La Stampa - 23.10.2019

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UN INTERVENTO DEL FILOSOFO DI RIFERIMENTO DELLA SINISTRA STATUNINTESE, IN QUESTI GIORNI NEL NOSTRO PAESE


Michael Walzer


L’occasione perduta della socialdemocrazia


Senza lotta di classe si condanna al declino


Da oggi a sabato
a Forlì
per il “900fest”

Una manifestazione di protesta di lavoratori metalmeccanici a Schweinfurt in Baviera


L’emergenza ambientale pone problemi che solo
i partiti di ispirazione socialdemocratica
potrebbero affrontare. Se non fossero così deboli

Michael Walzer (New York,
1935), filosofo della politica,
docente all’Institute for Ad-
vanced Study di Princeton, è
uno dei pensatori di riferimen-
to della sinistra americana,
storico redattore capo della ri-
vista Dissent e collaboratore
di The New Republic. In questi
giorni è in Italia ospite di
«900fest», il festival di storia
del Novecento in programma
da oggi a sabato a Forlì, incen-
trato sul tema «La socialdemo-
crazia è morta? Democrazia,
welfare, lavoro». Tra i parteci-
panti Sheri Berman, Stefano
Levi Della Torre, Giorgio Ben-
venuto, Bruno Manghi, Mi-
chael Rustin, Gregor Fitzi, Val-
do Spini, Nadia Urbinati, Bru-
no Settis, Michael Kazin. Wal-
zer interviene nella giornata
inaugurale e in quella di chiu-
sura. Programma completo
su https://900fest.com

MICHAEL WALZER


L


a socialdemocra-
zia, intendo la ve-
ra, vecchia social-
democrazia, è la
politica necessaria
al nostro tempo. È
l’unica che può forgiare
un’alleanza di lavoratori e
professionisti, uomini e
donne, giovani e vecchi,
per affrontare l’incombente
disastro del cambiamento
climatico. I populisti e i na-
zionalisti di destra non so-
no in grado di affrontare la
grande crisi, la questione
centrale, del XXI secolo, an-
zi si rifiutano di prenderla
in considerazione. I liberali
istituzionali non vedono
più in là del libero mercato,
che non ha rimedi per il ri-
scaldamento globale.
I Verdi sanno cosa biso-

gna fare, ma non hanno gli
obiettivi sociali ed econo-
mici che porteranno i lavo-
ratori a sostenere le loro po-
litiche. Solo i socialdemo-
cratici possono farlo. Ciò
che negli Stati Uniti chia-
miamo il «green new deal»
è un esempio della politica
di cui abbiamo bisogno: un
programma socialdemocra-
tico volto a ridurre radical-
mente le emissioni di carbo-
nio, creando al contempo
nuovi posti di lavoro e rico-
struendo lo Stato sociale.
Questa è la formula che i
tempi richiedono.
Allora perché la socialde-
mocrazia è così debole in Eu-
ropa? Perché Donald
Trump è presidente degli
Stati Uniti?
Non credo nelle spiegazio-
ni semplicistiche; qualsiasi

risposta esauriente a queste
domande deve tenere conto
di molti fattori. Ma una su
tutte spicca: negli ultimi
quattro o cinque decenni, i
partiti e i politici socialde-
mocratici hanno abbando-
nato la politica socialdemo-
cratica. Negli Stati Uniti, i li-
beral del New Deal (la no-
stra modesta versione dei
socialdemocratici) l’hanno

dimenticato. Non sono riu-
sciti ad ascoltare e prender-
si cura della gente apparte-
nente alla loro circoscrizio-
ne naturale: uomini e don-
ne della classe operaia resi
d’un tratto vulnerabili da
un’economia in rapido
cambiamento. Hanno com-
battuto alcune battaglie im-

