NEI SECOLI DEI SECOLI - Gianni Zito - Biografia

(Gianni Zito) #1

Nel carcere regnano tra i detenuti regole ferree per la tutela dei bambini e delle donne, e chi ha
alzato solo un dito contro di loro viene pesantemente aggredito e potrebbe essere ucciso, come
spesso capita.


Anche questa regola contribuì all’incremento del mio rispetto verso buona parte dei detenuti, infatti
io la pensavo come loro anche in questo caso, tranne che sulle aggressioni da compiere.


Ovviamente incrementai anche la stima per gli appuntati ed il direttore che governavano tutto con
estrema professionalità, fermezza, ed umanità.


Quando arrivammo in cella, completamente deserta perché tutti i rivoltosi furono trasferiti in altre
carceri del sud Italia, dopo un attento esame notai che era una delle pochissime, forse l’unica ancora
libera, ad avere un affaccio su un’area ove si trovavano alberi e vegetazione.


Si trattava di un affaccio non diretto ma visibile dal cancello d’ingresso della cella, e lo
apprezzammo molto perché l’alternativa, che avevano tutte le altre celle del corridoio, sarebbe stato
un muro opprimente.


Tra l’altro quella vegetazione non sarebbe stato possibile osservarla se ci fossero state ancora le
vetrate opache che invece erano state distrutte pochi giorni prima dai rivoltosi.


Volli pensare che anche quelle coincidenze, non da poco conto, furono frutto di una combinazione
voluta dall’Alto, visto che io nella mia vita avevo sempre amato tutti i generi di piante.


Buona parte del tempo, infatti, lo trascorrevo col mento appoggiato al cancello d’ingresso, intento
ad osservare proprio la vegetazione, il verde, gli uccellini che si poggiavano sugli alberi, il che
corrispondeva ad un privilegio davvero eccezionale per un carcerato.


Gli altri potevano osservare soltanto mura opprimenti, corridoi scarni e desolati, pareti rovinate.

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