Corriere della Sera - 01.09.2019

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32 Domenica1Settembre2019Corriere della Sera


diLuigiOffeddu


BREXITNELL’ATLANTICO:
LEFALKLANDRISCHIANO
DIANDAREAFONDO

L


e isoleFalkland hanno tremila
abitanti, sette pub e mezzo milione
di pecore sperdute fra i pinguini.
Territorio britannico d’oltremare,
nell’Atlantico, a 13.000 chilometri da
Londra. E come altri territori simili –
spiega laCommissione europea – «sono
avamposti dell’Ue, ma nonfanno parte
dell’Ue». Tuttavia, per amore dei buoni
rapporti con i suoi Stati membri, Bruxelles
non nega il suo aiuto: e per leFalkland ha
stanziato 5,9 milioni di euro dal 2014 al
2020.Ma fra 60 giorni il Regno Unito non
sarà più membro dell’Ue.Perciò le Falkland
rischiano di diventare le vittime più oscure
della Brexit. Il 90 per cento del loro export
di pesce, e il 30 per cento di quello della
carne, ha come destinazionePaesi Ue:
i nuovi dazi post-Brexit potrebbero
devastare l’economia locale.Per esempio,
un terzo dei calamari che mangiamo in
Europa provengono da lì: 79.000
tonnellate esportate nel 2018 in Spagna,
Italia, Francia, 51.000 nei primi sei mesi
del 2019.Niente tariffe doganali, grazie
agli accordiUe: ma, dopo la Brexit, sarà
l’Organizzazione mondiale del commercio
a imporre leregole, e sui calamari
potrebbero piombare dazi fino al 18 per
cento.
Cronache da mercatino rionale?Forse, però
a volte le grandi bufere si rivelano con i
loro bagliori proprio nei mercatini più
remoti. E leFalkland non sono sconosciute
alla storia.Per loro, nel 1982, Regno Unito
e Argentina combatterono una guerra vera.
Nel 2018, con la Brexit all’orizzonte,
Buenos Aires offrì il suo aiuto alle
«Malvinas». Ora, finita quasi in
bancarotta, ha altro cui pensare.Ma
restano quelle tremila anime sperdute fra i
pinguini: gente tosta che nel 2013, dovendo
scegliere ancora fra Londra e Buenos Aires,
votò al 99,8 per cento per il Regno Unito.
Nel 2016, per la Brexit, non furono invece
chiamati alle urne, proprio perché le
isolette nonfacevano parte dellaUe.
Chissà che cosa sceglierebbero, in quei
sette pub, se li chiamassero a votare ora.
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I

ldibattitofinoraèstatomo-
nopolizzatodalla questione
Ivaedadovesitroverebberoi
miliardi (23 sullacarta, circa
15 secondo Tria) necessari a
sventarne l’aumento. Mac’è
una seconda questione non
meno importantedell’Iva.
Supponiamo che arrivi una
recessione mondiale. L’Italia
non potrebbe rifuggirne,con
l’apertura internazionale che
si ritrova(emeno male chece
l’ha!). La domanda è: possia-
mo permetterci una manovra
di bilancio espansivapercon-
trastarelarecessione impor-
tata? Cioè più speseemeno
tasse per tamponareuna crisi
di brevetermine, non solo
(nelcaso delle tasse) per ri-
solvereilproblema di lungo
termine che l’Italia si trascina
da molti anni.
Peressereonesti diciamo
subitoche inrealtà di questa
recessione mondiale non si
vedono sintomicerti. Non
negliStatiUniti, dovel’econo-
mia ancora marciaaritmi che
noi italiani possiamo solova-
gheggiare; non in Europa,
doveanche le economie più
ansimanti,come quellatede-
scaeperfino quella italiana,
non stanno per il momento
arretrando in modocospicuo
eduraturo. Quindi, non già di
recessione si può ancora par-
lareper il mondo avanzato,
ma di indebolimento, in
qualchecasoforte, di un ciclo
economicocheresta positi-
vo.Peròsisache le economie
moderne vivono di aspettati-
ve.Gli econometrici, quelli
chedisegnano scenari eco-
nomici futuri neicentri di ri-

cercaenelle banchecentrali,
compulsanoiloromodelli,
così come gli aruspici intem-
piremoti scrutavano visceri
(peraltrocon minori crismi
di scientificità), alla ricercadi
segni che preannuncino
sventurefuture.
In effetti nuvole neresiad-
densano nei cieli del mondo:
le schermaglie fraStatiUniti
eCina sugli scambicommer-
cialiesulla futura domina-
zionetecnologica, l’avvento
in alcuniPaesi diforzeeper-
sonaggipolitici che sono di-
sposti ad azzardarepolitiche
avventurose, per lo meno se-
condo gli standardconosciu-
ti. Le autorità monetarie pre-
annunciano misureespansi-

