La truffa del ristorante e l’assurdo fallimento
Prima di partire per Napoli, quindi, decisi di vendere l’attività del ristorante compresa la licenza, gli
arredi, gli accessori, a circa 200milioni di lire. Tra i pretendenti si fecero avanti proprio “amici di
amici” della mia ex socia, con i quali alla fine delle trattative, ad inizi gennaio 1999, concordammo
un affitto d’azienda - da loro proposto come unica possibile soluzione pro forma - col quale
avrebbero gestito l’attività autonomamente, saldando a rate la somma concordata per la cessione,
per ultimare ufficialmente la vendita soltanto a pagamento ultimato.
Mi sembrò una proposta ben impostata, condivisibile e seria, oltretutto gli acquirenti avevano un
altro locale di ristorazione sempre nel centro storico, non lontano dal mio, e quindi ero abbastanza
tranquillo.
In pratica avrei conservato la proprietà sino al saldo rateale impostato come un affitto d’azienda e
quindi mi sentivo tutelato. Ovviamente tra gli accordi c’era anche il pagamento delle somme dovute
alla ditta che aveva intrapreso l’istanza di fallimento, da effettuarsi prima dell’udienza di luglio
1999, ed avrebbero dovuto eseguirlo loro stessi visto che avevano tutto l’interesse di gestire
l’attività e non esporla a nessun tipo di problematica.
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