ed è probabile che sappia anche sparare. Siate cauti.
***
All’interno del perimetro della stazione di San Candido era
compreso un magazzino che i carabinieri chiamavano, senza
che nessuno ne conoscesse il motivo, l’hangar. Lì il dottor Ta-
manin aveva fatto portare il Renault da quattordici tonnella-
te e si era messo al lavoro con i suoi collaboratori. Da Laives,
una cittadina a pochi chilometri da Bolzano, sede del nucleo
scientifico, era arrivata la postazione mobile con l’attrezzatu-
ra necessaria all’esame dell’autocarro insieme al terzo e ulti-
mo dei tecnici, quello di cui Tamanin più si fidava. La posta-
zione mobile altro non era che un Berlingo goffo e brutto, ma
dotato comunque delle migliori tecnologie sul mercato. Per
prima cosa il dottore indossò la tuta protettiva, e si accertò
che i suoi uomini facessero altrettanto. Superfluo, perché era-
no professionisti di primo livello, ma a certe regole il capo del
nucleo scientifico non sapeva rinunciare. Era il motivo per
cui la sua ex moglie aveva chiesto il divorzio: sindrome del
controllo, la chiamava. Non aveva tutti i torti.
Con Orlandi, Tamanin aveva un po’ esagerato, presentando-
gli il Renault come una specie di arma capace di trasformare
l’Alto Adige in un cimitero, ma la realtà dei fatti non era poi
tanto distante. Dall’Austria erano arrivate le informazioni che
riguardavano sia il parco-zoo di Dölsach che la lista degli ulti-
mi carichi transitati sul Renault. Un paio di quei dati avevano
fatto rizzare le antenne al dottore.
Dall’esterno, non fosse stato per il simbolo di contaminazio-
ne biologica, il Renault poteva sembrare un camion frigo di
quelli usati dai supermercati. L’interno invece era spoglio, fat-
ta eccezione per alcuni ripiani in acciaio e un bidone sigillato
in un angolo, trattenuto da appostiti ganci metallici. Come da
routine, i tecnici iniziarono spruzzando il Luminol. E subito
chiamarono il dottor Tamanin.
Una delle specializzazioni di Tamanin era lo studio delle
tracce ematiche. La cosiddetta Bpa. La Bloodstain Pattern
Analysis parte da tre principî empirici: gravità, viscosità e ten-
sione superficiale. Da questi tre dati e da ciò che ne derivava
si potevano dedurre un bel po’ di cose utili alle indagini. Il mo-
vimento delle persone mentre il delitto si stava compiendo,
per esempio. La posizione durante il sanguinamento, i movi-
menti successivi al delitto. La modalità e l’arma usata. La dire-
zione degli schizzi, che dava un quadro preciso riguardo all’a-
rea di impatto e al numero dei colpi inferti. Lo scopo della Bpa
è fornire agli investigatori la più plausibile ricostruzione del-
la sequenza del delitto. O, come diceva Tamanin: «Inchiodare
i figli di puttana».
Proprio per analizzare la Bpa della scena di zona Geiger, su
una parete dell’hangar il dottore aveva appeso le fotografie
scattate attorno e dentro al Renault, quelle dell’area circo-
stante e quelle del cadavere. La prima ricostruzione di quan-
to accaduto era stata abbastanza semplice: il tizio si becca
una pallottola nello stomaco, esce dall’abitacolo, si avvia ver-
so il pino mugo, inciampa, si trascina fino agli alberi, si porta
le mani al ventre sperando di arrestare l’emorragia, o più pro-
babilmente per un atto istintivo di protezione, finisce le ener-
gie, cade e si becca il colpo con una nove millimetri da distan-
za ravvicinata.
Nel retro del Renault tutte quelle tracce mostrate dal Lumi-
nol, quella quantità di Dna, non avevano alcun senso.
- Dottore?
- Esca di qui. Adesso. Subito. Immediatamente.
L’uomo, giacca militare e t-shirt, anziché obbedire accostò
la porta dell’hangar e si avvicinò. - Viktor Martini. Vorrei farle un paio di domande riguardo
al... - Ho già detto al capitano Orlandi che...
L’uomo alzò la mano. – Orlandi e io non lavoriamo insieme.
Squadre parallele, diciamo così. - E allora diciamo, – esplose Tamanin rosso in viso, – che an-
che lei può andare dove già ho mandato Orlandi. - Ho letto la relazione della polizia austriaca, capisco le sue
preoccupazioni. Ma non è l’interno del Renault che mi interes-
sa. - Quella relazione è tecnica e lunga. Due aggettivi che gli in-
vestigatori non digeriscono. Non mi prenda in giro, – Tama-
nin si tolse la mascherina. – Si può sapere chi è lei? - Viktor, dell’ufficio s.
- Ufficio s.?
- La s sta per scartoffie. Leggo velocemente e salto le pagine
in cui non si capisce un tubo, quindi ho fatto in fretta. Comun-
que non mi interessa ciò che contiene o conteneva il Renault.
Vorrei solo prendere alcuni dati, –mostrò un tablet e un cavo
Usb, – poi me ne vado. Immagino che lei abbia già... – Sgranò
gli occhi. Intanto che i due discutevano, i tecnici avevano fini-
to di irrorare di Luminol il cassone dell’autocarro. Rifulgeva
come il cielo a capodanno. - Non è possibile, – esclamò Viktor.
- Adesso capisce perché non ho tempo da perdere?
- Sembra un mattatoio.
- Ma non lo è. Nei mattatoi si trovano chiazze profonde e... –
Tamanin scosse la testa. – Il punto è che ogni singola traccia
L’animale più pericoloso Luca D’Andrea
I continua
. Lunedì, 12 agosto 2019^