portanti - contro il razzi-
smo, per esempio, e per l’u-
guaglianza di genere e i di-
ritti degli omosessuali. Ma
senza collegare queste pre-
se di posizione alla vecchia
lotta di classe.
Il declino dei sindacati è
un segno chiave del falli-
mento socialdemocratico.
Ha ovviamente cause eco-
nomiche e tecnologiche:
deindustrializzazione e au-
tomazione. Ma ha anche
cause politiche. C’è stata
un’efficace campagna cor-
porativa e di destra contro i
sindacati esistenti e contro
la sindacalizzazione nell’in-
dustria dei servizi, una cam-
pagna aiutata e favorita
dall’ideologia economica
chiamata «neoliberismo». I
socialdemocratici e i libera-
li americani non sono riusci-
ti a opporsi a questa ideolo-
gia; l’hanno invece adotta-
ta, hanno governato, quan-
do ne hanno avuto modo,
secondo le sue regole. Han-
no stipulato accordi com-

merciali che non protegge-
vano i lavoratori; hanno as-
sistito senza agire all’erosio-
ne dello Stato sociale; e si
sono rifiutati di usare il po-
tere statale per promuove-
re il sindacalismo.
Conosco molto bene la
parte americana di questa
storia, quindi è meglio che
mi limti a questa. Ma non
penso che la storia europea

differisca in modo significa-
tivo. Qui negli Stati Uniti, l’e-
conomia neoliberista e le po-
litiche che l’hanno accompa-
gnata hanno prodotto una
nuova e vulnerabile classe
di lavoratori - i «precari».
Hanno per lo più un posto di
lavoro, ma sono i nuovi lavo-
ri dell’era post-industriale;

spesso part-time, insicuri,
con bassi salari e senza bene-
fit. I lavoratori intrappolati
in occupazioni come queste
ora costituiscono una classe
di uomini e donne arrabbia-
ti e pieni di risentimento
che sentono, giustamente,
di essere stati abbandonati
dai politici che affermano di
essere i loro protettori.
Ma questi politici, i demo-
cratici negli Stati Uniti (i la-
buristi, i socialisti, i demo-
cratici di sinistra e i socialde-
mocratici in Europa), non so-
no diventati di destra. Sono i
campioni, come ho già det-
to, delle minoranze razziali
e sessuali e supportano il
femminismo, che è il movi-
mento sociale di maggior
successo degli ultimi decen-
ni. Sono focalizzati su quelli
che vengono chiamati pro-
blemi «sociali» e su questi te-
mi sono buoni egualitari.
Hanno messo a segno vitto-
rie, sempre a metà, ma co-
munque vittorie: oggi gli Sta-
ti Uniti sono un posto miglio-

re per i neri americani; le
donne sono molto più pre-
senti nelle professioni, nella
gestione aziendale e in politi-
ca; il matrimonio gay è am-
piamente accettato. Tutto
ciò ha richiesto un duro lavo-
ro da parte dei militanti del
movimento, ma ora è la poli-
tica del Partito democratico.
Eppure, negli anni in cui
venivano vinte quelle batta-
glie, gli Stati Uniti sono di-
ventati una società sempre
più diseguale. Sembra che il
capitalismo abbia la capaci-
tà di accogliere i neri e le
donne a tutti i livelli delle ge-
rarchie - e di rimanere tale.
Chi governa l’economia og-
gi pratica meno la discrimi-
nazione, ma non meno lo
sfruttamento. In effetti, le
gerarchie sono diventate
meno accessibili e gli uomi-
ni e le donne alla base della
piramide, che patiscono di
più la nuova disuguaglian-
za, sono i precari. Molti so-
no neri, molte sono donne,
ma non sono i neri o le don-

ne che hanno beneficiato
delle vittorie dei movimenti
sociali. Sono quelli che sono
stati lasciati indietro. I neri
americani sono rimasti fede-
li ai democratici nel 2016,
ma molte donne bianche, in-
sieme con i loro mariti, han-
no votato per Donald
Trump. Un fenomeno parti-