veprossime; nelcaso della
bancacentrale americana le
prendono già, sia pureblan-
damente. Ma l’efficacia delle
politiche monetarie, dopo
annieanni di tassi d’interes-
se bassionegativiediacqui-
sti ingenti di titoli obbliga-
zionaricondenarocreatoap-
posta, potrebbe essersi ridot-
ta se chi dovrebbe da ultimo
beneficiareditantocredito
aggiuntivo, cioè ilconsuma-
toreol’imprenditoreche in-
veste, non crede piùaquesti
fattiemessaggiesifaimpau-
riredasegnali che dipingono
un futuroincertosenon gra-
mo. Dunque unarecessione
nel mondo avanzatopotreb-
be alla fine prodursi,combat-
tuta dalle politiche moneta-
rieconcrescenteaffanno. Si
invocano allora politiche

RISCHIO RECESSIONE:


ILPARACADUTECHENONC’È


EconomiaepoliticaIncasodi«frenata»mondiale,


ilnostroPaesenonpotrebbeaffrontarelasituazione


senzaunaristrutturazioneradicaledeicontipubblici


diSalvatoreRossi


rebbe la spesa pubblicaper
provvidenzevarie aicolpiti
dallarecessione; diminuireb-
beroleentratedaimpostea
causa delcontrarsi deireddi-
ti. Aggiungereaquesti effetti
automatici di aumentodel
deficit misurediscrezionali
di sostegnocongiunturale al-
l’economia farebbe aumenta-
reil deficit ancor di più.
Il puntoè:fin dovesi può
tirarelacorda della pazienza
dei creditori senza spezzarla?
Come al solito, l’Europac’en-
tra solo in seconda battuta in
tuttoquesto. Come abbiamo
già ricordatoaltrevolte, se le
istituzionieuropees’irrigidi-
sconocon un governo nazio-
naleequestorisponde facen-
do spallucce,lacosa viene at-
tentamenteosservata daco-
loroche detengonoititoli
pubblici di quelPaese,iquali
ne traggono segnali utili a
misurarelaprobabilità che il
Paese in questione decida al-
la fine unilateralmentediim-
porreuntaglio al suo debito.
Questaèl’unicacosa che inte-
ressaicreditori, non già le
eventualiemoltotardivesan-
zioni europee. Insomma, il
debitogià accumulatoimpe-
disceanoi italiani di usarea
piacimentoilbilancio pub-
blicocome strumentodipoli-
tiche «anticicliche» (quindi
espansivesel’economia sire-
stringe). Tuttoquestonon ha
coloriturepolitiche,èsem-
plicearitmeticacondita di
buon senso. Maèuna ragione
in più per lavorareauna ri-
strutturazione radicale del
bilancio pubblico, che ne ri-
ducalosbilancio negativoeal
tempo stesso lorenda più fa-
vorevole allo sviluppo econo-
micodimedio-lungo perio-
do;acertecondizioni, anche
di breve.Un compitoche esi-
ge un governo nella pienezza
dei suoi poteri eunacoalizio-
ne di maggioranzacoesa e
dalle strategie chiare.
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ANALISI
&
COMMENTI

SEGUEDALLA PRIMA


N


on erano credibili,
come si è dramma-
ticamentevistoin
unPaese che non
crescepiù, gli
obiettivi del fallimentare
«contrattoper il governo del
cambiamento»aproposito
del quale non vi è alcunafor-
ma di onesta autocritica. Lo
saranno, alcontrario, quelli
dell’eventuale Conte2?Un
programma che, secondo le
parole del premier incaricato,

dovrebbe addirittura gettare
le basi di un «nuovoumanesi-
mo», rivoluzionare il modello
produttivo, impiegare soltan-
toenergie rinnovabili, porre il
nostroPaese all’«avanguardia
nella ricercadelle più sofisti-
cate tecnologie».Per non par-
lare delleventi «condizioni ir-
rinunciabili» postedai Cin-
queStelleedei più generici
buoni propositi delPd. Manca
solo una generale promessa
difelicità percompletareil
quadroimmaginificodique-
stacommedia estiva della po-
litica.
Ungoverno di legislatura

dovrebbe fareagli italiani un
discorso diverità, non som-
mergerli di promesse.Parlare
non solo di obiettivi ma an-
che di risorse. Dovetrovo i 23
miliardi per disinnescarele
clausole Iva per il 2020? Come
reperisco ifondi per ridurre il
cuneo fiscale e, dunque, ri-
modularelealiquoteIrpef?
Perché se la risposta implicita
è quella di sperare di farlo in
deficit,confidando in un oc-
chio di riguardo dell’Unione
Europea, non vi è alcuncam-
biamentorispettoal«gover-
no delcambiamento» appena
caduto.Eancora: posso per-

