Il Sole 24 Ore - 23.10.2019

(Joyce) #1

Il Sole 24 Ore Mercoledì 23 Ottobre 2019 5


Primo Piano


Carmine Fotina
ROMA

La partita politica sull’ex Ilva, con
l’accordo suggellato tra Cinque

Stelle, Pd e Italia Viva a dispetto di


ogni contraddizione, si chiude uffi-
cialmente questa mattina con il vo-

to di fiducia al Senato sul decreto
“salva imprese”. Il confronto tecni-

co, paradossalmente ancora più


complicato, a quanto risulta al Sole
 Ore si è invece aperto ieri sera,

con il primo incontro tra il ministro


dello Sviluppo economico Stefano
Patuanelli e il nuovo amministra-

tore delegato di ArcelorMittal Ita-


lia, Lucia Morselli.
Il punto di partenza di quella che

si preannuncia come una rinegozia-


zione a tutto campo degli accordi è
la soppressione delle tutele legali

decisa con il decreto, ma Patuanelli


nel contempo vuole capire le inten-
zioni dell’azienda dopo il cambio re-

pentino di management che ha colto


di sorpresa il governo. Nella sua re-
plica al Senato, durante la discus-

sione generale del decreto, il mini-


stro  Stelle ha premesso: «Qualsia-


si serio piano industriale per il Paese


si regge su un’adeguata produzione


siderurgica che il governo intende
garantire», insieme ad adeguati li-

velli occupazionali, ma senza segui-


re strade che in passato «hanno am-
malato una popolazione». Un modo

per ridurre a zero o quasi le possibi-


lità che le tutele legali possano esse-
re reintrodotte con una nuova nor-

ma. Secondo il ministero ci sono le


condizioni per la continuità produt-
tiva anche in assenza dello “scudo”,

ma le cronache dicono che fino allo


scorso agosto - quando fu reintro-
dotta anche se circoscritta al Piano

ambientale - la cosiddetta immuni-


tà era considerata dall’azienda con-
dizione imprescindibile per mante-

nere l’investimento a Taranto.


La discussione viaggia comun-
que anche su altri pani. Il governo

ha iniziato a sondare le reali inten-


zioni dell’azienda sul piano indu-
striale considerate le ingenti perdi-

te economiche, la crisi di mercato


più forte di ogni previsione, le dif-
ficoltà per mantenere acceso l’alto-

forno Afo . E si intende portare il


confronto sul tema della decarbo-


nizzazione, improvviso punto di


convergenza  Stelle-Pd. Arcelor-


Mittal è disposta a parlarne? Nel-
l’esecutivo cresce l’attenzione per

una riconversione, seppure nel


lungo periodo e in modo progressi-
vo, che escluda l’area a caldo e si

proietti verso la tecnologia del for-


no elettrico. Proprio ieri, al Senato,
Patuanelli ha parlato di un «possi-

bile punto di equilibrio» e ha indi-


cato la volontà del governo di tene-
re fede all’ordine del giorno appro-

vato su proposta Pd-Iv-Autonomie


per decarbonizzare la produzione
«anche attraverso la ritecnologiz-

zazione degli impianti, da fare


sempre in accordo con chi gli im-
pianti li gestisce, con chi produce,

senza scelte unilaterali». Il governo
intende anche capire se siano soli-

de alcune ipotesi circolate in queste


ore su una possibile operazione di
sistema che vedrebbe Arvedi e for-

se DelFin, vecchi soci con Jindal e


Cdp di AcciaItalia - la cordata che fu
sconfitta da ArcelorMittal e che era

guidata all’epoca proprio da Lucia


Morselli - impegnarsi in un’inte-
grazione con l’ex Ilva e riprogettare

il business sulla base del sistema


del forno elettrico.


