La Stampa - 30.08.2019

(avery) #1
.

ANNA GLORIA RAMBELLI
VERONA
Non dimenticherò mai la luce
che entrava dalla grande finestra
in cucina nelle giornate d’estate:
quando il cielo brillava, i riflessi
del sole penetravano e scaldava-
no l’aria e tutto sembrava risplen-
dere; io mi mettevo sempre
nell’angolo a sinistra in fondo al-
la tavola, avevo scoperto che c’e-
ra un raggio che si posava sem-
pre lì e mi facevo trovare pronta
ad attenderlo, sempre china sui
miei fogli bianchi a disegnare.
“Spostati non vedi che hai il so-
le in faccia, ti da fastidio alla salu-
te” mi diceva sempre mia madre.
Ma io niente, anzi chiudevo an-
che gli occhi strizzandoli bene e
aspettavo che il raggio si spostas-
se, andando a illuminare magari
qualche altra bambina, per atten-
derlo nuovamente il giorno se-
guente.
Anche quel giorno di luglio lo
ricordo così: il pomeriggio come
al solito, dopo aver giocato un
po’ in casa, io e mia sorella Mia,
di qualche anno più grande di
me, andammo nel negozio di ge-
neri alimentari di mio padre per
fare merenda con il pane e la cioc-
colata bianca e nera tagliata, poi
gironzolammo in bicicletta.
In realtà non c’era molto da fa-
re, per lo più ciondolavamo
nell’altalena che mio padre ave-
va sistemato per noi fuori in corti-
le oppure giocavamo a dentro e
fuori le stanze già allora dirocca-
te di una vecchia struttura confi-
nante sempre di nostra proprie-
tà.
Quel pomeriggio in cortile ven-

ne anche mio fratello Giacomo,
di diversi anni più grande di noi,
con il suo amico Giulio.
Entrambi si divertivano un
mondo a inventarsi qualsiasi ti-
po di dispetto che inevitabilmen-
te finiva nelle nostre urla, per poi
farci piangere a dirotto. Quando
succedeva andavo sempre di cor-
sa a stringere in un abbraccio le
cosce di mia madre e singhioz-
zando le chiedevo aiuto. Quella
sera la mamma ci richiamò in ca-
sa più presto del solito: ricordo

che cenammo prima in modo da
essere pronti per l’evento davan-
ti alla televisione.
Ci sedemmo tutti vicini sulle se-
die uno a fianco all’altro. La sen-
sazione che provo adesso ripen-
sando a quel momento è di una
grande eccitante attesa: io avevo
solo sette anni ma mi rendevo
conto perfettamente di trovarmi
in quell’istante nel centro di un
evento storico.
Arrivò per l’occasione anche
mia sorella più grande, Annalisa,

che era riuscita a prendere il tre-
no per rientrare da Bologna dove
studiava all’università. Tutti in-
sieme ci stringemmo come ad
aiutare, con la nostra spinta emo-
tiva, l’astronauta a scendere dal-
la scaletta. L’atmosfera intorno a
noi era rarefatta come sospesa in
un respiro infinito, fino all’urlo di
Tito Stagno.
Finita la diretta, mia sorella An-
nalisa mi portò fuori in cortile: la
luna in quel momento era picco-
lissima e leggermente coperta da
un cielo velato; ci abbracciammo
e rimanemmo a guardarla pen-
sando che lì adesso c’era un uo-
mo, uno come noi: fu una sensa-
zione incredibile che ancora
adesso mi mette i brividi per l’e-
mozione. “Guardala bene” mi dis-
se stringendomi forte la mano:
“Chissà quando sarai grande
quante cose incredibili come que-
sta succederanno e tu dovrai sem-
pre essere pronta a coglierne la
vera bellezza”.
A settembre di qualche anno
fa, ci ha lasciato all’improvviso e
con lei ho perso per sempre an-
che la mia memoria storica.
Nei nostri ultimi incontri, lei
tornava sempre più insistente-
mente indietro con i racconti e io
prendevo appunti per conserva-
re quelle orme del passato e ma-
gari ritrovarle nelle giornate di
smarrimento. Una volta ripercor-
remmo insieme quel giorno di lu-
glio del ’69 e fu incredibile come
entrambe ricordavamo esatta-
mente le stesse sensazioni.
Se alzo gli occhi al cielo ora,
penso al nostro abbraccio guar-
dando la luna.

