Subito dopo chiamarono Anna che giunse in pochi minuti e mi osservò con gli occhi spalancati e lo
sguardo glaciale, ma io viceversa la salutai con un sorriso di circostanza, neanche tanto riuscito per
la verità, per tentare di tranquillizzarla.
Lei mi guardò con occhi molto intensi e, percependo la mia santa pazienza, modificò la sua reazione
emotiva passando dalla paura alla determinazione in un attimo!
Si sentì improvvisamente coinvolta in una guerra giudiziaria senza esclusione di colpi, ed ebbe
un’espressione di sfida - non rivolta ai poliziotti che rispettavamo entrambi perché nel frattempo
avevano capito il dramma che stavo vivendo da persona innocente che finisce in un carcere terribile,
ed avevano iniziato a trattarmi con delicatezza e rispetto - ma contro una situazione assurda per un
Paese che si reputa civile!
Anna mi guardò intensamente negli occhi, mi trasferì tutta la sua rabbia e la sua determinazione -
che per la prima volta vidi espresse con una simile energia nel suo sguardo, tanto è vero che mi
impressionai immaginando qualche sua reazione spropositata - e bisbigliò con espressione solenne:
“va bene, è andata così, adesso vedranno con chi hanno a che fare! Non ti preoccupare, ti tirerò
fuori da questa situazione al più presto! Te lo giuro!”.
Non l’avevo mai vista così forte e determinata in oltre sei anni di fidanzamento!
I suoi occhi esprimevano rabbia, disgusto, vergogna, perché lo Stato Italiano non era stato in grado
di tutelare una persona innocente, per giunta malata da 40 anni, come me, che non avrebbe mai e
poi mai dovuto subire una tortura del genere!
Osservavo incuriosito, e nello stesso tempo ammirato, tutta la sua maestria nel compiere gli
adempimenti del caso, dopodiché si recò velocemente a casa per prendere almeno le medicine che
avrei dovuto assumere la sera come facevo ormai da decenni, non potendo assolutamente
sospendere la terapia.