LUCA DONDONI
MONZA
S
ono soddisfatta per
come è andata sino
a oggi ma come giu-
dice di X Factor non
ho fatto altro che in-
terpretare me stes-
sa. Zero maschere, zero atteg-
giamenti per comportarmi di-
versamente da come sono. Di-
cono che questa attitudine sia
passata attraverso il telescher-
mo e ne sono felice. Quello che
dico ai ragazzi è quello che di-
rei a chiunque mi chiedesse un
suggerimento su come si fa la
professione del cantante. Non
faccio sconti a me stessa, figu-
riamoci se posso farne agli al-
tri e soprattutto a chi sta per co-
minciare o almeno sogna di co-
minciare una carriera».
Malika Ayane è il vero «fatto-
re X» dell’X Factor di quest’an-
no, sebbene Mara Maionchi
faccia il suo. Sfera Ebbasta pa-
re acerbo e lo è di fatto, mentre
Samuel ha sempre l’aria di chi
si chiede: «Ma che cosa ci sono
venuto a fare?». Della forza
della Malikessa (il suo sopran-
nome) si sono accorti anche i
telespettatori, che hanno com-
mentato sui social i Boot Camp
o le Home Visit. «Con il produt-
tore Roberto Vernetti che mi
sta dando una mano, abbiamo
identificato gli Under Uomini
che possono avere un futuro -
dice -. Le critiche negative? Mi
scivolano addosso, me ne di-
mentico presto perchè lavoro
per il bene di Davide Rossi, En-
rico Di Lauro e Lorenzo Rinal-
di, i miei tre moschettieri».
Malika passa buona parte
dell’anno a Berlino e quest’an-
no la scelta delle squadre da
parte dei giudici/coach si è
svolta proprio lì: «Per cinque
giorni ho messo i miei tre ra-
gazzi in contatto con alcuni
dei musicisti del collettivo Jaz-
zanova che adoro. Tutti hanno
suonato con tutti e chi aveva
più esperienza ha aiutato i più
giovani, li hanno consigliati
per il meglio, li hanno fatti di-
ventare una squadra. È stato
bellissimo». Rifarà X Factor
l’anno prossimo? «Se me lo ri-
chiedessero accetterei subito.
L’ho detto, sono felice per co-
me sta andando».
La nuova casa del serale live
di X Factor 13 è l’ X Factor Do-
me di Monza, a due passi dallo
stadio dove gioca la squadra di
calcio della cittadina alle porte
di Milano. Il palco - lo vedrete
già da domani sera quando ini-
zieranno le dirette che porte-
ranno alla finale del 13 dicem-
bre - è enorme e carico di tecno-
logia. Alessandro Cattelan sa-
rà ancora una volta il maestro
di cerimonie, oltre che produt-
tore creativo, mentre Mika e
Coez saranno gli ospiti del pri-
mo live. «Nessuno degli ospiti
- tiene a dire direttore artistico
Simone Ferrari - verrà solo a fa-
re promozione al nuovo disco.
A noi interessa l’interazione, il
coinvolgimento». Interessan-
te la scelta di far condurre l’Ex-
tra Factor ad Achille Lauro e al-
la simpatica attrice Pilar Fo-
gliati mentre la giovanissima
Luna Melis, finalista dell’anno
scorso, condurrà il daily. —
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Quando un testo teatra-
le continua ad essere ri-
proposto a 40 anni dal
debutto possiamo definirlo, or-
mai, un classico. E come classi-
co, Rumori fuori scena si inseri-
sce in due tradizioni. La prima è
quella del teatro che ironizza o ri-
flette su se stesso, da Shakespea-
re e Corneille fino a Pirandello e
David Mamet. L’altra tradizione
è quella inglese della farsa mec-
canica alla Feydeau, il cui massi-
mo cultore fu, negli Anni 20,
Ben Travers al Savoy Theatre.