colarmente evidente nelle
aree rurali povere e nelle cit-
tà post-industriali, la «Rust
Belt» del Middle West.
Oggi negli Stati Uniti i mili-
tanti liberali e di sinistra di-
scutono se il focus della loro
politica debba essere la
«identità» (che è una como-
da sintesi per tutte le questio-
ni sociali) o la classe. Ma è
una scelta impossibile. La si-
nistra non può rinunciare al-
la lotta per l’uguaglianza raz-
ziale e di genere - o, in que-
sto momento, per l’inclusio-
ne degli immigrati - ma de-
ve, allo stesso tempo, ritor-
nare alla politica che ha ab-
bandonato, la politica di
classe. C’è una storia a cui fa-
re riferimento, le politiche
redistributive del New Deal
americano negli anni Trenta
e la socialdemocrazia euro-
pea negli anni successivi alla
Seconda guerra mondiale.
Il ritorno alla politica di
quegli anni non dev’esserne
una mera ripetizione. Po-
trebbe mirare, ad esempio,
a una versione più parteci-
pativa e meno burocratica
dello Stato sociale. Ma nes-
suno dovrebbe baloccarsi

con l’idea di «trascenderlo».
I socialdemocratici hanno ri-
conosciuto da tempo che lo
Stato è l’unica agenzia attra-
verso la quale una democra-
zia può agire efficacemente
per il benessere del popolo,
e ora del pianeta. Alcuni
candidati presidenziali de-
mocratici negli Stati Uniti
difendono una politica di
questo tipo. Sono buoni so-
cialdemocratici, anche se lo-
ro, per la maggior parte,
non si definirebbero così.
Certo oggi è diventato tut-
to più difficile. Affrontare i
cambiamenti climatici e al-
lo stesso tempo migliorare
la vita quotidiana è forse
possibile nei Paesi più ricchi
del Nord; non è chiaro se lo
sia nell’economia globale. I
socialdemocratici negli Sta-
ti Uniti e in Europa occiden-
tale potrebbero trovarsi a
dover chiedere ai loro con-
cittadini di fare dei sacrifici
per il bene della giustizia
globale e di una terra abita-
bile. Ed è una richiesta mol-
to difficile da fare, partico-
larmente difficile dal mo-
mento che i politici populi-
sti dicono alla gente che non
sono necessari sacrifici (e se
lo sono, dovrebbe farli qual-
cun’altro). Solo i leader poli-
tici capaci di garantire che i
sacrifici saranno condivisi
equamente avranno la possi-
bilità di convincere le perso-
ne ad accettarli.
Quindi sfidare le gerar-
chie esistenti e riportare gli
uomini e le donne in condi-
zioni di vulnerabilità all’in-
terno di uno Stato assisten-
ziale egualitario sono le ca-
ratteristiche fondamentali
di qualsiasi programma se-
rio per la sicurezza e la soste-
nibilità ambientale. I social-
democratici dovranno riven-
dicare il loro passato, torna-
re ai loro primi principi, se
vogliono proteggere il no-
stro futuro. —
Traduzione di Carla Reschia
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

