L’autore
Luca D’Andrea
È nato a Bolzano, dove vive,
nel 1979. Per Einaudi ha
pubblicato La sostanza del
male (2016), Lissy (2017)
e Il respiro del sangue (2019)
potrebbe essere infettiva.
- Pensa sia sangue animale?
- Non lo siamo tutti? Le è chiaro adesso perché deve andar-
sene da qui? Martini? Mi sta ascoltando?
No, Viktor era da un’altra parte. A Roma, l’unica capitale al
mondo sorta sulla scena di un delitto. Un fratricidio, per la
precisione. Ma non c’erano Romolo e Remo davanti ai suoi oc-
chi mentre il dottore lo fissava, preoccupato. C’erano luci stro-
boscopiche, musica ad alto volume, l’odore dell’alcol e del ses-
so a poco prezzo, dello smog. Delle scale ripide che puzzava-
no di fogna. Ratti. E un uomo dal viso gentile, gli occhiali squa-
drati con lenti spesse da miope. Un uomo che gli diceva...
Tamanin lo scosse. – Martini? Sta bene? - Nella relazione si parla di un... guinzaglio elettronico. Ca-
pisce che intendo?
Tamanin lo squadrò, poi annuì. – Sappiamo entrambi che è
illegale. E sappiamo entrambi che non gliene frega niente.
Per quanto mi riguarda lei non è mai stato qui. Perciò dia quel
tablet a un mio collaboratore e gli dica cosa fare. Al resto pen-
serà lui. E non si azzardi a toccare niente, d’accordo?
Prima la paura, l’angoscia che ti schiaccia a terra senza dar-
ti nemmeno la possibilità di respirare. Poi la rabbia.
Matthias Holler entrò nella stazione di San Candido a passo
spedito, diretto verso la dottoressa Pellegrini. Il maresciallo
Fanti si fece avanti per bloccarlo, ma un cenno della donna lo
fece desistere.
- Perché? – chiese a voce alta Matthias Holler. – Perché non
posso partecipare alle ricerche? - Perché lei è più utile a casa, con sua moglie, – fu la risposta
ferma e pacata della dottoressa. – Dove la possiamo contatta-
re.
E dove, pensò la Pm, non può combinare guai.
L’uomo indicò la porta. – Sa cosa sta facendo Elisabeth in
questo momento? È stesa sul letto di Dora. Non piange. Non si
lamenta. Non parla. È catatonica. - Farò intervenire uno specialista dell’ospedale di Bolzano.
È una reazione comune nei casi di... - Mia figlia è scomparsa, – gridò Matthias Holler, – e lei crede
che io me ne starò con le mani in mano?
Il viso della Pellegrini si indurì. – Sì. Tornerà a casa, aspette-
rà l’arrivo del supporto psicologico e farà esattamente quanto
le verrà chiesto. - Nemmeno per sogno, – sbraitò il padre di Dora. – Nemme-
no per sogno!
Detto questo uscì dall’edificio, furibondo. - Vuole che provi a farlo ragionare? – chiese Fanti.
- Fra mezz’ora gli sarà passata. Contatti il San Maurizio e
mandi a casa degli Holler una squadra di supporto psicologi-
co.
Fanti sparì. - Melan? – chiamò la Pm.
Il carabiniere scelto arrivò in un battito di ciglia. - Martini? – chiese la Pellegrini. – Dov’è finito?
- In ufficio, dottoressa.
- In... – incredula, la dottoressa Pellegrini non terminò la fra-
se. Seguita da Melan, che a stento teneva dietro alle sue falca-
te, superò il corridoio, arrivò all’ufficio s. e diede due vigorosi
colpi sulla porta di legno, senza ottenere risposta. Provò la ma-
niglia, due, tre volte. Chiusa. Dall’ufficio proveniva il consue-
to: tic-tic-tic.