Meno geometrica e un po’ più
sgangherata degli archetipi fran-
cesi, rivolta a un pubblico meno
esigente di quello della grande
commedia salottiera alla Noel
Coward, fiorì nel clima spensie-
rato tra le due guerre, poi decad-
de. Recuperandola, l’estroso Mi-
chael Frayn si diverte ad alzare
continuamente l’asticella. Nel
prim’atto una compagnia pro-
va un testo comico. Ma è in ritar-
do, gli attori faticano a coordi-
narsi, come il regista la fa a im-
porsi, il nervosismo dilaga. Co-
me di prammatica nella farsa (e
nel giallo), i numerosi perso-
naggi sono monodimensionali
- il seduttore, l’alcolizzato, la
sciocchina e via dicendo. Quel-
lo che conta è l’organizzazione
di equivoci, entrate e uscite,
sempre attraverso un bel nume-
ro di porte. Questo atto funzio-
na così bene, in un crescendo di
ilarità, che al sipario ci si doman-
da come l’autore riuscirà a con-
tinuarlo senza ripetersi. Ed ec-
co la sorpresa. Stavolta non
un’altra prova, ma una non me-
no sciagurata esecuzione dello
stesso lavoro, ora vista da die-
tro la scena. Gli attori sono tra-
volti dai loro problemi e la reci-
ta procede per inerzia, regalan-
do a noi pubblico il gusto mali-
gno di spiare la loro crisi insie-
me ai loro vani sforzi di nascon-
derla ai loro spettatori. Altra
acrobazia, dunque; terminata
la quale ci si potrebbe forse an-
che fermare, ma Frayn aggiun-
ge un terz’atto conclusivo or-
mai in chiave quasi surreale,
una ultima replica in cui tutti so-
no rassegnati a un disastro ine-
sorabile. Certo, ci vuole una ese-
cuzione impeccabile e piena di
energia, da parte di un gruppo
di soldatini obbedienti al servi-
zio del collettivo. La regia di Va-
lerio Binasco, scrupolosamente
filologica, la ottiene. —
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TIZIANA PLATZER
TORINO
M
a come si fa a far-
si venire in men-
te tanto ghiac-
cio, una distesa
infinita di fred-
do così lumino-
so? Sorride mentre dondola
un po’ la testa Steve Gold-
berg e ha l’espressione di chi
non voglia prendersi tutto il
merito: «Era davvero trop-
po? State tranquilli che nel
secondo ce ne sarà meno».
Et voilà, Frozen 2 - Il segreto
del regno di Arendelle, in usci-
ta tra un mese, sarà meno re-
frigerante del primo cartoon
Disney ispirato alla favola di
Andersen e passato sui gran-
di schermi nel 2013, che val-
se al direttore degli effetti spe-
ciali l’Oscar. Quindi se lo dice
lui è verità assoluta: «La sto-
ria questa volta è girata in au-
tunno e non inverno - prose-
gue Goldberg, ospite al View
Fest, il festival dell’animazio-
ne, della grafica digitale e del-
la realtà virtuale che si sta te-
nendo alle Ogr a Torino e do-
ve venerdì ci sarà l’anteprima
di dieci minuti di Frozen 2 - Ci
siamo resi conto di quanto fos-
se complicato rendere in mo-
do perfetto una foresta autun-
nale, abbiamo messo tutta la
nostra attenzione sulle fo-
glie, sui licheni, sulle sfumatu-
re cromatiche. Un grande im-
piego tecnologico». Per ren-
dere fiabescamente reale la
nuova avventura che coinvol-
ge le due principessine del re-
gno scandinavo, Elsa e Anna,
l’amico Kristoff, la renna
Sven e il pupazzo di neve
Olaf: tutti alla ricerca di nuo-
vi poteri magici nella foresta,
guidati da una voce angelica
che solo Elsa sente. «Nel trai-
ler che sta circolando si vede
la principessa dai capelli rossi
cercare di superare il mare -
racconta Goldberg, alla dire-
zione degli effetti anche dei
film Aladdin e Rapunzel - Ma
non ce la fa nemmeno crean-
do il ghiaccio, che si sgretola.
Allora si immerge nell’acqua
e incontra i cavallucci marini,
i Nokka: una sequenza di cui
sono molto orgoglioso».
