La Repubblica - 12.08.2019

(Steven Felgate) #1
della sua stanza. Toulouse-Lautrec
lo ritrasse in un bellissimo pastello.
A casa di Theo, soffrì di insonnia e di
allucinazioni. Theo scrisse: «La pre-
senza di Vincent è quasi insopporta-
bile... È come se in lui ci fossero due
persone distinte: la prima tenera,
sensibile, straordinariamente dota-
ta: la seconda egoista, e dal cuore du-
rissimo». Presto rifiutò la figura pa-
terna di Theo, che gli forniva i colo-
ri.
Michelangelo gli sembrava ora un
pittore di terz’ordine. Anche lui so-
gnava un Lorenzo il Magnifico, co-
me protettore. Ma nell’Europa di
quel tempo non c’era nessun Loren-
zo il Magnifico. Così, stanco della vi-
ta e del clima parigino, nel febbraio
1888 decise di partire per il Sud — al-
la ricerca dei colori accesi.
Si stabilì ad Arles, in Provenza —
un luogo caro anche a Cézanne. Dor-
miva in un caffè. Cominciò a dipin-
gere all’aria aperta sotto l’intenso,
insopportabile calore del mezzo-
giorno. Dipingeva moltissimo, per-
ché l’eccesso era la sua patria: frutte-
ti, frutteti, frutteti, frutteti, sebbene
amasse anche la sobrietà di Degas.
Continuava a leggere Zola, e Germi-
nal, che tuttavia gli assomiglia po-
chissimo. Gauguin — pittore tanto in-
feriore a lui — lo raggiunse nella “ca-
sa gialla” che Vincent aveva affitta-
to, ma presto litigarono furiosamen-
te. La notte del 23 dicembre 1888
Vincent si tagliò un orecchio (o il lo-
bo di un orecchio) e lo regalò, fascia-
to nella carta di un giornale, a una
prostituta. Per mesi sarebbe stato in-
ternato al manicomio di
Saint-Rémy. Continuò a dipingere:
decine di tele che sfioravano il ne-
ro-rosso; il terribile colore simbolico
di cui parlavano i malati, come sape-
va benissimo. Nelle lettere si accen-
tuarono le tendenze suicide. Imma-
ginò che il caldo del mezzogiorno lo
sconvolgesse e lo distruggesse.
Il 16 maggio 1890 lasciò
Saint-Rémy. Tornò a Parigi, e il 20
maggio raggiunse Auvers-sur-Oise,
un luogo nel Nord non lontano, rac-
comandatogli da Pissarro, che lo giu-
dicava «di una bellezza severa». Vi
conobbe e amò il dottor Paul-Ferdi-
nand Gachet, che lo ospitava a pran-
zo una volta alla settimana. Pensava
continuamente alla natura. «C’è
molto di cui essere grati alla natura;
ma mi stanno venendo meno le for-
ze: Sono alla fine». «Prima che gli oc-
chi mi si chiudano per sempre, ve-
drò il raggio supremo, il rayon
blanc». Scriveva a Theo: «La malinco-
nia mi riprende spesso con grande
violenza». Scriveva alla madre: «Co-
loro ai quali mi sono più affeziona-