Prima o poi doveva succedere, pensò Terlizzi, mentre
estraeva la Beretta dalla fondina tattica e faceva cenno ai due
uomini che lo accompagnavano di proseguire come nulla fos-
se. Si accucciò, controllò che la sicura fosse inserita, strisciò
fra i rovi, gli occhi puntati sul suo obiettivo, nascosto dietro
un paio di massi erratici coperti di muschio: un berretto da ba-
seball giallo.
Terlizzi attese che gli uomini del soccorso si togliessero dal-
la linea di tiro e iniziò a percorre gli ultimi metri che lo separa-
vano da Cappellino Giallo. La sua posizione non era fra le mi-
gliori, Terlizzi aveva i primi barbagli dell’alba che lo costringe-
vano a socchiudere le palpebre, ma Cappellino Giallo non si
accorse di nulla finché il brigadiere non gli fu addosso e con
un calcio scaraventò di lato la doppietta che l’altro stringeva
fra le mani. Quindi gli puntò la Beretta dritta in faccia.
Che se la facesse sotto, quello strummolo.
L’uomo alzò le mani. – Brigadiere, non spari.
- Holzer, – lo riconobbe Terlizzi.
- Sissignore.
Il brigadiere fischiò, senza smettere di puntare la pistola
contro Alexander Holzer, alias Cappellino Giallo, artigiano di
San Candido (la metà dei caprioli in legno da cinque euro che
i turisti si portava a casa come souvenir era opera sua), artista
mancato, cacciatore nel tempo libero e idiota patentato.
Terlizzi non abbassò l’arma neppure quando i due uomini
del soccorso afferrarono la doppietta, tolsero le cartucce e mi-
sero in sicurezza il fucile. Anche loro, come la maggior parte
degli uomini della valle di un’età compresa fra i venti e i no-
vanta, possedevano la licenza di caccia e sapevano maneggia-
re un’arma.
Terlizzi infilò la pistola nella fondina. – Alzati.
Holzer obbedì. - Girati. Mani dietro la schiena. Palmi verso di me.
- Mi vuole arrestare?
Terlizzi nemmeno si prese la briga di rispondere. Ammanet-
tò l’artigiano, poi compose il numero del capitano Orlandi. - Ecco il primo, capitano.
Orlandi chiuse la comunicazione. Diede ordine di dare sup-
porto a Terlizzi: c’era un pacco da ritirare. Ne sarebbero arri-
vati altri. Una notizia del genere non poteva restare nascosta
a lungo. I carabinieri sapevano tenere la bocca chiusa, ma i
soccorritori? I Freiwillige? Quanto ci era voluto perché la vo-
ce passasse di casa in casa? Quanto perché qualcuno facesse
due più due con il furgone e il cadavere? Quanto perché qual-
che testa calda avesse la bella pensata di imbracciare un’ar-
ma e mettersi a cercare la bambina? Quello era il Sud Tirolo, e
nonostante i rifugi all’avanguardia, le funivie di ultima gene-
razione e i pullman all’idrogeno, certe faccende si risolveva-
no così da secoli.
Erano le cinque e quarantatré minuti. Dora era scomparsa
da circa quattordici ore e il capitano si chiese cosa stesse fa-
cendo in quel momento. Dormiva rannicchiata fra gli alberi?
Camminava alla cieca inseguendo il suo proposito infantile
ed eroico insieme? In entrambi i casi: quel tizio butterato la
cui foto era appiccicata accanto alla cartina geografica su cui
erano segnati gli spostamenti delle varie squadre era davvero
con lei? E cosa voleva?
Stava bene, Dora? Era ferita? Oppure...
Orlandi pensò al viso di sua moglie, addormentata. Provò
l’impulso di chiamarla solo per sentirne la voce. Non lo fece.
Avrebbe rischiato di svegliare i gemelli. Meglio di no. Così l’in-
terrogativo affiorò.
I suoi uomini stavano cercando un cadavere?
L’animale più pericoloso Luca D’Andrea
- (continua) domani la quinta puntata
Copyright © 2019 Luca D’Andrea Pubblicato su licenza Giulio Einaudi
editore s.p.a., in accordo con Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency
(PNLA).
(^). Lunedì, 12 agosto 2019