Come lo è del primo Fro-
zen, nel suo ruolo che vive al
fianco del regista. «Il mio lavo-
ro comincia due anni e mezzo
prima dell’uscita del film - pro-
segue - e volendolo riassume-
re è la capacità di entrare nel-
la testa del produttore e del re-
gista». Perché sono loro che
guidano le richieste della sto-
ria e della carica emotiva dei
personaggi, ma l’attuazione
sta nella crew produttiva.
«Un risultato conquistato da
un gran lavoro di squadra,
tanto che io ho un secondo la-
voro: mettere insieme tutti i
capi dipartimento, i direttori
delle luci e delle riprese, i re-
sponsabili dei personaggi, de-
gli ambienti, dell’animazione
e degli effetti. Questo ha fatto
la forza del film, e sarà così an-
che nel sequel, perchè alla Di-
sney ci sono grandi talenti del
3D e in contemporanea esiste
l’idea che non si vuole rincor-
rere la realtà: il bosco, ad
esempio, non è inventato ma
non è nemmeno super-vero
come la foresta del Re Leone».
Ma si può star sicuri che in
questa seconda puntata gli ef-
fetti saranno esplosivi: «La
storia oramai esisteva, si è
trattato di pensare a una nuo-
va avventura. E io dico che ci
sono idee anche per un Fro-
zen numero tre». —
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FULVIA CAPRARA
ROMA
D
ice di non conosce-
re rimpianti, nean-
che quello di aver ri-
fiutato il ruolo da
protagonista in
American Gigolo, Uf-
ficiale e gentiluomo, Chicago. E’
grato ai suoi fan per aver ricevu-
to sempre «sostegno e affetto»
e, non a caso, sul tappeto rosso,
si ferma ad ogni richiamo, pron-
to a selfie e foto di gruppo. Si
considera fortunato per aver
avuto la libertà di scegliere cosa
voleva essere: «Sono stato la
musa di tanti autori, sono entra-
to nel loro immaginario, ho de-
ciso io di diventare interprete e
non creatore». Sorride e ripete
«grazie» agli applausi, quasi si
commuove guardando la pla-
tea che ondeggia seguendo i
passi di Grease e della Febbre del
sabato sera. Eppure, negli occhi
blu di John Travolta, che, ieri al-
la Festa di Roma ha ricevuto il
Premio Speciale ed è stato pro-
tagonista di un effervescente In-
contro ravvicinato con il pubbli-
co, si legge una consapevolezza
inevitabile. Il meglio è andato,
ora non c’è che da sperare in
un’ennesima rinascita, magari
simile a quella di Pulp Fiction:
«Il viaggio con Quentin Taranti-
no è stato particolarmente inte-
ressante, ho subito capito che i
suoi consigli erano corretti e so-
fisticati. Diceva di non saper be-
ne cosa stesse facendo, ma io
sentivo che sarebbe venuta fuo-
ri una cosa intelligente. E poi
con lui si è stabilita una corrente
di naturale simpatia». Alla Fe-
sta, dove è arrivato guidando il
suo aereo privato, Travolta pre-
senta The fanatic di Fred Durst,
in cui interpreta un fan che per-
seguita il divo preferito. In Usa
la pellicola non è stata accolta
bene, ma non importa: «I miei
genitori mi hanno insegnato ad
avere fiducia in me stesso e a
creare i personaggi con cura, co-
me cucinare un piatto».
Il successo della Febbre del sa-
bato sera è stato un tornado
arrivato nella sua vita molto
presto. Come lo ha vissuto?
«Credo che le persone siano fat-
te di una certa stoffa, vengo da
una famiglia di artisti, mia ma-
dre era attrice e regista, mia so-
rella recitava, mi hanno inculca-
to il senso dello spettacolo. Da
piccolo mi hanno fatto vedere i
film di Fellini, quelli con la Lo-
ren, volevo diventare come lo-
ro. In qualche modo ero prepa-
rato, così, dopoLa febbre del sa-
bato sera, mi sono chiesto cosa
avrei potuto fare per sfruttareil
successo e andare avanti».
