La situazione clinica era davvero spettrale, ed avevo la forte sensazione che sarebbe accaduto
qualcosa di grave all’improvviso, ma non capivo cosa, quando e come.
Infatti mi sembrava di delirare e mantenevo gli occhi ben chiusi per impormi l’isolamento, almeno
visivo, da quella cella oppressiva, da tutti quei fili, dalla flebo, dal monitor.
Soltanto il rumore del monitor non riuscivo a controllare con alcun escamotage e purtroppo
esasperava violentemente la grave fibrillazione emettendo suoni scomposti, tetri ed ossessivi, rapidi
ed irregolari come il battito del mio cuore malandato.
Ogni tanto aprivo leggermente gli occhi per leggere la frequenza cardiaca nel monitor, ma non era
conveniente farlo perché prendevo atto che nel giro di pochi secondi passava da una grossa
tachicardia, quasi 200 battiti al minuto, a meno della metà, per poi risalire in un attimo.
Il monitor emetteva alert continui, suoni piuttosto tetri e ad alto volume, ulteriori rispetto a quelli
che simulavano il battito cardiaco, ogni volta che la frequenza superava certi livelli ed ogni volta
che riscendeva sotto quella soglia, quindi erano piuttosto continui, più volte al minuto.
Le mie strane problematiche percettive e sensoriali, la vista annebbiata, il ronzio, l’estrema astenia,
aggravavano la sensazione di morte imminente che la forte fibrillazione mi arrecava.
Quelle poche volte che aprivo gli occhi vedevo la sagoma scura della mia cassa toracica, nell’ombra
e nel buio della cella, sobbalzare sotto i colpi del cuore che si dimenava terribilmente, dando
l’impressione di volersi liberare dall’abbraccio mortale della fibrillazione!
Anche le gambe e l’addome tremavano quando l’aritmia aumentava in intensità, ed il respiro saltava
e si interrompeva continuamente!
Avveniva tutto nel mio corpo che era divenuto un campo ove infuriava una battaglia furiosa, forse
tra le forze del bene e del male, e la vittoria di una o dell’altra avrebbe sancito la mia morte o la vita
che, in quelle condizioni, sarebbe stata una sopravvivenza raggiunta in extremis.
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