La mancanza di una Cappella e la preghiera in cella
Dopo questa ennesima esperienza d’Amore Eterno avevo desiderio di pregare e chiesi agli appuntati
ove fosse la Cappella per sapere in che orari era possibile andarci e seguire la Santa Messa, ma con
mia grande sorpresa mi risposero che non esisteva alcuna area del genere nel carcere, e nemmeno
era prevista la presenza periodica di un cappellano che girasse tra le celle!
Rimasi stupito perché fino a quel momento l’organizzazione del carcere era stata esemplare!
Riflettendoci bene capii, però, che tale lacuna non dipendeva da una dolorosa inefficienza ma da
un’esigenza di sicurezza e parità tra le varie religioni perché erano tanti fra i detenuti i seguaci di
altre fedi, i musulmani in particolare, e quindi sarebbe stato necessario avere nel penitenziario anche
una Moschea ed una Sinagoga, oltre alla Cappella, condizione sostanzialmente irrealizzabile.
Mi resi conto, quindi, che la preghiera era un atto assolutamente riservato, i pochi credenti
avrebbero potuto fare da sé, ciascuno poteva pregare in cella o nel corridoio o nell’ora d’aria.
Infatti la stragrande maggioranza dei carcerati era assolutamente atea, capace solo delle nefandezze
più orribili, anche a proprio danno, come i numerosissimi tossicodipendenti che desideravano
soltanto spegnersi forse proprio perché avevano piena coscienza del disastro della loro dipendenza.
Con la rivolta carceraria, infatti, furono molti i tossici in tutta Italia che riuscirono ad entrare nelle
medicherie ed assumere grandi quantità di metadone, suicidandosi.
Personalmente credo che nelle carceri sarebbe meglio realizzare aree per tutte le Fedi principali
perché i detenuti potrebbero trovare grande giovamento e sostegno durante la dura prova detentiva.
Ne sono assolutamente convinto. Infatti io stesso vivevo un notevole sconforto nel non poter
ascoltare una Santa Messa, nel non poter fare la Comunione, nel non poter pregare in un luogo di
culto. Forse la mancanza di un luogo sacro nelle prigioni è la lacuna più grave perché toglie ai
detenuti l’unica possibilità reale per dare una svolta alla loro esistenza, per trovare in carcere ciò
che non hanno riconosciuto fuori.