C’è una storia a cui
fare riferimento:
il New Deal americano
degli anni Trenta

CATERINA SOFFICI


L


a scrittrice di lin-
gua spagnola più
letta al mondo (22
romanzi, tradotta
in 35 lingue, 67 mi-
lioni di copie) è
una pasionaria della vita e
della scrittura. A settantaset-
te anni, energizzata dal re-
cente terzo matrimonio, la ci-
lena naturalizzata america-
na Isabel Allende arriva in li-
breria con Lungo petalo di
mare (Feltrinelli, pp. 352, €
19,50), un nuovo romanzo
che affonda le radici nella
Storia ma non potrebbe es-
sere più attuale: quella tra
Roser e Victor è qualcosa di
più di una storia d’amore.
Sullo sfondo rifugiati politi-
ci, esilio, migrazioni, identi-
tà, diversità e appartenen-
za. La stessa Isabel Allende,
nipote del presidente socia-
lista Salvador destituito dal
colpo di stato di Pinochet,
fu costretta all’esilio.
Perché il libro inizia con la
guerra civile spagnola?
«Avevo sentito della vicenda
dei rifugiati del Winnipeg
che Pablo Neruda portò in Ci-
le nel 1939, ma è solo ora,
quando la condizione di mi-
lioni di rifugiati è diventata
parte della coscienza colletti-
va, che ho sentito il bisogno
di scriverla. Per spiegare per-
ché quelle persone doveva-
no fuggire dall’Europa, ho do-
vuto parlare della guerra civi-
le in Spagna».
Lei parte da Franco e arriva
a Pinochet. Questo «demo-
nio chiamato fascismo» co-
me lei lo definisce, può tor-
nare?
«Il fascismo è sempre presen-
te nel mondo, prende forme
diverse: nazionalismo, auto-
ritarismo, razzismo, xenofo-
bia, misoginia ed esclusione
di chiunque non sia d'accor-
do. Crea uno stato di repres-
sione e paura. Dopo la Se-
conda Guerra Mondiale, il
fascismo è stato universal-
mente condannato, ma ciò
non significa che sia scom-
parso. È stato semplicemen-
te messo sotto controllo in
quei paesi che danno valore
alla democrazia. Certo, po-
trebbe tornare. Oggi ne ve-
diamo chiari segni».

In Cile sono tornati i carri ar-
mati per le strade, come in
quegli anni.
«Sebbene il paese sembri pro-
spero, la distribuzione della
ricchezza è spaventosa. Le
persone vivono di credito o
in condizioni di povertà. Il
neoliberismo, la cui unica
preoccupazione è il profitto,
ha creato prosperità nelle sta-
tistiche, ma è un sistema cru-
dele per i lavoratori. Ha con-
centrato la ricchezza in po-
che mani. In Cile quasi tutto
è stato privatizzato: elettrici-
tà, acqua, gas, sanità, traspor-
ti, istruzione, pensioni, ecc.
Anche le foreste sono state
vendute a scopo di lucro. La
disuguaglianza crea violen-
za. Tutte le rivoluzioni inizia-
no con la disuguaglianza.
Ascolta le persone!»
Pablo Neruda ha descritto il
Cile come «un lungo petalo
di mare, vino e neve», da cui
il titolo. Ogni capitolo si

apre con un suo verso.
«Questo libro non sarebbe
stato possibile senza Pablo
Neruda: ebbe l'idea di porta-
re i rifugiati repubblicani in
Cile, ha personalmente con-
vinto il presidente cileno ad
accettarli e riuscì a trovare i
soldi. Disse che forse la sua
poesia sarebbe stata dimen-
ticata, ma il poema del Win-
nipeg sarebbe sempre stato
ricordato».
L’ha mai incontrato di perso-
na?
«Sì, in Cile nel 1973, poco pri-
ma del colpo di Stato. Neru-
da morì undici giorni dopo. È
stato detto che è stato avvele-
nato da Pinochet ma forse è
morto di cuore spezzato...»
Il libro è dedicato ai «navi-
ganti della speranza». Chi
sono?
«Sono i rifugiati del Winni-
peg nel romanzo, ma rappre-
sentano anche i migranti e i
rifugiati che vagano per il