L’autrice del racconto con la sorella Annalisa
in un’immagine di qualche anno fa.
Nella foto accanto gli astronauti americani
piantano la bandiera americana sul suolo lunare

1969 - 2019

LO SPAZIO DEI LETTORI

Io e mia sorella quella sera di cinquant’anni fa con il naso all’insù

L’ESTATE DELLA LUNA

LA MIA RIVOLUZIONE

Gli utenti della rete 4G della Cina sono 1,24
miliardi alla fine di luglio. Lo riportano le stati-
stiche del ministero dell'Industria e delle Tec-
nologie dell'Informazione. Il numero di uten-
ti sulla rete in 4G della Cina rappresentano il
78,2% del totale degli utenti di telefonia mo-
bile, in crescita di 3,8 punti percentuali rispet-

to alla fine dello scorso anno. Le entrate nel
settore delle telecomunicazioni della Cina so-
no scese dello 0,3% su base annua raggiun-
gendo 889,5 miliardi di yuan, pari a 125,6
miliardi di dollari, da gennaio a luglio. In detta-
glio, i ricavi delle telecomunicazioni di rete fis-
sa dei tre grandi operatori - China Telecom,

China Mobile e China Unicom - sono stati di
245,8 miliardi di yuan, in crescita del 9,5%
su base annua, pari al 31,6% dei ricavi delle
telecomunicazioni del Paese. Tuttavia, i rica-
vi delle telecomunicazioni mobili dei tre ope-
ratori sono scesi del 4,1% su base annua a
532,9 miliardi di yuan nello stesso periodo.

LI


LETTERE

& IDEE

INDIRIZZI
Via e-mail: [email protected]
Via posta: Via Ernesto Lugaro 15, Torino


  1. Sulla busta, oltre a nome, cognome
    e indirizzo, scrivere: «La mia rivoluzione».
    Le eventuali fotografie inviate saranno resti-
    tuite.


50 anni fa, la rivoluzione della conquista della
Luna. La notte del 20 luglio 1969, l’impresa
dell’Apollo 11. Ad agosto, lo spazio di questa
pagina dedicato alle lettere, si aprirà ai racconti
di voi lettori: qual è stato l’evento che ha
cambiato la vostra vita negli ultimi 50 anni?
Scrivetelo (se volete aggiungete una foto),
speditelo alla Stampa con lettera o e-mail, e lo
pubblicheremo. Questa diventerà - ad agosto -
la pagina della vostra rivoluzione. Buona
scrittura.

ITALBASKET, COACH MEO SACCHETTI

E LA FATICA DI ESCLUDERE IL FIGLIO

L’estate della Luna: raccontate
che cosa vi ha cambiato la vita

C

on un discorso dalla colorazio-
ne progressista, Giuseppe Con-
te ha avviato ieri la formazione
del nuovo governo imperniato
su Pd e M5S. Un discorso anche
assai «generalista». Ma non tan-
to da toccare tutti i temi, specialmente quelli
più caldi, come l’immigrazione e la giustizia.
Un paese migliore, attraente per i giovani,
con infrastrutture sicure e reti efficienti, istru-
zione migliore, ambiente tutelato, patrimo-
nio artistico valorizzato, diseguaglianze socia-
li rimosse, persone con disabilità protette,
mezzogiorno «rigoglioso», Pubblica ammini-
strazione libera dalla corruzione. Le tasse: pa-
gare meno, pagare tutti. Tutto bellissimo, ma
come? Non è stata fornita alcuna indicazione
sui necessari cambi del paradigma di policy
che ciascuno di quegli obiettivi richiedereb-
be. Tutto bellissimo, ma con quali risorse?
Con più deficit? Ma allora quell’Unione euro-
pea alla quale il Presidente Conte ha fatto un
veloce cenno e che ora appare benigna potreb-
be di nuovo diventare un «problema» anche
per questo governo «progressista». Con il ri-
lancio della crescita? Bene, ma quelle «infra-
strutture sicure e reti efficienti» richiamate e
necessarie per lo sviluppo richiedono delle de-
cisioni che facilmente cozzano contro quel
sentire anti-modernista e per la decrescita feli-
ce presente nel populismo grillino. E se il paga-
re meno riguarda anche le imprese, sarà possi-
bile intervenire sulla loro tassazione e sul co-
sto del lavoro mantenendo in vita quel pastic-
ciato provvedimento del reddito di cittadinan-

