetta
Oliveri, Luca Paravicini
Crespi, Carlo Perrone,
Michael Zaoui

Divisione Stampa
Nazionale
VIA CRISTOFORO
COLOMBO, 90 -
00147 ROMA

«M


i chiamo Irene, ho 32 anni
e vivo felicemente e
serenamente con Elisa, la mia
compagna da 7 anni. Tempo fa ho
assistito a un concerto di Fiorella
Mannoia che, nel presentare una
canzone a proposito del rapporto
tra genitori e figli, ha detto che non
serve aver partorito per essere
madre. Sviluppando questo
ragionamento, potrei aggiungere
che non è detto che chi ha messo al
mondo qualcuno abbia messo in
conto che un giorno il figlio
sarebbe cresciuto e avrebbe fatto
scelte. Nella mia famiglia ci sono
state e ci sono tensioni e resistenze
a proposito della mia vita. Tuttavia,
non ho intenzione di
lamentarmene, perché ho
imparato ad accettare (io) i limiti
degli altri, nonostante questo non
mi lasci indifferente. Sono invece
le esperienze di altre due persone
quelle che vorrei condividere:
quella del mio vicino di casa, 96
anni, che nel raccontare del
matrimonio con sua moglie ha
ancora i lucciconi agli occhi nel
dirmi che sua madre non volle
partecipare alla cerimonia, perché
non era d’accordo sul fatto che lui
dopo sarebbe andato a vivere
lontano dalla casa d’origine. Dopo
una vita è il primo ricordo che gli
viene in mente a proposito di quel
giorno. Aggiungo anche quella di
Mario, un anziano signore con il
quale ho avuto la fortuna di parlare
e confrontarmi. Mario mi raccontò
che sua madre non aveva mai

accettato la sua omosessualità, e in
particolare mi raccontò di alcuni
episodi, parole che si era sentito
dire e che non riusciva a scordare.
Riallacciandomi a Fiorella
Mannoia, vorrei quindi fare un
appello a chi desidera diventare
genitore o sta per diventarlo:
mettete in conto che quel
bambino, bambina o qualsiasi
persona si senta di essere, un
giorno crescerà, non è detto che
scelga di seguire la strada che voi
immaginate, in qualsiasi campo.
Considerate il fatto che non è detto
che le vostre aspettative
coincidano con le sue, aspettatevi
invece che vostro/a figlio/a possa
sorprendervi con scelte che magari
non avevate ipotizzato, ma che
invece dovete prevedere, dato che
avete deciso di mettere al mondo
una persona che ha un suo proprio
cuore, cervello e personalità.
Perché vostro/a figlio/a non si
aspetta che voi possiate un giorno
voltargli le spalle, né si aspetta che
possiate considerarlo una
delusione. Nel caso in cui questo
dovesse succedere sappiate che
questa ferita farà male per
sempre».
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Le lettere di Corrado Augias


Di chi è la colpa


se la memoria sbiadisce


di Corrado Augias

Caro Augias, tra le pacate considerazioni che
ha fatto la senatrice a vita Liliana Segre in
risposta a insulti e minacce, mi hanno colpito
queste parole: sono una donna anziana, non mi
resta granché da vivere; perché non utilizzano
meglio il loro tempo? Cito a memoria ma il
senso era questo. Che cosa spinge a insultare
una donna che ha dovuto affrontare il calvario
dei campi di sterminio? So la risposta usuale;
perché è ebrea. Io ne ho un’altra. Perché con
ogni evidenza è intelligente. Non ho mai letto
né sentito nelle sue parole considerazioni
banali sull’Olocausto, sui tempi delle dittature
europee. C’è sempre in ciò che dice una
deviazione dai discorsi soliti. Ciò ha fatto
arrabbiare quelli che la offendono che forse
sono razzisti, certamente non devono brillare
per intelligenza.

Lettera firmata

C


redo che l’ipotesi avanzata dal gentile
corrispondente abbia una sua
verosimiglianza e sono sicuro che la senatrice
Segre non dà agli insulti più importanza di
quanta ne meritino. Lei stessa ha ribadito il
concetto. «Voglio pensare – ha detto – che tra
di loro non ci siano persone troppo
intelligenti». Ha aggiunto: «Niente odio per
chi odia». Condivido in pieno queste parole
alle quali però devo a mia volta aggiungere la
domanda: perché questo succede? Com’è
possibile che delle persone, giovani o anziane
che siano, se la prendano con una signora che
senza colpa ha dovuto affrontare in gioventù
patimenti estremi? Del resto, l’astensione in
Parlamento dell’intera destra quando si è
votata la commissione per indagare su odio e
antisemitismo non è anch’essa un sintomo