Quali sono le altre tappe fon-
damentali della sua carriera?
«I tre film memorabili sono ap-
puntoLa febbre del sabato sera,
GreaseePulp Fiction. Le nostre
esistenze sono come mosaici
composti da vari tasselli che,
messi insieme, danno la sensa-
zione di aver fatto qualcosa che
resta, senza tempo. Sono orgo-
glioso di tutto questo».
Le piace ancora ballare?
«Certo, ballare è sempre diver-
tente, se avete un momento li-
bero, andate a vedere un video
che ho fatto con il rapper Ar-
mando Perez "Pitbull". Ballo il
tango, oggi Tony Manero sa-
rebbe un "tanghero"».
Come mai ha rifiutato un mu-
sical come Chicago?
«Me lo hanno chiesto 3 volte,
ma avevo visto lo spettacolo a
teatro e mi era sembrato che,
nella storia, le donne odiassero
i maschi. Sono cresciuto in un’e-
poca diversa, in cui le attrici li
amavano. Ho pensato che non
mi sarei trovato bene in quel
contesto, poi, invece, ho visto il
film e ho capito che era diverso
dalla versione teatrale».
Nei Colori della vittoria di Mi-
ke Nichols era il Presidente
Clinton, come si è trovato in
quel ruolo?
«Non sapevo assolutamente
nulla di come funzionasse il go-
verno , mi sono messo a studia-
re le regole con cui si esercita il
potere. Mi è capitato di incontra-
re Clinton, è stato molto genti-
le, come tutti i politici sa accetta-
re i diversi punti di vista».
Ha origini italiane, che rap-
porto ha con il nostro Paese?
«Mio nonno è arrivato in Ame-
rica dalla Sicilia nel 1902 e
mia nonna 4 anni dopo. Sono
stato in Sicilia a cercare i miei
parenti, ma non ho trovato nes-
suno col mio cognome, forse
l’unico è a Messina, ci andrò».
Quali sono i suoi miti?
«Ce ne sono tanti, James Ca-
gney, perchè sapeva cantare,
ballare, far ridere, Marlon Bran-
do, che era anche un mio gran-
de amico, Bertolucci, un regista
fantastico, la Loren... d’altra par-
te chi potrebbe non adorarla? E
poi Fellini, vedendoLa strada
da bambino ho imparato una co-
sa importante. Alla fine Giuliet-
ta Masina moriva, chiesi a mio
padre perchè. Lui mi disse che
era morta perchè qualcuno l’a-
veva fatta soffrire. In quel mo-
mento ho deciso che nella mia
vita avrei fatto di tutto per non
far provare mai a nessuno quel
sentimento». —
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Elsa e Anna in Frozen 2
La nuova casa del serale live di X Factor 13 è a Monza
JOHN TRAVOLTA
ATTORE
- Travolta in «The fanatic» di Fred Durst. 2. John Travolta nel 1977 con
la sua interpretazione del giovane e ambizioso ballerino de «La febbre
del sabato sera». 3. La scena di ballo memorabile in «Pulp Fiction» di
Quentin Tarantino con Uma Thurman nel 1994
Alla Festa di Roma con “THE FANATIC” di Fred Durst: “Curo i ruoli con attenzione come se cucinassi una ricetta ”
Travolta, la febbre del cinema
“Non ho rimpianti, amo questo mestiere
Successi o flop, l’importante è ballare”
Per Binasco
impeccabili
“Rumori” pieni
di energia
MASOLINO D’AMICO
TEATRO & TEATRO
Rumori fuori scena
Una Tosca agile e generosa
che non tradisce Puccini
PAOLO GALLARATI
Con una certa sufficienza si dirà che è
«tradizionale» la Tosca al Teatro Re-
gio. Più esattamente la definirei filo-
logica, perché la cosiddetta tradizione è sino-
nimo di luogo comune, mentre le bellissime
scene e costumi di Francesco Zito sono scru-
polose, raffinate e di gusto elevato: non repli-
cano la moda del passato ma ricostruiscono
