Oggi c’è un nuovo maliano di nome Lassara.
Seduto con aria malinconica a un tavolo della
cucina, ogni tanto guarda il cellulare, poi scon-
solato appoggia la testa sulle braccia. «La raccolta
non è ancora cominciata», spiega Youssouf, «per-
ciò non ha lavoro».
Lassara è in Spagna da otto mesi. Youssouf in-
vece si trova qui da 14 anni e definisce Lepe un
carrefour, un crocevia, intendendo un incrocio di
strade diverse ma anche un punto di sosta. Le
spinte contrapposte dei flussi migratori moderni
trasformano in crocevia luoghi che fino a qualche
decennio fa non avremmo mai immaginato come
tali. E in questa anonima cittadina agricola Yous-
souf non sa quante volte ha sentito raccontare da
ragazzi come Lassara una storia del tutto identica
alla sua: la decisione di andar via, spronato dai
ripetuti discorsi dei vicini su quei lontani parenti
così in gamba che si erano rifatti una vita altrove
e mandavano soldi a casa. La convinzione che
anche se infrange le leggi sull’immigrazione - pa-
gando 1.000 euro e più per essere portato clande-
stinamente da uno stato all’altro fino al Mediter-
raneo e sopravvivendo per grazia di Dio o di Allah
alla traversata illegale sul barcone dal Marocco
alla Spagna, la propaggine del continente europeo
più vicina all’Africa - un migrante che sgobbi nei
campi possa ottenere in qualche modo un per-
messo di lavoro e un posto stabile e tornare a casa
come si deve, in aereo, per riabbracciare quei pa-
renti che bene o male dovrebbero essere stati il
motivo della sua partenza.
Lassara alza la testa, commenta qualcosa in
bambara e Youssouf traduce in spagnolo: «Nes-
suno dice mai come stanno davvero le cose».
Il ragazzo nasconde di nuovo il viso tra le
braccia, Youssouf lo guarda e annuisce. L’anno
scorso hanno tentato la traversata del Mediter-
raneo quasi 60 mila persone dopo aver seguito
piste imparate per sentito dire o per mezzo dei
contrabbandieri. Ma nei crocevia di tutto il
mondo i migranti si parlano così, scambiandosi