za che costituisce una bandiera dei 5 Stelle?
Vi sono poi le omissioni. Conte non ha parla-
to dell’immigrazione, ma è proprio il modo in
cui è stata gestita che più ha caratterizzato l’a-
zione di Salvini. Perché non ha rassicurato
sull’eliminazione dei decreti sicurezza? Li cor-
reggerà? Perché non ha spiegato come? Non
è forse questo uno degli elementi che darebbe
il segno della «novità» più volte richiamata?
Chissà, forse bisogna fare i conti con le ambi-
gue posizioni dei 5 Stelle e del loro capo Di Ma-
io (quello delle ong «taxi del mare»). E anche
dei ministri Toninelli e Trenta, che nel pieno
della crisi hanno controfirmato – a norma del
decreto sicurezza bis, ma senza esserne obbli-
gati – il blocco della nave Mare Jonio. Non di-
mentichiamo che il M5S è pur sempre un’orga-
nizzazione che si orienta in base al sentire co-
mune. Nemmeno la giustizia ha avuto spazio,
a parte il riferimento al fatto che dovrebbe es-
sere «equa», una tautologia, ed «efficiente», il
minimo sindacale. Che sia confermato o me-
no Bonafede, il silenzio di Conte significa che
il nuovo governo farà proprio il populismo giu-
diziario del ministro 5 stelle?
La vaghezza e le contraddizioni del discorso
del presidente incaricato Conte ripropongono,
dunque, tutti i dubbi sulla natura di un governo
basato sull’accordo tra un partito riformista e
un partito populista. Le premesse, logiche ed
empiriche (ovvero i dati di realtà tratti dall’e-
sperienza sino ad oggi), non sono favorevoli e
fanno presagire o una breve durata o il prevale-
re di una colorazione populista. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

“È

la scelta giusta”. Non ha
parlato da padre – alme-
no lui - ma da allenatore;
quindi da professionista
capace mettere il bene co-
mune sopra agli affetti
personali, pur facendo quello che nessun pa-
dre mai vorrebbe fare: calpestare i sogni di
un figlio. Scelta giusta ma tosta, tostissima,
quella di Meo Sacchetti, c.t. della nazionale
di basket, che a poco più di 48 ore dell’esor-
dio degli azzurri ai mondiali in Cina ha defi-
nito i dodici della rosa ufficiale, mandando a
casa i due uomini in più, uno dei quali pro-
prio il suo Brian. Brian Sacchetti è un buon
giocatore, uno di quelli che sa stare in cam-
po, che fa spogliatoio, che sa portare punti e
buon umore. Un predestinato, uno che co-
me prima parola ha detto “palla” per la gioia
di Meo e di mamma Olimpia, pure lei discre-
ta giocatrice di pallacanestro e che in fami-
glia detiene con vanto il record dei punti se-
gnati in una singola partita, ben 53 punti, in
un campionato giovanile.
Un buon giocatore sì, con le spalle abba-
stanza larghe da sopportare le cicliche accu-
se di essere un “raccomandato”. Bravo, ma
non abbastanza, perché in questa naziona-
le, nel suo stesso ruolo, c’è chi è più forte di
lui. E questo Meo lo ha visto. Lo ha accettato.
E gliel’ha detto. Da allenatore. E non solo! Pa-
dre e figlio si conoscono a memoria, hanno
condiviso ore e ore di palestra e spogliatoio,
insieme hanno vinto uno scudetto. “Non gli
ho mai regalato nulla, anzi da lui ho sempre
preteso qualcosa in più”. Ha ripetuto spesso
il c.t., che sa – dopo 13 anni – quanto valore
abbia per l’Italbasket tornare ai mondiali. E
sa pure quanto, suo figlio, avrebbe voluto es-

