26 Martedì 12 Novembre 2019 Il Sole 24 Ore
Norme & Tributi
Srl, la quota agli eredi è reddito
di capitale tassato al 26 per cento
RISPOSTA A INTERPELLO
La Dre Emilia Romagna
nega il regime transitorio
per i dividendi qualificati
Il pagamento non configura
una delibera
di distribuzione di utili
Giorgio Gavelli
Ai redditi di capitale percepiti dagli
eredi a seguito della liquidazione del-
la quota del socio deceduto non si ap-
plicano le regole transitorie dettate
per i dividendi destinati a soci con
partecipazioni qualificate, nonostan-
te tali somme siano tassate alla stessa
stregua dei dividendi e la partecipa-
zione del de cuius fosse qualificata. È
questo il principio ricavabile da una
risposta a interpello resa dalla Dre
Emilia-Romagna (protocollo -
/), che si ricollega, per molti
aspetti, alla risposta resa dalla Dre
Lombardia (protocollo -/)
con riferimento agli importi imponi-
bili derivanti dal recesso da socio.
Il caso esaminato dall’Agenzia ri-
guarda il decesso di un socio di Srl ti-
tolare di una quota del %, in pre-
senza di una clausola statutaria che –
in deroga all’articolo , comma
del Codice civile - non consente (sal-
vo diversa volontà assembleare) il su-
bentro degli eredi nella qualità di so-
cio, ma prevede la liquidazione della
quota, sul valore della quale società e
eredi hanno concordato un importo
da versare a rate. Il dubbio riguarda la
tassazione del differenziale tra la
somma ottenuta dagli eredi e il costo
fiscalmente riconosciuto della quota.
In effetti le perplessità sono due: la
prima legata al fatto che l’articolo ,
comma del Tuir non cita la morte
del socio tra i possibili eventi genera-
tori di reddito di capitale in capo agli
eredi – mentre per le società di perso-
ne ciò avviene all’articolo , comma
, lettera l) del Tuir - e la seconda con-
nessa alla possibile applicazione del-
la norma transitoria di cui al comma
dell’articolo della legge /.
Ove, infatti, si qualifichi il differen-
ziale di valore realizzato dagli eredi
come reddito soggetto a una imposi-
zione analoga a quella dei dividendi,
il passo successivo è chiedersi se la
delibera assembleare con cui viene
ratificato l’accordo raggiunto con gli
eredi stessi sulla quota da liquidare a
seguito del decesso possa costituire
quella «delibera di distribuzione di
utili» che – in quanto assunta dal °
gennaio al dicembre –
consente di mantenere agli utili de-
stinati ai possessori di partecipazioni
qualificate il regime di tassazione
previgente, limitatamente a quelli
“prodotti” dalla società entro l’eserci-
zio in corso al dicembre .
La Dre riconduce questa fattis-
pecie a quella del recesso tipico, va-
le a dire l’ipotesi trattata nella cita-
ta risposta ad interpello della Dre
Lombardia.
Richiamando quanto chiarito dal-
le Entrate con circolare /, la Dre
emiliana riconosce natura di reddito
di capitale (e non di reddito diverso)
al differenziale tra somma ricevuta
dagli eredi e costo fiscalmente rico-
nosciuto della partecipazione in capo
al socio defunto, affermazione da cui
consegue implicitamente che, in
questa particolare fattispecie, il valo-
re della quota dichiarato in succes-
sione non assume alcuna rilevanza
(diversamente da quanto previsto al-
l’articolo , comma , Tuir). Ma l’as-
similazione ai dividendi finisce qui,
nel senso che, secondo la risposta
fornita, non risulta applicabile a que-
sta fattispecie la norma transitoria
prevista per i soci qualificati, non po-
tendosi ravvisare nella determina-
zione dell’importo da liquidare una
«delibera di distribuzione di utili».
Alle singole rate versate verrà ap-
plicato il % di ritenuta “secca”, te-
nendo conto del costo fiscalmente ri-
conosciuto dalla partecipazione co-
municato dagli eredi, né più né meno
di quanto accade per le somme ero-
gate ai soci non qualificati (articolo
, comma , Dpr /).
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I PASSAGGI CHIAVE
Il recesso
- Le somme o il valore dei beni
ricevuti dai soci in caso di
recesso, di esclusione, di
riscatto e di riduzione del
capitale esuberante
costituiscono utile per la parte
che eccede il prezzo pagato per
l’acquisto
- Se queste ipotesi si verificano
dal 2018 al 2022 ci si pone il
problema dell’applicazione
della norma transitoria
contenuta al comma 1006
della legge 205/17
- Secondo la Dre Emilia-
Romagna la deroga risulta
inapplicabile a ipotesi quali il
recesso. Ne consegue
l’applicazione, sulla parte
imponibile del provento, della
ritenuta al 26%.
Isa, camera di commercio neutra per l’inizio attività
ADEMPIMENTI
Per l’Amministrazione
bisogna fare riferimento
all’apertura della partita Iva
Lorenzo Pegorin
Gianpaolo Ranocchi
Ai fini Isa l’anno di inizio attività è
quello che fa riferimento alla dichia-
razione comunicata all’amministra-
zione finanziaria (apertura partita
Iva), a nulla rilevando l’effettivo ini-
zio dell’impresa comunicato in Ca-
mera di commercio.
È quanto chiarisce l’agenzia delle
Entrate con la risposta all’interpello
n. di ieri, in relazione ad una so-
cietà (Srls – Società a responsabilità
limitata semplificata) costituita a di-
cembre , ma che, come certifica-
to dalla visura camerale, ha material-
mente iniziato l’attività solo a partire
dal gennaio .