eloquente? La memoria dei crimini delle
dittature novecentesche, in primis del
nazifascismo, tende a sbiadire. Il tabù vigente
fino a pochi anni fa si stempera in sentimenti
più blandi per cui in questa o quella provincia
si può inneggiare al “Duce” o celebrare la
ricorrenza della “Marcia su Roma” quasi
senza suscitare scandalo. Ci sono anche
ragioni più profonde. In un recente saggio dal
titolo “Storia senza perdono” (Einaudi ed.) lo
storico Walter Barberis si è posto il quesito se
la memoria basti a scongiurare il ripetersi del
male. Esattamente a questo scopo è stata
istituita una Giornata della Memoria. Ebbene,
sostiene Barberis, la memoria non basta. Si è
stentato a capire, scrive, che la memoria ha
certo una sua utilità ma non può andare oltre
la dimensione individuale. La memoria,
aggiunge, fornisce tracce, indica piste, solo la
storia però dovrebbe «risolvere il caso,
identificare i colpevoli, svelarne i moventi,
spiegare ciò che è avvenuto, come e perché».
Barberis (insegna storiografia a Torino) evoca
il processo Eichmann celebrato a
Gerusalemme nel 1961 dove s’udì la voce
diretta degli scampati: «Persone palpitanti di
emozioni incontenibili, invitate a
ripercorrere pubblicamente le loro strazianti
esperienze». Ebbene, nemmeno quei
brandelli pieni d’orrore riescono a sostituire
la storia. Non so se condividere questo punto
di vista. La mia opinione è che l’allontanarsi
nel tempo certo raggela i fatti, attutisce lo
shock che persone come me sentono ancora
sulla propria pelle. Caduto il tabù, sono i
meno preparati, i meno dotati, quelli che non
sanno niente dei fatti a manifestare per primi
lo spirito dei tempi.

g


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Lettere
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Irene, 32 anni,
abita
in Valdarno
e lavora
con un tour
operator
a Firenze

f


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la vostra storia
a Concita
De Gregorio
scrivete
a concita
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I vostri
commenti e le
vostre lettere su
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Fiorella Mannoia


che introduce


una canzone


e due storie


molto simili


spingono a una


considerazione


di Concita De Gregorio

Invece Concita


Lasciate che i figli


vi sorprendano


GEDI
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VICE PRESIDENTI
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Angelo Rinaldi
(Art Director)
Giuseppe Smorto

DIRETTORE GENERALE:
Corrado Corradi

Chi è il papà
di Halloween

Mauro Luglio
Monfalcone

Ogni fine ottobre si
ripropone la “vexata
quaestio” se Halloween sia
una moda americana da
noi copiata o se i diritti
d’autore spettino a noi
europei. Chi ritrova le
proprie origini nella saga
celtica di Samhain,
facendo così la felicità dei
leghisti, o nella tradizione
cristiana di Ognissanti, chi
lo accosta al culto latino di
Pomona o alla festa
siciliana dei morti. A parte
tutti i tentativi di
attribuirne una paternità,
resta il fatto che giocare
con la morte per
esorcizzarla è tradizione
antica quanto l’uomo. Il
problema invece, tutto
italiano, è che i mostri noi
li abbiamo tutto l’anno:
tratti somatici sfigurati
dal bisturi, veleni e intrighi

da calderone della strega
in politica, maghi del
consenso in pozione
velenosa: la notte di
Halloween diventa
terrificante 365 giorni
l’anno.

Quando i tronisti
dettano legge

Roberto Schioppa
Napoli

In Italia i giornali si
leggono poco e se
assistiamo ad una
pericolosa deriva del
Paese, all’assassinio della
cultura, è anche perché le
librerie chiudono per far
spazio all’ennesima
pizzeria gourmet o fast
food, dove una pletora di
barbari arricchirà le
panze ma perderà il senso
della ragione mentre le
edicole vengono cancellate
da una crisi infinita. Tra
poco saremo sommersi da
tanti ristoranti e pub e

faticheremo a rammentare
i tempi in cui sulle
panchine ti sedevi a
leggere la copia del
giornale appena preso. In
questo mondo oggi a dettar
legge sono influencer e
tronisti e nessuno si
preoccupa più della
parola scritta.

Vorrei il vagone
del silenzio

Francesca R. Gonella

Anche io vorrei un vagone
del silenzio come il signor
Alberto Drera.
In Germania ogni treno ha
più di un vagone
denominato “zona del
silenzio” dove è vietato
usare il cellulare e parlare
a voce alta e se la cosa
dovesse succedere gli altri
passeggeri, senza timore,
sono autorizzati a
riprendere il
contravventore. Tutto
molto semplice, no?

La liquidazione
che non arriva

Luciano Crespi

Sono andato in pensione
dal primo novembre 2017,
al compimento dei 70 anni,
come professore ordinario,
dopo oltre 45 anni di
servizio prestato. Alla mia
richiesta di sapere entro
quale termine sarebbe
stato liquidato il Tfs, mi
viene risposto da “Inps
Risponde”: «Entro 12 mesi +
3». Dopo mie inutili
sollecitazioni, nel giugno
di quest’anno ricevo
un’altra comunicazione da
Inps nella quale mi si dice:
«Entro 24 mesi», senza
alcuna giustificazione.
Quindi inopinatamente. I
24 mesi sono scaduti e
ancora nulla. Chiedo se
questo può essere un
comportamento da Paese
civile. Non sarà che hanno
dovuto usare i fondi per il
reddito di cittadinanza e
per Quota 100?

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Carlo Verdelli
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. Venerdì,1 novembre^2019 Commenti pagina^33

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