serci a tutti i costi su quel parquet iridato. Co-
sì come sa come la moglie Olimpia, anche lei
in viaggio per la Cina, lo guarderà con gli oc-
chi da madre addolorata, con il magone in
gola, consapevole che quella fosse la scelta
giusta, ma irrazionalmente gli terrà un po’ il
muso perché, insomma, beh, magari... un
posticino glielo si poteva trovare. Ma nel Pae-
se dei “figli di papà” Meo ha avuto prima il co-
raggio di dare una possibilità al proprio fi-
glio – non in quanto tale, ma in quanto buon
giocatore – e ha avuto ancor più coraggio nel
prendere la decisione più cruda, quella che
riteneva la più adatta. Per il gruppo. Per la
squadra. Per l’obiettivo condiviso. Non sap-
piamo che parole abbia usato con il figlio. Se
sia stato duro o avvolgente, se abbiano pian-
to o urlato, se si siano abbracciati o ci sia sta-
to il gelo.
Non sappiamo quanto Meo abbia parlato
al giocatore o al figlio, se durante il collo-
quio nella mente lo rivedesse negli schemi
provati e riprovati in allenamento o nel cor-
tile di casa da piccolino nel tentativo di but-
tare la palla dentro al cesto. Una giostra di
emozioni, un’altalena di sentimenti, quella
dannata conclusione che per far volare una
squadra sia necessario tarpare le ali a chi
più si ama. “Ed io cosa avrei fatto al suo po-
sto?”, è quello che ci siamo chiesti, d’istin-
to, tutti noi padri. Forse, spesso, vergognan-
doci della risposta che ci siamo dati. E per
questo dobbiamo ringraziare Meo, al di là
di come andranno i mondiali: per averci fat-
to riflettere, per averci ricordato con una te-
stimonianza netta che i figli vengono prima
di tutto. Ma non per questo devono venire
per forza prima di tutti. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

ORA I GRILLINI

A UN BIVIO D’IDENTITÀ

Il numero del giorno

1,24 miliardi

Gli utenti della rete 4G in Cina

CONTE, UN DISCORSO PROGRESSISTA

MA CON TROPPE OMISSIONI

C

os’è un partito politico populista,
qual è il suo scopo e quanto do-
vremmo esserne preoccupati?
Queste domande girano nella te-
sta degli analisti politici da quan-
do, negli ultimi dieci anni, partiti
come il Movimento Cinque Stelle, Podemos in
Spagna, il Fronte Nazionale francese o i Demo-
cratici svedesi hanno iniziato a crescere nelle ur-
ne in Europa. La risposta italiana è sembrata più
semplice durante il governo gialloverde degli ul-
timi 18 mesi, poiché Matteo Salvini ci ha detto
che si trattava di immigrati e sovranità nazionale
e Luigi Di Maio non ha detto molto di comprensi-
bile. Ora, con il nuovo governo giallorosso forma-
to da Giuseppe Conte, dovremo ancora una vol-
ta cercare delle risposte.
Fuori dall’Italia era prassi comune, tanto in-
congruo appariva questo matrimonio, cercare
di spiegare la coalizione gialloverde ad altri stra-
nieri dicendo che era come se Donald Trump
avesse deciso di formare un governo insieme al
senatore Bernie Sanders, il candidato democra-
tico alla presidenza autoproclamatosi “sociali-
sta”. C’era del vero in quell’idea, ma si potrebbe
obiettare che Salvini e Di Maio si sono rivelati
un po’ meno distruttivi di quanto suggerisca il
parallelo con Trump, anche se altrettanto caoti-
ci e narcisisti.
Questo è probabilmente il motivo per cui gli in-
vestitori nazionali e internazionali sembrano co-
sì calmi al pensiero che Cinque Stelle e Partito De-
mocratico stiano finendo a letto insieme. I giallo-
verdi essenzialmente hanno fatto molto chiasso
ma realizzato poco, o almeno poco del tipo di
azione fiscale che avrebbe potuto destabilizzare
l’economia, quindi perché i giallorossi dovrebbe-
ro andare peggio? Sì, ci sono di mezzo personali-
tà difficili, ma per gli osservatori stranieri questo
è di scarso interesse.
Il Pd può piacere o meno, ma è un animale do-
mestico, con difetti prevedibili e gestibili. Quin-
di, ovviamente, sostituire un partito prevedibile,
moderato e filoeuropeo all’esplosivo Salvini ap-
pare un passo in avanti agli osservatori interna-
zionali, anche per quelli che potrebbero apprez-
zare una ricetta tradizionale di destra di riduzio-
ni fiscali e deregolamentazione. Le possibilità di
inutili scontri con Bruxelles sembrano troppo al-
te e pochi credono davvero che una coalizione di
destra porterebbe fino in fondo un programma
coerente di liberalizzazione e riforme. Non è mai

