Il Sole 24 Ore - 01.11.2019

(vip2019) #1

Il Sole 24 Ore Venerdì 1 Novembre 2019 27


.moda


RETAIL


Woolrich riapre


la Snow Room


Con il freddo torna, all’interno


del flagshipstore di Milano del
brand, la Snow Room, allestita

ispirandosi alla terra d’origine
di Woolrich, lo stato della

Pennsylvania, dove in inverno


si può scendere fino a -°.
Una vera e propria esperienza

multisensoriale: chi entrerà


nella “stanza della neve”, quasi
certamente con uno dei parka

del marchio americano, si


troverà con una temperatura
percepita di -°.

IN BREVE


LONDRA


Il Natale secondo


Dolce&Gabbana


Ha aperto ieri a Londra, nella


boutique Dolce&Gabbana di New
Bond Street, il Christmas Market:

il negozio è stato completamente


riallestito in chiave natalizia, con
collezioni ad hoc di pret-à-porter

e accessori, ma soprattutto di


oggetti speciali per le feste. Make
up e occhiali in edizioni limitata,

fashion jewelry, ma anche


candele in piccoli vasi di
ceramica di Caltagirone,

bambole (nella foto) e panettoni e


versioni speciali di pasta. Il 
novembre il Christmas Market

aprirà anche nella boutique di
corso Venezia, a Milano.

PARTNERSHIP


Tagliatore al cinema


per Dustin Hoffman


Il film è nelle sale italiane da


due giorni e segna il ritorno al
cinema di Tagliatore: il

marchio guidato da Pino


Lerario ha vestito Dustin
Hoffman, protagonista de

L’uomo del labirinto (nella foto,


la locandina) insieme a Toni
Servillo. Si tratta di un thriller

di Donato Carrisi, tratto


dall’omonimo libro.


LUSSO


Borse Roger Vivier


in versione «micro»


Si chiama Beau Vivier una
delle nuove borse della maison

Roger Vivier, disponibile in


rosso (nella foto) e in nero, con
tracollina e l’iconica fibbia che

ha reso famose le scarpe del
brand. La micro bag

appartiene alla collezione


primavera-estate .
http://www.rogervivier.com

Sinergie


Pitti Immagine


si rafforza


con la Leopolda


e Firenze Fiera


Silvia Pieraccini


FIRENZE

P


itti Immagine accelera sullo


sviluppo a tutto campo: im-
mobiliare, operativo, socie-

tario. Come dimostra la pri-
ma mossa: la società che organizza

Pitti Uomo e altre fiere nei settori


moda, food e beauty – e che è con-
trollata dall’associazione pubblico-

privata Centro di Firenze per la


moda italiana (Cfmi) all’% e par-
tecipata da Sistema moda Italia

(Smi) al % – ha completato l’ac-


quisizione, per , milioni, della
Stazione Leopolda di Firenze, lo

spazio-eventi di mila metri qua-


drati coperti diventato famoso per
le kermesse di Matteo Renzi.

La seconda mossa è stata la pro-


gettazione di nuove rassegne che
debutteranno nel  a Firenze:

“Testo”, sull’offerta editoriale per


le librerie indipendenti, e “Flavor”,
organizzato con Cibus/Fiere di

Parma. In questo caso il focus è sul


food per il canale professionale.
anche detto horeca, termine che in-

dica i settori hotellerie, restaurant


e catering. Il terzo tassello della
strategia di rafforzamento di Pitti

Immagine è la manifestazione


d’interesse presentata pochi giorni
fa per l’acquisizione di Firenze Fie-

ra, la società guidata da Leonardo


Bassilichi (, milioni di fatturato
 con mila euro di utile) che

gestisce il polo fieristico-congres-
suale fiorentino formato dalla cin-

quecentesca Fortezza da Basso


(mila mq coperti), Palazzo dei
congressi e Palazzo degli affari, vi-

cino alla stazione ferroviaria di


Santa Maria Novella, e che finora
ha operato soprattutto come affit-

ta-spazi più che come organizzato-


re di eventi. Pitti Immagine ( mi-
lioni di fatturato  che toccano

i  a livello consolidato, con


mila euro di utile) è peraltro il
maggior cliente di Firenze Fiera

(grazie ai saloni della moda), ele-


mento che amplificherebbe le si-
nergie derivanti dall’unione delle

due società.


