Mi emozionai anch’io al racconto di quell’episodio, e poiché conoscevo il suo carisma e la sua forte
personalità, riuscivo ad immaginarlo perfettamente in quell’occasione eroica, per cui capii il dolce
pianto che aveva sopraffatto sia Mimì che la madre dopo il racconto.
Asciugatesi le lacrime mi precisarono che il loro Eroe era seppellito proprio lì nel giardino della
loro casa, sotto un grande albero, e mi ci portarono per poter anch’io pregare per lui.
La tradizione dei marocchini più agiati, infatti, era proprio quella di seppellire i propri cari nei
giardini di casa e per certi aspetti non riuscivo a capirne il significato, ma nei giorni seguenti
visitando la spiaggia di Rabat compresi il perché: la maggior parte dell’area era in realtà un cimitero
a cielo aperto, le tombe erano disseminate dappertutto e per raggiungere il mare occorreva passarci
proprio in mezzo!
Che strano, e comunque fu l’unico aspetto che mi sorprese negativamente del Marocco, infatti per
un europeo come me si trattava di una situazione inimmaginabile.
Subito dopo, per stemperare la tensione e la tristezza, la madre pensò bene, anzi benissimo, di
portarci in cucina a gustare qualche piatto prelibato della tradizione marocchina, e ne fui
felicissimo, essendo io un noto ghiottone! A volte francamente un bulimico!
La cucina era l’area più piacevole da rivedere non solo per i promettenti profumi che emanava
anche se non vi stava lavorando nessuno, dovuti alle numerosissime spezie presenti in vasetti
colorati sparsi ovunque, ma anche perché era la camera più esposta sul giardino e consentiva di
ammirare dalle vetrate la vegetazione esotica.
Notai però che la piscina era vuota, desolante, abbandonata, e capii che quella situazione dipendeva
dal lutto del padre, ancora pienamente palpabile, per cui i contrasti tra le meraviglie e le desolazioni
erano evidenti un po’ dappertutto in casa.