accaduto sotto Silvio Berlusconi, in ogni caso, e
anche il signor Salvini mostra in realtà scarso in-
teresse per una cosa del genere.
Quindi ora tutto torna a ridursi alla doman-
da su cosa sia realmente il Movimento Cinque
Stelle e quale sia il suo scopo. È pertinente defi-
nirlo populista? Questi sono i temi che tutti
hanno in mente quando si chiedono se questo
matrimonio giallorosso possa durare, dato il
passato di inimicizia tra i due. Ciò che è emer-
so negli ultimi 15 mesi sui Cinque Stelle non è
né molto stimolante né particolarmente preoc-
cupante, tranne nella misura in cui si potrebbe
aver perso tempo prezioso.
Il reddito di cittadinanza non è, in teoria, mol-
to diverso dai sistemi di sussidio vigenti in Scan-
dinavia, quindi sebbene abbia chiaramente rap-
presentato uno sfacciato tentativo di guadagna-
re popolarità distribuendo denaro pubblico, non
è una forma estrema di populismo. Una critica
più mirata è che si tratta di una misura inefficace
e di un uso mediocre degli scarsi fondi rispetto al-
le idee alternative - proprio come la superata leg-
ge pensionistica di Quota 100 - ma questa è un’al-
tra questione. Pensieri analoghi si possono for-
mulare all’idea di un salario minimo: potrebbe
essere una cattiva idea per un Paese come l’Italia
con un alto tasso di disoccupazione e una grande
fetta di economia sommersa, ma qualcosa che è
stato promosso in passato dai laburisti in Gran
Bretagna e dal Partito socialdemocratico in Ger-
mania non può essere definito nè radicale, né
particolarmente populista.
Ridurre il numero dei parlamentari ha un sa-
pore populista e anti-casta, ma dal momento che
il presidente Emmanuel Macron ha appena pro-
posto di fare lo stesso in Francia, non si può nem-
meno trovarlo fuori luogo. Potrebbe anche esse-
re una buona cosa. Anche il lato ambientalista
dei Cinque Stelle è in linea con le tendenze euro-
pee, anche se troppo spesso si fonde con il pensie-
ro anticapitalista e antimoderno, a differenza
dei Verdi tedeschi. Ma poi, nell’ultimo anno, al-
cune figure di spicco dei Cinque Stelle hanno mo-
strato simpatie sovrane e nazionaliste, come
quelle riguardo ad Alitalia o ai direttori di musei
stranieri, quindi non possiamo essere sicuri che
questo sparirà nel prossimo governo.
La grande difficoltà sta nel mettere insieme ta-
li idee e capire cosa ne possa uscire, che è un altro
modo per chiedersi se i politici pentastellati ap-
partengano davvero tutti allo stesso partito. So-
no uniti da un atteggiamento di opposizione più
che dall’ideologia. Questo è il motivo per cui la
conclusione in definitiva deve essere questa: que-
gli investitori internazionali così tranquilli po-
trebbero sottovalutare la possibilità che tutto ciò
possa sfaldarsi molto presto, quando effettiva-
mente si verificherà l’implosione a lungo attesa
dei Cinque Stelle. Questo è il problema con i “mo-
vimenti”: si muovono. —
Traduzione di Carla Reschia
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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24 LA STAMPAVENERDÌ 30 AGOSTO 2019


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