L’operazione, seguita dall’advi-
sor Kon, è sul tavolo da più di dieci

anni ed è “risorta” con l’arrivo alla


guida di Cfmi, nell’estate , di
Antonella Mansi, che è anche vice-

presidente di Confindustria.


Ora la palla è in mano ai soci del-
la stessa Cfmi (Camere di commer-

cio di Firenze e Prato, Comuni di


Firenze e Prato, Città metropolita-
na di Firenze, Regione Toscana,

varie Confindustrie territoriali e


altre associazioni di categoria) e a
quelli di Firenze Fiera, che sono in

larga parte gli stessi: da qui la pro-
babilità che il matrimonio si faccia,

anche se i nodi da sciogliere sono


parecchi, a cominciare proprio
dalla diversa natura dei due sog-

getti in campo.


Pitti Immagine potrebbe acqui-
sire il ramo d’azienda formato dalle

attività fieristico-congressuali, la-


sciando in capo a Firenze Fiera il
patrimonio immobiliare (Fortezza

da Basso e Palazzo degli affari,


mentre il Palazzo dei congressi-
Villa Vittoria è di proprietà della

Regione), oppure potrebbe incor-


porare l’intera Firenze Fiera.
La valutazione della società fie-

ristica non si allontana molto dal


fatturato (che quest’anno sfiorerà
i  milioni), considerati i bassi

margini e la necessità di realizzare


i lavori di restyling strutturale atte-
si da anni. Pitti Immagine avrebbe

in pancia le risorse finanziarie per


acquisire Firenze Fiera, dando vita
a una realtà da quasi  milioni di

fatturato e  dipendenti. Le di-


mensioni continuerebbero a essere
piccole per competere nel mondo

fieristico europeo e globale, ormai


dominato da grandi soggetti, ma il
valore aggiunto sarebbe rappre-

sentato dalle competenze speciali-
stiche di Pitti Immagine nel seg-

mento moda-food-lifestyle e dalla


capacità di intercettare buyer in-
ternazionali. Per questo la partita

suscita interesse nel mondo fieri-


stico. Entro fine anno si capirà se è
fattibile; in caso positivo entro pri-

mavera dovrà essere chiusa perché


scadono sia la legislatura regionale
che il cda di Firenze Fiera.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Intervista. Per Francesco Tombolini, presidente della Camera dei buyer (Cbi), i negozi di qualità


hanno saputo rinnovarsi e sono alla ricerca di profili con competenze ibride tra fisico e digitale


«I multimarca sono il 3º player


europeo nel retail della moda»


Giulia Crivelli


N


on tutti gli indicatori
economici del nostro

Paese sono buoni, per


usare un eufemismo. Il
commercio, in partico-

lare, negli ultimi anni


ha sofferto, colpito forse più di altri
settori dalla rivoluzione digitale. Per

questo – sottolinea Francesco Tom-


bolini, presidente da poco più di un
anno della Camera dei buyer italiani

(Cbi) – è utile ricordare la buona per-


formance dei multimarca italiani in-
dipendenti e di qualità. «Ma non è so-

lo il valore economico che vorrei sot-


tolineare – dice Tombolini –. È forse
ancora più importante quello sociale:

senza i negozi indipendenti città e


comunità rischiano di piegarsi su se
stesse, chiudersi al cambiamento,

negarsi opportunità».


Camera dei buyer è un’associa-
zione conosciuta nel mondo della

moda, forse meno al grande pubbli-


co. Partiamo allora dai dati econo-
mici, per capirne il valore.

