In altre occasioni nelle quali si manifestava maggiormente il mio dolce sadismo, derivante da un
amore appassionato, appena passava una volante vicino a noi facevo finta che fossero lì per me per
arrestarmi, ed ogni volta Anna si spaventava!
Che mascalzone che ero, per non dire altro!
In pratica col tempo non solo ci abituammo all’ingiustizia subita ma riuscimmo anche a divertirci
per la situazione grottesca: un innocente che doveva essere costretto a vivere come un improbabile
delinquente! Che follia!
La sera verso le ore 20,00 trovandoci entrambi in centro, al corso Vittorio Emanuele, alla fine del
lavoro, avevamo solo una mezz’ora di tempo prima di dover rientrare a casa entro l’orario delle
21,00 stabilito per legge, e lo trascorrevamo seduti ed abbracciati su quella che poi definimmo “la
panchina della detenzione” - nomignolo che le è rimasto appiccicato ancora oggi e lo richiamiamo
alla memoria ogni volta che ci passiamo accanto - che si trova all’incrocio della scuola Vicinanza,
accanto all’edicola.
La famosa “panchina della detenzione” al corso Vittorio Emanuele, evidenziata dalla freccia.