to, mai li ho visti altrimenti che co-
me attraverso un fondo oscuro, co-
me ombre». Cercava qualcosa che
non conosceva, e che nessuno aveva
ancora cercato di rappresentare.
Cos’era, dunque il rayon blanc, di
cui parlava tanto? Dove stava?
Nell’estremo culmine dei cieli? Op-
pure nel Rodano, o nelle profondità
del Mediterraneo, o al di sopra di tut-
te le cose, persino di Dio? Era la base
e il fondamento del mondo? Il suo
culmine? La sua vetta?
Come riconobbe Pissarro, Van Go-
gh diventava un pittore sempre più
grande. Gli impressionisti erano
quasi dimenticati; e molto da lonta-
no si annunciava Picasso. Dipingeva
per dodici ore di seguito, senza fer-
marsi mai. «Il mio pennello suona
tra le mie dita come un archetto di
violino». Diceva di percepire «le infi-
nite varianti di una stessa famiglia
di colori».
Tutto finì presto. Non aveva soldi.
Si sentiva «paralizzato» o «super-pa-
ralizzato», sebbene continuasse a di-
pingere furiosamente quadri sem-
pre più grandi. Restava la luce radio-
sa del Vangelo, del suo Vangelo. Per
lui gli altri — anche la madre e Theo
— erano soltanto ombre. Cercava di
diventare povero nel Regno di Dio —
come san Francesco o una mistica
fiamminga. Sperava che il suo lavo-
ro entrasse nel cuore del popolo.
Ogni tanto veniva assalito da una
atroce depressione.
Theo esaltava gli ultimi quadri
del fratello: «Vi è in tutti una poten-
za di colore che non aveva ancora
raggiunto». Pissarro pensava: «Van
Gogh sarebbe impazzito o avrebbe
superato tutti gli altri pittori: ma
non immaginavo che avrebbe fatto
entrambe le cose». Van Gogh ripete-
va: «Nel mio lavoro rischio la vita, e
la mia ragione si è per metà consu-
mata». Era alla fine: alla fine della fi-
ne. Il 27 luglio 1890 cominciò a pre-
parare il suicidio. Lo stesso giorno,
uscito nel pomeriggio per lavorare
all’aperto, rincasò alla sera, dicendo
di essersi sparato una revolverata. Il
dottor Gachet, che lo medicò, venne
accolto da Vincent con queste paro-
le: «L’ho fatto per il bene di tutti. Ho
mancato il colpo ancora una volta».
Il 29 luglio 1890, poco dopo l’una di
notte, Vincent morì. Le rane gracida-
vano. Il 30 luglio, sotto un sole impla-
cabile, il corpo di Vincent van Gogh
venne sepolto nel fango. Theo, che
l’aveva tanto amato, morì in una cli-
nica a Utrecht il 25 gennaio 1891, do-
po avere trascorso le ultime settima-
ne in una condizione di assoluta apa-
tia.

di Umberto Gentiloni

Estate 1944, una strage si abbatte su
un piccolo paese della provincia di
Lucca. Sant’Anna di Stazzema è un
luogo simbolo della violenza nazifa-
scista che colpisce civili innocenti
spezzando vite e distruggendo co-
munità. All’alba del 12 agosto di set-
tantacinque anni fa un disegno ter-
roristico premeditato uccide 560
persone, oltre cento i bambini, la vit-
tima più giovane aveva 20 giorni. La
terribile realtà del conflitto totale
entra prepotentemente nella fase
decisiva, dopo la controffensiva al-
leata e la liberazione di Roma, nel vi-
vo della faticosa conquista dello sti-
vale da parte delle forze liberatrici.
L’Italia è un teatro di guerra dall’e-
state dell’anno precedente quando
il confronto tra la coalizione guida-
ta dagli anglo americani e le truppe
tedesche si snoda lungo territori
contesi, linee di difesa, avanzamen-
ti e posizionamenti inamovibili. Sal-
tano le distinzioni tra combattenti e
civili, tra chi indossa una divisa e chi
rimane aggrappato a una quotidiani-
tà sconvolta: bombardamenti aerei,
forme di Resistenza armata e civile,
rastrellamenti e stragi efferate. Nel
territorio sotto il controllo tedesco
vengono applicate le leggi di guerra
del Terzo Reich. E così un nucleo di
case appoggiato sulle alpi apuane di-
venta il teatro di un eccidio organiz-
zato dalla 16. SS Panzergrenadier-Di-
vision “Reichsfuhrer-SS” con la colla-
borazione di fascisti locali che guida-
no gli assassini verso villaggi, abita-
zioni e famiglie. Fucilazioni di mas-
sa organizzate dall’alba al primo po-
meriggio: un’intera comunità viene
spazzata via, cancellata brutalmen-
te dalla faccia della terra. Il motivo è
riconducibile alla strategia di guer-
ra che i nazisti applicano lungo la li-
nea gotica: al di qua e al di là della
stessa per almeno dieci chilometri il
suolo deve rimanere libero da inse-
diamenti civili e presenze che possa-
no indebolire la continuità della for-
tificazione difensiva. Per bloccare