mettermi di rafforzareilred-
dito di cittadinanza e addirit-
tura portare da 80 a 120 euro il
giàcostoso bonus dell’era
Renzi? Il salario minimo non
èprivodioneri, anche inso-
stenibili, per le aziende. Quo-
ta 100èuna mina neiconti
pubblici. Se nonverràtolta o
si farà finta di niente, perde-
ranno difondatezza mesi di
analisi allarmate.Einattesa
delleverdipraterie dell’eco-
nomia circolare–dicui ci si
riempie la bocca– che si fa di
sussidi, incentivi, «ambien-
talmentedannosi» stimati,
nel rapporto di luglio del mi-
nistero dell’Ambiente, in 19,3
miliardi? Nessuno eccepisce
sulla necessità che le «tasse le
paghino tutti, ma proprio tut-
ti»,come afferma Conte. Ma
alloracome siconcilianocon
questobuon propositoivari

condoni dell’ultima legge di
Bilancio?Epoiconcessioni,
trivelle, inceneritori, Ilva.
L’Alitalia se la riprende loSta-
tomentre nonc’è traccia di 18
miliardi di privatizzazioni
messiabilancio dal Conte1
(uno percentodel Prodotto
interno lordo nel 2019e0,3
nel 2020) indispensabili per
cominciarearidurreilrap-
porto tra debito e Pil. Ci vuole
un sì o un no. Non generici ri-

diFerrucciodeBortoli


LEPROMESSEEILGOVERNO


ACROBAZIEESILENZI


SUINUMERI


ferimenti. Altrimenti oltreal
pubblico si inganna sé stessi.
Nel discorso che Conteha
pronunciatoalQuirinale do-
po aver avutol’incariconon
c’era alcun riferimento a debi-
to,deficit,coperture. Su 908
parole. Nel documento del 28
agosto(3.531 parole), appro-
vatodalla direzione pd, debi-
toe deficit non sono mai cita-
ti. Così nella dichiarazione di
Nicola Zingaretti successiva
all’incontrocon Conte.Tanto-
meno ne parla Luigi Di Maio
nei suoi ambiziosiventi pun-
ti. In tutti i documenti e gli in-
terventi–che sono alla base
finora della svolta giallorossa


  • icapitoli di nuovespese so-
    no numerosi. Le risorse arri-
    verebbero solo da una generi-
    calotta all’evasione fiscale.
    Per ilresto nulla. Business as
    usual. © RIPRODUZIONE RISERVATA


espansivedei bilanci pubbli-
ci. L’avvertenza che tutti ag-
giungono è: naturalmentele
farà chi se le può permettere!
Dettoinaltritermini, soltan-
toqueiPaesi che hanno un
debitopubblicobasso,oal-
meno non in salita,econti
pubblici sottocontrollo (co-
me la Germania) hanno lo
«spazio fiscale» checonsen-
tirebbe lorodifarepolitiche
espansivesenza turbareicre-
ditori, cioè quelli che hanno
nei loroportafogliititoli del
debitopubblico.Perché poli-
tiche di bilancio espansivein-
nalzano per definizione il de-
bitopubblico.Eseicreditori
si turbano,oaddirittura si
fanno prenderedal panico,

altrocherecessione! IlPaese
da cuiicreditori fuggono di-
sordinatamentefarebbe falli-
mento, l’economia precipite-
rebbe in un gorgo depressivo.
Ora, sappiamo bene che
l’Italia ha un debitopubblico
altoetendenzialmentecre-
scente, oltreché una situazio-
ne diciamo delicata del bilan-
cio pubblico. Ma allora se ar-
rivailtemporale noi italiani
dobbiamo bagnarci fin nelle
ossa? Non possiamo permet-
tercinessuna manovra
espansivaselecircostanze
dellacongiuntura economica
mondiale lo richiedono? Eb-
bene,èquasicosì, anche se
non del tutto. Già si mette-
rebberoinazione quelli che
gli economisti chiamano
«stabilizzatori automatici»:
in parole povere,aumente-

❞Limiti
Ildebitogiàaccumulato
impedisceanoiitaliani
diusareapiacimento
ilbilanciopubblico


❞Rischi
Ilpuntoèfindove
sipuòtirarelacorda
dellapazienzadei
creditorisenzaspezzarla

❞Entrateeuscite
Icapitolidinuovespese
sononumerosi
manonèchiarodadove
arriverannolerisorse
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