La rissa in cella
Una sera a causa del nervosismo strisciante nella cella sempre chiusa, i nuovi detenuti ebbero una
discussione molto accesa con i vecchi, ed inizialmente volarono soltanto insulti pesanti.
Intervennero gli appuntati per sedare la discussione che sembrò risolta, ma dopo un’oretta esplose il
finimondo, scoppiò una rissa e vennero alle mani in maniera piuttosto violenta, ed a nulla valsero i
tentativi di dividerli.
Se le diedero di santa ragione proprio innanzi a me, ma fortunatamente io ero al piano superiore del
letto a castello per cui non mi investirono nella loro furia.
Arrivarono di corsa 5-6 guardie e riuscirono a riportare la calma a fatica, rimediando esse stesse
qualche spintone.
Non era presente a quell’ora l’ispettore e fu per loro una grande fortuna perché, se ci fosse stato,
tutti i detenuti coinvolti avrebbe rimediato almeno altri 3 mesi di carcere ciascuno.
C’era persino il rischio che anch’io, che ero stato soltanto spettatore, potessi subire ripercussioni
perché in quei casi spesso pagavano tutti i componenti della cella.
Per tranquillizzarmi chiesi lumi agli appuntati che mi dissero di stare tranquillo perché al momento
del loro intervento videro che io ero nel mio letto e non avevo avuto alcun ruolo.
Furono comunque costretti a far intervenire un dirigente e si presentò una donna poliziotto, in
funzione dell’ispettore, che fu molto esigente perché pretese che tutti coloro a cui porgeva domande
dovessero mettersi in piedi e quasi sull’attenti prima di risponderle. Sembrò una scena d’altri tempi,
anteguerra per la verità, però fu molto efficace. Dopo l’interrogatorio dispose l’allontanamento
immediato dalla cella dei due soggetti più esagitati, e riportò l’ordine.