l’avanzata alleata bisognava control-
lare porzioni di territorio cancellan-
do ogni presenza scomoda e trasfe-
rendo popolazioni verso zone non a
ridosso della linea del fronte. In que-
sta complicata articolazione civile e
militare le forze della Resistenza si
organizzano e cercano di colpire le
truppe tedesche con attentati o azio-
ni di sabotaggio. Le rappresaglie so-
no immediate e pesanti, distribuite
in diversi centri della zona: Civitella

val di Chiana, Guardistallo, Fivizza-
no o Bardine in un elenco che po-
trebbe essere molto più lungo.
Sant’Anna di Stazzema era stata
indicata dal comando tedesco come
possibile destinazione per accoglie-
re popolazioni sfollate, oltre mille
presenze nell’estate del 1944. Eppu-
re in poche ore viene circondato il
perimento dell’abitato, chiusa ogni
via di fuga, rastrellati e rinchiusi gli
abitanti rimasti in paese per costrui-
re le condizioni di un vero e proprio
massacro. Non una rappresaglia di
reazione ma un atto terroristico pre-
meditato per spezzare ogni possibi-
le collegamento tra la lotta partigia-
na e le popolazioni della zona. Dopo
anni di silenzi e memorie divise oggi
sappiamo molto, grazie al lavoro di
storici e magistrati a partire dal pro-
cesso celebrato dal tribunale milita-
re di La Spezia (2005) e confermato
nell’impianto e nelle condanne dal-
la Cassazione (2007). Una vicenda
che appartiene alla nostra memoria
e che va al di là del perimetro delle
comunità coinvolte. È il peso del na-
zionalismo che dalle ombre del pas-
sato si spinge fino agli interrogativi
del nostro tempo: un pericolo che
prende sembianze diverse, si adatta
a contesti e linguaggi rischiando di
proporre conflitti e lacerazioni insa-
nabili. Il ricordo è oggi nei luoghi e
nei musei che la conoscenza storica
ha permesso di costruire come mo-
nito e messaggio per le generazioni
che sono venute dopo. Un cammino
comune lungo i decenni del dopo-
guerra nella convinzione che nessu-
no possa salvarsi da solo e che il ter-
ribile lutto di allora possa insegnare
e comunicare ancora oggi.
Da qui i gemellaggi tra i comuni,
le cerimonie che coinvolgono i verti-
ci istituzionali dell’Italia e della Ger-
mania. Al di là di parametri, deficit o
politiche di contenimento il sigillo
più vitale dell’Europa che abbiamo
costruito e conosciuto è la pace co-
me prezioso riferimento. Un’eredità
e un antidoto contro ogni forma di
intolleranza o egoismo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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a 75 anni dall’eccidio

Pace contro nazionalismi


La lezione di Sant’Anna


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Su Robinson


la piccola Dorrit


di Dickens


riletta da Jacobson


C’è anche l’intramontabile Piccola Dorrit di
Dickens, riletta in una chiave nuova e attua-
lissima da Howard Jacobson su Robinson, in
edicola tutta la settimana a 50 centesimi. Lo
scrittore e umorista britannico, vincitore
del Man Booker Prize nel 2010, sarà presto
in Italia, ospite al Festivaletteratura di Man-
tova il 6 settembre mentre a fine agosto tor-
na in libreria con un nuovo romanzo. Oltre
al servizio di copertina dedicato al Ferrago-
sto degli italiani, dagli anni del Sorpasso fi-
no a oggi, non perdete le nostre rubriche, i
festival — dal 18 agosto, per esempio, Seni-
gallia si trasforma nella capitale del giallo —
e lo Straparlando di Antonio Gnoli che que-
sta settimana ha intervistato lo scrittore Fer-
dinando Camon. Ma soprattutto continuate
a scrivere a [email protected].

Gli appuntamenti
Le commemorazioni
oggi e il 25 agosto

kIl ricordo Il Monumento alle vittime
di Sant’Anna di Stazzema

Oggi a Sant’Anna
di Stazzema, Lucca,
la cerimonia con
il ministro Moavero.
Il 25 agosto
a Fivizzano
il presidente Sergio
Mattarella e il suo
omologo tedesco
ricorderanno
l’altro eccidio

jAutoritratto
Vincent
van Gogh
nel suo celebre
Autoritratto
con cappello
di paglia (1887)

. Lunedì, 12 agosto 2019^ pagina^29

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