Al momento ogni strada sembra
terribilmente complessa. O si va

verso la chiusura dell’area a caldo -


sostengono alcune fonti della mag-
gioranza - o è inevitabile un ridi-

mensionamento del piano per alli-


nearlo agli attuali  milioni di ton-
nellate. E il ministero dello Sviluppo

è sotto pressione. Per il capo del-
l’opposizione Matteo Salvini «il go-

verno mette mila posti a rischio»,


ma il Mise teme soprattutto il pres-
sing dei sindacati che, dopo l’azien-

da, Patuanelli intende comunque


incontrare. In una nota congiunta
Fim, Fiom e Uilm si dicono pronti

alla mobilitazione sottolineando


che «la norma abrogata non garan-
tiva alcuna immunità penale ma era

limitata alla realizzazione del piano


ambientale». Con il decreto, unito al
repentino cambio al vertice di Arce-

lorMittal, proseguono, «si profila il


rischio di una drastica riduzione
dell’occupazione, nella peggiore è

solo il prologo ad un disimpegno e


a lasciare il nostro paese».


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«Il Governo straccia gli accordi


e fa scappare le imprese»


Matteo Meneghello


«O


ra gli accordi che ab-


biamo sottoscritto
rischiano di diven-

tare carta straccia».


Per Marco Bentivogli, segretario della
Fim, la decisione del Governo sullo

scudo è solo la punta di un gigantesco
iceberg che minaccia di spazzare via

un lungo percorso di normalizzazione


avviato con fatica negli ultimi  anni
per l’ex Ilva, «un fatto grave che ag-

giunge ulteriore incertezza al futuro di


ArcelorMittal nel nostro paese; l’abro-
gazione dello scudo - spiega - è solo un

alibi per liberare le mani all’azienda».


Perché è così importante?
Nessuno vuole lavorare in un’azien-

da dove arriva e deve rischiare il car-


cere reo di applicare la legge o con re-
sponsabilità delle gestioni preceden-

ti. ArcelorMittal ha già detto che farà


le valigie, se dovesse avvenire chie-
deremo a tutti i benaltristi come an-

dare avanti, compreso ai nostalgici


dell’acciaio di Stato. La cosa singola-


re è il Pd che vota una norma che esso
stesso aveva introdotto.

Perché questa scelta? Non è un


suicidio industriale e politico?
Il guaio è che in Italia non si riesce a

conciliare ambiente e lavoro perché è
più conveniente politicamente lo

scontro tra i due obiettivi. Serve com-


petenza e coraggio per metterli insie-
me, virtù non molto diffuse nello sce-

nario della politica italiana. Questi


cambi continui di condizioni norma-


tive non solo non fanno attrarre inve-


stimenti, ma fanno scappare quelli già
localizzati. Un Governo che cambia

continuamente posizione, con lo sco-


po di recuperare voti, non solo non ne
recupera, ma fa scappare tutti.

Da ArcelorMittal fino a oggi nes-


suna reazione, mentre l’altra volta si
minacciò la serrata.

Hanno reagito a luglio spiegando


che senza scudo avrebbero fatto le
valigie e la nomina di Morselli mi pa-

re una conferma, ma su questo sarò


felice di essere smentito.
Quanto pesa nella scelta di Mor-

selli il passato in AcciaItalia?


Il repentino cambio al vertice non fa
presagire nulla di buono. Nella miglio-

re delle ipotesi il suo mandato è conso-


lidare una drastica riduzione dell’occu-
pazione, nella peggiore è solo il prologo

a un disimpegno e a lasciare il paese.


Abbiamo con grande fatica sottoscritto
un accordo il  settembre  che da

un lato l’azienda dall’altro il Governo


potrebbero fare diventare carta strac-
cia. Abbiamo da giorni chiesto un in-

contro con la nuova ad e con il Governo.


Se non otterremo una conferma di tutti
gli impegni presi avvieremo al più pre-

sto un percorso di mobilitazione.


Oltre a Ilva, Whirlpool, Embraco.
La politica industriale degli ultimi

anni ha fallito?


Le vertenze industriali continuano a
crescere e nell’ultimo anno e mezzo

non se ne è risolta una. Va rafforzato


il Mise, servono persone competenti
e concrete. Quando sento un ministro

che dice che non si vendono lavatrici


perché non si producono cascano le
braccia. Mi auguro che il ministro Pa-

tuanelli segni una vera discontinuità
con Di Maio. La nuova maggioranza

non può rappresentare lo stesso stile


nelle vertenze industriali: servono
persone che dicano la verità anche

quando è impopolare.