I numeri sono importanti: i multi-


marca associati a Cbi sono oltre cento
e nel  le vendite hanno raggiunto

i , miliardi di euro. Come Camera


dei buyer, nell’ultimo anno abbiamo
elaborato studi e dati, per dare nuovi

strumenti ai proprietari dei negozi.
Confrontando i principali player eu-

ropei della moda che lavorano in una


logica wholesale, cioè di multimarca,
al primo posto, nel , c’era Harro-

ds, con , miliardi di vendite ricon-


ducibili alla moda. Al secondo posto
Selfridges, unico competitor, a Lon-

dra e quindi nel Regno Unito, dello


storico Harrods. Al terzo posto c’era-
vamo noi: il dato del  era di poco

superiore ai due miliardi. Dopo Ca-


mera dei buyer venivano Net-a-por-
ter, Farfetch, Yoox e Rinascente.

Negli studi non fate quindi diffe-


renza tra retailer classici, cioè fisici,
e piattaforme digitali?

La Camera dei buyer esiste da  an-


ni, i nostri associati sono nati tutti in
un mondo in cui internet non esiste-

va. Ma hanno saputo abbracciare


questo nuovo canale. A oggi esistono
 siti di e-commerce direttamente

legati alle boutique fisiche di Cbi,


l’% circa del totale; i follower su
Facebook delle pagine legate agli as-

sociati nel  hanno superato i ,


milioni, quelli su Instagram sono cir-
ca , milioni. Siamo nell’era del-

l’omnicanalità, quindi è giusto consi-


derare i multimarca della moda sen-


za distinguere tra negozi fisici puri e
negozi nativi digitali, per così dire.

Lei è però un grande sostenitore


della funzione sociale del retail. In
questo caso parliamo del retail fi-

sico, giusto?


Sì, però è opportuno sottolineare che
internet, volendo vederne un lato

molto positivo, può creare un grande
senso di comunità. Mette in contatto

persone che forse altrimenti non si


conoscerebbero o parlerebbero. Det-
to questo, niente può sostituire il

contatto umano, il piacere di scam-


biare due chiacchiere guardandosi


negli occhi e di farsi dare un consiglio


da una persona in carne e ossa e non


da una stylist digitale. E torniamo ai
numeri: i soci di Camera dei buyer

danno lavoro a migliaia di persone e
investono moltissimo in formazione:

l’% del personale di vendita dei ne-


gozi parla bene l’inglese e il % il ci-
nese. Nessuno sta fermo: ogni anno

almeno  punti vendita si rinnova-


no, fatto molto apprezzato dai mar-
chi della moda e del lusso (circa

mila) con i quali lavoriamo.


Una curiosità: come sono divise
le vendite, rispetto alle categorie

di prodotto, visto che per defini-


zione in un multimarca si può ac-


quistare un total look e fare un sa-


no mix&match?
Il % delle vendite è riconducibile

all’abbigliamento, il resto a borse e


scarpe, che assorbono rispettiva-
mente il  e il  per cento.

Vista la disoccupazione giovani-


le, che opportunità offre il settore?
Tantissime: chi ha rapporti diretti

con il cliente deve potergli offrire una


shopping experience e per questo
avere soft skill di ogni genere, non so-

lo le lingue. Poi c’è tutta la nuova par-


te digitale, che ha bisogno di figure
esperte in software, hardware, logi-

stica, marketing digitale.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

N


essuno ha trovato la formula
perfetta. Forse perché non

esiste: il retail non è una


scienza esatta, non può ri-
spondere a schemi fissi. Per definizio-

ne, a maggior ragione nella moda e


nel lusso, il retail è in costante cam-
biamento. La novità degli ultimi anni

è l’accelerazione dei cambiamenti,


nella società, nelle abitudini di consu-
mo e quindi nel retail.

