National Geographic Italy - 08.2019

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Di lì a un millennio la cosiddetta rivoluzione
neolitica avrebbe difuso l’agricoltura ino all’Eu-
ropa sudorientale. Poco dopo - circa 6.000 anni
fa - contadini e pastori erano presenti in tutto il
continente.
È noto da tempo che l’agricoltura arrivò in Eu-
ropa dalla Turchia o dal Medio Oriente; ma anche
i contadini arrivarono da lì? La risposta non è
scontata. Per decenni molti archeologi hanno
pensato che una serie di innovazioni - l’agricol-
tura, ma anche la ceramica, le asce di pietra le-
vigata e gli insediamenti complessi - non siano
arrivate in Europa con le migrazioni ma grazie
al commercio e al passaparola.
Ma i test del Dna sui resti umani di Boncuklu
hanno contribuito a dimostrare che la migrazione
ebbe molto più peso su questo processo. Gli abi-
tanti dell’insediamento di Boncuklu tenevano i
loro morti vicini, seppellendoli in posizione fetale
sotto il pavimento delle abitazioni. A partire dal
2014 Baird ha cominciato a inviare a laboratori
di analisi di tutto il mondo campioni di crani e
dentature prelevati da una dozzina di sepolture.
Molti di quei campioni erano troppo degradati
per fornire risultati soddisfacenti. Poi, all’Isti-
tuto Max Planck, un’équipe diretta da Johannes
Krause ha analizzato campioni di rocca petrosa,
una parte dell’osso temporale poco più grande
della punta di un mignolo, tra le ossa più dense
del corpo umano. Si è così scoperto che in quella
porzione d’osso le informazioni genetiche si con-
servano molto più a lungo che nel resto dello sche-
letro, una rivelazione che ha contribuito - assieme
ai nuovi strumenti per il sequenziamento - a in-
centivare lo studio del Dna antico.
Il Dna estratto dai campioni di rocca petrosa
di Boncuklu è simile a quello individuato in con-
tadini vissuti secoli dopo centinaia di chilometri
a nord-ovest. Ciò signiica che i primi contadini
anatolici emigrarono, e che oltre al loro stile di
vita difusero anche i loro geni.
E non si limitarono all’Europa sudorientale.
Nel corso dei secoli, risalendo il Danubio, i loro
discendenti si spinsero ino al cuore del conti-
nente. Altri si avventurarono su imbarcazioni
nel Mediterraneo, colonizzando isole come la
Sardegna e la Sicilia e il sud d’Europa, fino al
Portogallo. Da Boncuklu alla Gran Bretagna, la
irma genetica anatolica si ritrova ovunque si sia
difusa per la prima volta l’agricoltura.
Questi contadini neolitici avevano prevalen-
temente la pelle chiara e gli occhi scuri, tratti
opposti a quelli di gran parte dei cacciatori-rac-


coglitori a ianco dei quali si ritrovarono a vi-
vere. «Avevano un aspetto diverso, parlavano
lingue diverse... e avevano una diversa alimen-
tazione», dice l’archeologo David Anthony. «In
linea di massima rimasero separati». Un po’ in
tutta Europa, in alcuni casi anche per secoli,
il primo contatto con i migranti anatolici non
fu idilliaco. Non ci sono molte prove del fatto
che un gruppo abbia adottato gli strumenti
o le tradizioni dell’altro, e anche dove le due
popolazioni si sono mescolate le unioni miste
erano rare. «Erano in contatto, su questo non c’è
dubbio, ma non si scambiavano mogli e mariti»,
dice Anthony. «In barba alle più basilari nozioni
di antropologia, tra i due gruppi non avveniva
alcuna mescolanza sessuale». La paura dell’“al-
tro” ha radici profonde.

INTORNO A 5.400 ANNI FA, però, cambiò tutto.
In tutta Europa i iorenti insediamenti neoli-
tici si ridussero o scomparvero del tutto. Un
improvviso declino che ha fatto scervellare gli
archeologi per decenni. «Ci sono meno oggetti,
meno materiale, meno gente, meno siti», dice
Krause. «E senza un evento importante è dif-
ficile spiegarlo». Ma non ci sono tracce né di
grandi conlitti né di guerre.
Dopo circa 500 anni di vuoto la popolazione
ricominciò a crescere, ma qualcosa era profon-
damente cambiato. Nell’Europa sudorientale le
necropoli collettive del Neolitico erano state sosti-
tuite da imponenti tumuli individuali per maschi
adulti. Più a nord, tra la Russia e il Reno, era nata
una nuova cultura, quella della ceramica cordata,
detta così per la decorazione che veniva impressa
premendo una corda sull’argilla bagnata.
Il Museo statale della preistoria di Halle, in
Germania, conserva decine di tombe del periodo,
molte delle quali salvate dagli archeologi in can-
tieri edili. Per non perdere tempo e proteggere le
delicate spoglie che custodivano, le sepolture sono
state rimosse in casse di legno con tutta la terra
che le conteneva e conservate in un deposito.
Le sepolture della cultura della ceramica cor-
data sono talmente riconoscibili che di solito gli
archeologi le datano senza dover usare il me-
todo del radiocarbonio. Gli uomini venivano
quasi sempre sepolti appoggiati sul ianco de-
stro, le donne sul sinistro, e tutti con le gambe
raggomitolate e la faccia rivolta a sud. In alcune
delle tombe del deposito di Halle le donne strin-
gono tra le mani borse rivestite di zanne di cane,
gli uomini asce di pietra da combattimento.

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