Il contribuente, nel caso in que-
stione, riteneva di rientrare nell’ipo-
tesi riconducibile alla causa di esclu-
sione relativa all’inizio attività nel
periodo (Codice – inizio dell’attività
nel corso del periodo d’imposta),
poiché nel la sua dichiarazione
chiude in pratica a zero (nessun rica-
vo, ma anche nessun costo), e mate-
rialmente solo nel viene dato
corso all’attività.
Del resto, trattandosi di società a
responsabilità limitata semplificata,
lo statuto non avrebbe potuto preve-
dere esercizi sociali che terminassero
oltre il dicembre (ad esempio,
dicembre ) e pertanto il primo
periodo d’imposta (dal dicembre
al dicembre ) si è concluso
di fatto senza alcuna attività.
L’amministrazione finanziaria è
di diverso avviso rispetto al contri-
buente poiché afferma il concetto se-
condo il quale nei modelli Isa ,
quando viene richiesto la compila-
zione del campo «anno inizio attivi-
tà», le relative istruzioni chiariscono
che: «Il dato riguardante l’anno d’ini-
zio attività deve essere fornito facen-
do riferimento alla relativa dichiara-
zione comunicata all’amministra-
zione finanziaria».
Per le Entrate dunque, solo l’anno
d’imposta è quello per cui il
contribuente può dirsi escluso per la
casistica «inizio attività nel perio-
do», mentre nel , ricorrendone
le condizioni, potrebbe eventual-
mente essere dichiarata la causa di
esclusione relativa al non normale
svolgimento dell’attività.
La risposta fornita dall’agenzia,
suscita tuttavia qualche perplessità di
carattere interpretativo. In primo luo-
go, va riferito che, nonostante l’inter-
pello non lo dica espressamente, nei
modelli Isa il dato riguardante l’anno
di inizio attività (posto nel frontespi-
zio del modello) viene richiesto esclu-
sivamente nell’ambito delle profes-
sioni (in pratica solo per gli Isa dei
professionisti), poiché in relazione al-
le attività d’impresa normalmente
questa informazione non trova alcun
riscontro nel modello.
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Cessione d’azienda,
il forfettario paga
sull’avviamento
PLUSVALENZE
Per le Entrate è un valore
che rappresenta la capacità
reddituale prospettica
Se cede l'azienda in costanza di
regime, l'imprenditore forfettario
non assoggetta a tassazione le
plusvalenze derivanti dai singoli
beni componenti l'azienda (né
deduce le minusvalenze) ma deve
assoggettare a tassazione l'avvia-
mento. È questa la (sorprendente)
risposta resa dall'agenzia delle
Entrate con la risposta ad inter-
pello / diffusa ieri.
Un contribuente forfettario ha
ceduto a marzo l'azienda re-
alizzando una plusvalenza deri-
vante anche dal valore di avvia-
mento, per poi chiudere la partita
Iva. Richiamando contenuto del-
la circolare /E/ (e, aggiun-
geremmo, anche della recente ri-
sposta ad interpello /
sulla estromissione dell'immobi-
le strumentale), il contribuente
riteneva di non dover calcolare
alcuna imposizione sulla plusva-
lenza da cessione.
Di diverso avviso l'Agenzia, se-
condo la quale la conclusione del
contribuente è corretta per tutti i
beni e i diritti componenti l'azien-
da tranne che per l'avviamento,
posta che seguirebbe una disci-
plina del tutto peculiare. Secondo
le Entrate, il corrispettivo impu-
tabile all'avviamento non rappre-
senterebbe «un plusvalore relati-
vo a un bene relativo all'impresa
il cui costo non è stato oggetto di
deduzione ai fini fiscali» ma «un
valore rappresentativo della ca-
pacità reddituale prospettica, in
quanto tale riconducibile
nell'ambito dei ricavi». Conse-
guentemente, il contribuente può
scegliere tra l'assoggettamento a
tassazione separata (in presenza
dei requisiti di cui all'articolo ,
comma , lettera g, Tuir) oppure la
concorrenza del corrispettivo alla
determinazione dell'ammontare
dei ricavi percepiti nel periodo
d’imposta , cui applicare il
coefficiente di redditività per de-
terminare il reddito imponibile.
La conclusione sorprende non
poco, in quanto la regola è sempre
stata l'unitarietà della plusvalen-
za da cessione di azienda, che ha
un suo trattamento indipenden-
temente dagli elementi che con-
corrono a formarla.
Infatti, non è possibile distin-
guere, nell'ambito della plusva-
lenza, la quota di ricavo corri-
spondente alla cessione delle ri-
manenze, così come non è possi-
bile applicare la participation
exemption alla quota di plusva-
lenza derivante dalla cessione di
partecipazioni dotate dei requisi-
ti, come chiarito dalla circolare /
E/ (par. .). In tale sede
l'Agenzia affermò che «il corri-
spettivo percepito per la cessione
costituisce un valore riferito
all'azienda intesa come unitario
complesso di beni da cui origina
una plusvalenza che non si può
identificare con quella relativa al-
la cessione delle partecipazioni
che ne fanno parte».
Se è comprensibile il motivo
per cui il caso prospettato ha de-
terminato una simile risposta (il
contribuente nel non ha
esercitato alcuna attività e, pre-
sumibilmente, ha tardato la ces-
sione proprio per fare ingresso
nel forfait), meno giustificabile
è lo stravolgimento di principi
consolidati.
Il comma dell'articolo del
Tuir detta una regola di buon sen-
so che non può essere confinata a
specifici regimi contabili.
—G.Gav.
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