mondo oggi. Stanno scap-
pando per le loro vite, sono
disperati e sperano di trova-
re un posto nel mondo in cui
possano essere al sicuro».
Il suo è un libro molto politi-
co. Tocca temi molto attua-
li, ma anche senza tempo...
«Sì, sfortunatamente la tra-
gedia di 500 mila rifugiati
spagnoli nel 1939 oggi si è
moltiplicata. Ci sono oltre
60 milioni di rifugiati nel
mondo, principalmente don-
ne e bambini. Tutti conosco-
no la difficile situazione dei
migranti siriani e africani in
Europa. Negli Stati Uniti ci
sono migliaia di richiedenti
asilo al confine meridionale.
Stanno fuggendo dall'estre-
ma violenza e povertà nell'A-
merica centrale, principal-
mente in Honduras, Guate-
mala e Salvador, paesi con
governi falliti in cui il crimi-
ne, i traffici illeciti e la corru-
zione dilagano. Queste per-
sone vivono in condizioni or-
ribili. I bambini sono stati se-
parati dai genitori e messi in
gabbia. Le famiglie sono di-
strutte. È una situazione ver-
gognosa che Trump usa co-
me propaganda. La storia
giudicherà duramente gli
americani per questo».
Victor Pey, il giornalista che
ispira il personaggio princi-
pale, era amico di suo zio
Salvador Allende. Ci raccon-
ta come?
«Víctor conobbe Salvador Al-
lende molto prima che diven-
tasse presidente, giocavano
a scacchi insieme, proprio co-
me nel libro. Allende aveva
molti amici tra i rifugiati del
Winnipeg. Molti dei quali
erano intellettuali e artisti».
Ancora il Cile e Allende: la
sua morte ha cambiato non
solo la sua vita ma anche
quella di milioni di cileni.
Lei fu costretta all’esilio. È
questo il prezzo da pagare
per la libertà?
«A volte l'esilio è il prezzo del-
la libertà, ma più spesso è il
prezzo della sicurezza,
nient'altro. Le persone stan-
no scappando dalla morte. È
stato così in America Latina.
Durante i decenni degli anni
'70 e '80 molti paesi del conti-
nente hanno subito colpi di
stato militari, dittatura e bru-
tale repressione. Milioni di
persone sono state sfollate. E
questo è il caso oggi in Siria».
Nel Cile machista in cui lei è
cresciuta e che racconta, i
suoi personaggi femminili
sono sempre donne forti e
piene di speranza. Ha senso
definirsi femminista oggi?
«Certo. Le mie donne sono
molto forti proprio perché de-
vono sopravvivere in un pa-
triarcato. Le donne devono
essere sempre vigili per difen-
dere i diritti acquisiti e devo-
no lavorare insieme per sosti-
tuire il patriarcato con una ci-
viltà in cui donne e uomini
condividano la gestione del
mondo in parità. Solo così
possiamo sperare in pace e
prosperità per tutti, non solo
i privilegiati». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

ISABEL ALLENDE
SCRITTRICE CILENA

I lavoratori precari
si sentono abbandonati
dai politici che dicono
di proteggerli

INTERVISTA


In Cile la situazione è
esplosiva, c’è troppa
disugaglianza, anche
le foreste sono state
vendute ai privati

Ha combattuto battaglie
civili importanti
ma non sa più ascoltare
la sua gente

A Milano e Torino


Incontri con l’autrice


Il fascismo è sempre
presente nel mondo.
Prende forme
diverse: razzismo,
xenofobia, misoginia

ISABEL ALLENDE arriva in Italia per presentare il nuovo romanzo “Lungo petalo di mare”
Tra i protagonisti il poeta spagnolo che condusse nel 1939 un gruppo di esuli repubblicani in Cile

“I miei profughi di Neruda


parlano al mondo crudele di oggi”


AP


I liberal Usa non si sono
opposti al liberismo
e anzi hanno governato
secondo le sue regole Isabel Allende incontra i suoi letto-
ri a Milano e Torino, domani e do-
podomani. Giovedì alle 19, alla
Feltrinelli Libri e Musica di piazza
Piemonte 2 , a Milano, l’autrice col-
loquierà con Concita De Gregorio.
Venerdì alle 19, alla Nuvola Lavaz-
za, via Ancona 11/A, a Torino, con
Rosella Postorino, a cura di Fon-
dazione Circolo dei lettori con As-
sociazione Torino, la Città del Li-
bro. Si prenota qui: prenotazio-
[email protected]

AP


La scrittrice cilena Isabel Allende, 77 anni, in arrivo in Italia


26 LASTAMPAMERCOLEDÌ 23 OTTOBRE 2019
TMCULTURA
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