Swarovski ha scelto Milano e in


particolare il flagshipstore di via Dan-
te, a metà strada dalla dinamica piaz-

za Cordusio, dove è appena arrivato


dal Giappone Uniqlo, e lo spettacolare
Castello Sforzesco, che risale a

un’epoca in cui i negozi neppure esi-
stevano. «Milano è sempre stata una

capitale della mode e del design e l’Ita-


lia è un mercato storico per Swaro-
vski, sia per importanza delle vendite,

sia per motivi strategici – spiega Ro-


bert Buchbauer, presidente dell’exe-
cutive board di Swarovski e ceo della

divisione Consumer goods –. Da qual-


che anno si è aggiunta una rinnovata
apertura al futuro, al mondo, direi.

Per questo l’abbiamo scelta per pre-


sentare, e in certa misura testare, il


concept Crystal Studio».
Il traffico in via Dante è assicurato

e le persone che percorrono la strada


pedonale sono in parte turisti e in par-
te milanesi a passeggio, ai quali si ag-

giunge chi lavora nella zona, che ospi-


ta uffici di tutti i tipi. Nel week end poi,
nella via diventa quasi difficile cam-

minare. «È già da molto tempo che in
azienda consideriamola shopping

experience come una cornice senza
scomparti e vale anche noi manager

che non possiamo certo definirci nati-


vi digitali. Lo spazio fisico non va se-
parato da quello digitale – sottolinea

Buchbauer –. Il “click & collect” è un


servizio assodato, con Crystal Studio
siamo andati oltre».

Per chi ama fare tutto di corsa ci so-


no gli schermi digitali, dove guardare
da diverse angolazioni, scegliere e vo-

lendo direttamente comprare gioielli


e orologi. Allo Sparkle Bar (scintilla, in
inglese) invece i clienti possono acco-

modarsi, provare fisicamente i pro-


dotti, farsi consigliare se lo desidera-
no, da una persona o utilizzando i ta-

blet interattivi che danno suggeri-


menti di stile. Il concept, che
Swarovski ha affidato alla designer e

architetto Patricia Urquiola, verrà ap-


plicato entro il  ai flagship di Pari-
gi, Shanghai e Pechino e nel  a

grande parte della rete globale di ne-


gozi a insegna Swarovski. «Siamo da
sempre impegnati nell’ascolto dei

consumatori e delle persone in gene-


rale, all’interno e all’esterno della no-


stra azienda, in ogni Paese – aggiunge
Michele Molon, executive vice presi-

dent per la divisione Omnichannel e


commercial operations –. Crystal Stu-
dio è un traguardo raggiunto proprio

grazie all’ascolto e la parola che prefe-


risco abbinare ai negozi è gioco».
Molon e Buchbauer sono convinti

della necessità di «abbattere la tradi-


zionale distanza tra personale di ven-
dita e consumatori». Si può fare non

solo attraverso soluzioni di arredo,


ma «favorendo un dialogo continuo
e interattivo». Importante anche il

racconto o storytelling, come si sente


dire spesso. «Gli espositori a parete
sono stati progettati per attrarre l’at-

tenzione di chi entra in negozio, ma-


gari colpito dalle vetrine, altrettanto
dinamiche – conclude Buchbauer –. I

prodotti esposti seguono un moodbo-


ard, al quale tutti possono dare una
risposta emotiva diversa. E scegliere

così cosa e come acquistare».


—G.Cr.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Innovazione. Il ceo Robert Buchbauer e il vicepresidente Michele Molon raccontano come è nato


il concept Crystal Studio, che nei prossimi mesi sarà esteso a Parigi, Shanghai e Pechino


A Milano la sfida Swarovski sulla multicanalità


Marta Casadei


N


on solo Cina. È questa la pri-


ma e più importante indica-
zione che le piccole e medie

imprese del made in Italy


devono seguire nell’approccio retail ai
mercati asiatici. Che sono sfaccettati

e, pur non avendo lo stesso tasso di


dinamismo della Repubblca Popolare
in fatto di trend e consumi, possono

rappresentare una porta d’accesso
adeguata per i marchi italiani.