la chiesa di Sant’Andrea della Valle, Palazzo
Farnese e la terrazza di Castel Sant’Angelo
con pungente verità e sobria eleganza. Inol-
tre, Tosca, Cavaradossi, Scarpia, sono loro,
inconfondibili, già solo per i costumi. Sicco-
me cantano bene e si muovono in modo natu-
rale nella regia di Mario Pontiggia, appaiono
vivi, come lo Scarpia del gigantesco Ambro-
gio Maestri, un baritono che lavora prima di
tutto sulla parola, la Tosca di Anna Pirozzi,
generosa nell’impegno vocale e scenico, il
Cavaradossi di Marcelo Álvarez, anche lui ca-
pace di squilli e generosi slanci emotivi: tre
voci ben educate e, soprattutto, nemiche
dell’enfasi melodrammatica, il che fa bene
all’espressione e alla verità. Così questa To-
sca è agile, al riparo da eccessi veristi, prote-
sa nella direzione netta e infallibile della
drammaturgia di Puccini. Merito anche del
direttore Lorenzo Passerini, che conduce l’or-
chestra e il coro del Regio con chiarezza, ela-
sticità e trasparenza. Un allestimento felice,
che ci riconcilia con un capolavoro troppe
volte deformato da esecuzioni circensi.
MARCO CONSOLI
Vedendo ”La strada”
da bambino ho deciso
che nella vita avrei
fatto di tutto per non
far soffrire gli altri
AL VIEW FEST DI TORINO ANTEPRIMA DELL’ATTESISSIMO SEQUEL DELLA FIABA DISNEY
Steve Goldberg, il mago dietro “Frozen 2”
“Elsa e Anna avranno un po’ meno freddo”
“MILITARY WIVES”
Il segreto
di un buon film
per Cattaneo è
cantare in coro
L’Extra Factor
condotto da Achille
Lauro e Pilar Fogliati,
il daily da Luna Melis
INTERVISTA
3
2
1
A 22 anni dal ciclone Full
Monty, diventato una delle
commedie più profittevoli
della storia del cinema, il re-
gista Peter Cattaneo potreb-
be fare il bis dopo una serie
di film anonimi: Military Wi-
ves oggi alla Festa racconta
infatti la storia vera di un
gruppo di mogli di soldati al
fronte in Afghanistan che or-
ganizzano un coro. «Il cast è
tutto femminile - ha detto il
regista a Toronto - ma alla ba-
se c’è la stessa idea di Full
Monty: un gruppo di perso-
ne che trova nuovo significa-
to nella vita esibendosi in
pubblico. Ero incerto se ac-
cettare proprio per la somi-
glianza e anche perchè non
volevo fare uno di quei film
troppo patriottici che piac-
ciono tanto ai nazionalisti».
Il film si concentra sulla vita
quotidiana di queste mogli
(tra cui Kristin Scott Tho-
mas) che «hanno i piedi per
terra e un umorismo piutto-
sto rude. Non sono certo fra-
gili e in attesa del ritorno del
marito, sanno risolvere da
sole ogni problema quotidia-
no, compresi lavori da elet-
tricista o idraulico che certi
uomini non saprebbero af-
frontare».
Cattaneo confessa di avere
imparato molto dal cast:
«Ho cercato soprattutto di
rappresentare la complicità
tra donne. Mi ha sorpreso la
capacità delle attrici di lavo-
rare insieme in totale armo-
nia». Il canto ha rappresenta-
to un ulteriore collante:
«Cantare insieme ha creato
un fantastico spirito di grup-
po. Anzi, mi sono convinto
che bisognerebbe iniziare le
riprese di qualunque film
con un paio di giorni di co-
ro». La scelta delle musiche
era cruciale, «la vera sorpre-
sa è stata quando Robbie Wil-
liams, si è offerto di realizza-
re il brano finale». Che rega-
la alle mogli dei militari la
standing ovation. —
MALIKA AYANE DOMANI SERA SU SKY
“Non mi faccio sconti
non ne farò neanche
ai ragazzi di X Factor”