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INTERVISTA


MARCO BENTIVOGLI


«Le vertenze crescono,


nell’ultimo anno e mezzo


non se ne è risolta una»


MARCO
BENTIVOGLI
segretario della
Federazione
Italiana
Metalmeccanici
(Fim Cisl)

Strada in


salita. Si
attendono ora le

mosse di


ArcelorMittal.
Nell’intervento al

Senato Patuanelli


ha chiarito
l’impegno del

governo a


garantire la
produzione

siderurgica ma al


momento non ha
aperto a una

riproposizione


dello «scudo»


IMAGOECONOMICA

Ex Ilva, il governo chiede la svolta tecnologica


Ieri incontro Patuanelli-Morselli. Il ministro cerca l’accordo con l’azienda


per riconvertire gli impianti. Rispunta l’ipotesi dell’interessamento di Arvedi


I sindacati. «Si va verso drastici tagli o disimpegno, pronti alla mobiltazione»


Il nodo area a caldo. Oggi al Senato fiducia sul Dl che abolisce le tutele legali


MANCA UNA REGIA POLITICA


CASO TARANTO COME SU SCHERZI A PARTE


S


embra di essere su


“Scherzi a parte”. Ma non


c’è la regia. E, alla fine,
nessuno riderà. Sull’ ex

Ilva è tutto fuori controllo. Nel-


l’impresa e nella politica. Lucia
Morselli – formatasi alla scuola di

Franco Tatò, principale speciali-


sta italiano di contabilità indu-
striale in fabbrica – ha trovato a

Taranto una situazione dramma-


tica con perdite che più fonti indi-
cano in  milioni di euro al giorno.

È l’ultimo tassello di un mosaico


ad alta conflittualità generale che
Arcelor Mittal ha visto comporre

come uno dei peggiori mai deli-
neatosi nella sua storia di multi-

nazionale che ha compiuto turna-


round di acciaierie in ogni parte
del mondo, anche in teatri di

guerra. Il Partito Democratico –


un tempo, nemmeno troppo lon-
tano, il partito delle fabbriche – si

è sottomesso ai Cinque Stelle che


hanno la leadership politica su
qualunque tema industriale e, in

questo caso specifico, dall’iniziale


“no all’acciaio, sì all’allevamento
delle cozze e al turismo, chiudia-

mo l’impianto e facciamo un par-


co giochi” ora parlano di fine del


ciclo integrale e di introduzione
dei forni elettrici. Peccato che

questa evoluzione dei Grillini, in


apparenza razionale, non con-
templi gli effetti occupazionali,

oltre che sistemici per il nostro
tessuto produttivo, di una simile

scelta. Il Pd – che peraltro espri-
me il ministro del Mezzogiorno

Giuseppe Provenzano detto Pep-


pe, teoricamente di matrice indu-
strialista Svimez – ripete il man-

tra della decarbonizzazione e –


protagonista minore di questa
puntata politico economica di

“Scherzi a parte” – accetta senza


battere ciglio l’eliminazione di
ogni scudo giuridico, offrendo su

un piatto d’argento ad Arcelor


Mittal la possibilità di una causa
miliardaria o perlomeno realisti-

camente la rimodulazione del-


l’accordo con lo Stato italiano, che
sembra l’obiettivo della multina-

zionale, che non a caso ha scelto


una negoziatrice come la Morsel-
li. C’è un punto intorno a cui tutto

cade e decade: che cosa significa


«chiudiamo gli altoforni e mettia-
mo i forni elettrici». Che, qualun-

que scelta faccia Arcelor Mittal


nelle prossime settimane per
bloccare l’emorragia finanziaria

di Taranto con piani di dura ri-


strutturazione basati sul ciclo a
caldo, è invece quello che il gover-

no ha deciso essere il migliore dei


mondi possibili. Basta parlare con
chi opera nell’acciaio in Italia. A

seconda delle combinazioni e del-


le modulazioni fra ciclo integrale
e forni elettrici (al di là della do-

manda su chi li pagherebbe), a


Taranto - dove oggi in Ilva lavora-
no in . - servirebbero dalle

mila alle mila persone in meno.


C'è poco da ridere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Paolo Bricco


Sull’ex Ilva è tutto fuori


controllo. Con l’ipotesi


decarbonizzazione


meno posti di lavoro

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