Lo dice Andrea Bonardi, managing


partner di Texere Advisors, società
che lavora come “filiale estera” nei

mercati asiatici per le piccole aziende


italiane della moda, dell’arredo e del
food: «La Cina è il mercato del futuro,

ma è complesso e costoso da affronta-


re: un’azienda non può pensare di
aprire un negozio in loco senza mette-

re in conto una serie di iniziative di


supporto sui social locali – spiega –.La
spesa non sarebbe sostenibile».

Le condizioni cambiano netta-
mente se, invece di puntare a Shan-

ghai, si punta a Manila, capitale delle
Filippine: «È un mercato tra i più occi-

dentalizzati e che può essere raggiun-


to più facilmente, per esempio attra-
verso Instagram», continua Bonardi,

che il  novembre introdurrà la con-


ferenza “Conoscere, capire e conqui-
stare l’Asia”, organizzata a Milano da

Texere Advisor. «Lo stesso vale per il


Vietnam, che sta vivendo un boom
economico anche grazie agli investi-

menti cinesi, e per la Malesia che cre-


sce meno ma è meta di numerosi turi-
sti mediorientali», aggiunge.

Ci sono poi i mercati più maturi,


come Corea del Sud, Giappone e
Taiwan, nei quali i consumatori sono

già “educati” al made in Italy sia in ter-


mini di stile sia di qualità. E dove i pic-
coli brand possono avere vita più faci-

le: «Sono mercati più semplici perché,


in termini di distribuzione, per esem-
pio, hanno department store e negozi

multimarca, quindi l’azienda che


sbarca in questi Paesi non deve per


forza farlo con l’apertura di un nego-
zio monomarca», dice Bonardi.

Tra i mercati in cui l’accesso è me-


no complicato Bonardi cita anche due
hub internazionali come Singapore e

Hong Kong. Nonostante quest’ultimo


stia vivendo una fase particolarmente
problematica a causa delle proteste

che hanno costellato il . Tolto il


tema dazi – «le barriere sono ancora
elevate in Thailandia e Indonesia,

mentre gli altri Paesi hanno progres-


sivamente cercato di ridurre i diffe-
renziali con l’Europa» – le Pmi italia-

ne devono essere in grado di capire e


superare le barriere culturali e com-
prendere i desideri dei consumatori

locali: «Cosa piace in Asia? Soprattut-


to il design, la cosmetica e il food. La
moda è già un settore saturo, per af-

fermarsi in questi mercati serve uno


sforzo maggiore».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Convegno di Texere


Oltre la Cina: le Pmi alla gara asiatica


7-10


PITTI UOMO
A GENNAIO
L’edizione
invernale della
maggiore
manifestazione
della moda uomo
a livello mondiale
è in programma
a Firenze
dal 7 al 10
gennaio 2020

SOTTO LA LENTE
Le news con

gallery e video


sulla filiera
del tessile

abbigliamento
e sulla cosmesi

Su

ilsole24ore

.com

Paesi come


Vietnam,


Filippine


e Malesia


hanno me-


no barriere


all’entrata


di Corea,


Giappone


e Taiwan


Al vertice.
Francesco

Tombolini


è presidente
della Camera

dei buyer


Italia (Cbi)
dal novembre

del 2018.


L’associazione
ha oltre

cinquant’anni


di storia


2mila


Brand venduti instore


La varietà spiega anche


il numero di clienti: oltre


500mila nel 2018


1.900


Personale di vendita


L’80% parla correntemente


l’inglese, il 15% il cinese (il


56% dei clienti sono turisti)


56%


Vendite di Pret-a-porter


L’abbigliamento assorbe


più della metà degli


acquisti, le borse il 30%


Verso il Natale.
Orecchini della

collezione Winter
di Swarovski, che

comprende


gioielli di ogni tipo
e per ogni target
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