14 Venerdì 13 Marzo 2020 Il Sole 24 Ore
Economia & Imprese
INFRASTRUTTURE
Porto di Genova nel caos,
la sanificazione blocca i Tir
Al terminal Psa di Pra’
si sono concentrati
centinaia di camion
Porto di Genova in affanno ieri, e
traffico in tilt con lunghe file di Tir
in entrata nel terminal Psa di Pra',
per le sanificazioni in corso legate
al coronavirus.
Tutti i terminal del primo scalo
d’Italia stanno effettuando opera-
zioni per combattere il Covid-. Fra
mercoledì e ieri, il lavoro è stato par-
zialmente sospeso per permettere
di igienizzare mezzi e locali, oltre
che al Psa, anche presso le altre ban-
chine, dal terminal San Giorgio al
Messina, dal Sech alle aree del grup-
po Spinelli. La sanificazione è parti-
ta, ma l'emergenza ha messo in dif-
ficoltà il porto e stanno venendo al
pettine nodi legati alla sicurezza dei
lavoratori, che potrebbero portare
anche a una limitazione delle merci
caricate e scaricate.
Al Psa, da mercoledì si sono con-
centrate centinaia di Tir in attesa,
con gli autisti, circa persone, ri-
masti per tutta notte ad aspettare
che fosse completata la sanificazio-
ne e che i lavoratori portuali ripren-
dessero il lavoro dopo la protesta
per chiedere la disinfezione dei
mezzi. Una situazione che si è pro-
tratta fino a ieri e provocato calche
che certo aiutano il contenimento
della diffusione del virus.
«La sanificazione - sottolinea Giu-
seppe Tagnochetti, coordinatore li-
gure di Trasportunito - è importante
ma doveva essere programmata in
modo che gli autotrasportatori non si
presentassero al terminal. È irre-
sponsabile che la disorganizzazione
provochi un disagio come questo,
con gli autisti bloccati senza servizi o
un posto di ristoro, tanto che ha do-
vuto intervenire la Protezione civile
per fornire generi di prima necessità.
Non è accettabile che il primo porto
d'Italia, di fronte all'emergenza, si
faccia trovare in queste condizioni».
Secondo Guido Nicolini, presi-
dente di Confetra, «servono dispo-
sizioni chiare e univocamente vali-
de in tutta Italia. Per gli autisti dei
Tir, i driver, i facchini dei magazzi-
ni, i portuali. A tutela della salute dei
lavoratori, ma anche di un corretto
ed etico modo di fare impresa. Ci so-
no state annunciate, a ore, dal Go-
verno. Speriamo siano concreta-
mente realizzabili».
I sindacati, a Genova, hanno chie-
sto anche di fornire ai lavoratori le
autoprotezioni ma i terminalisti fan-
no fatica a trovarle sul mercato. E un
documento comune per l’adozione di
iniziative a sostegno del lavoratori e
delle imprese portuali è stati firmato
da Assiterminal, Assologistica, Asso-
porti, e sindacati.
«È necessario – afferma Enrico
Poggi, segretario della Filt-Cgil di Ge-
nova - che ci dicano qual è la merce
essenziale che deve circolare e come
attrezzarci per operare in sicurezza.
In questo momento di emergenza
non possiamo permetterci interpre-
tazioni. Serve un’autorità che dica
quali sono le merci di cui non si può
fare a meno che devono circolare in
questo periodo, siamo pronti a ga-
rantirne imbarco e sbarco. Il resto sta
fermo. È necessaria una programma-
zione anche per evitare gli assembra-
menti di camionisti che vengono a ri-
tirare merci inutili. È necessaria una
codifica, una regola uguale per tutti».
—R.d.F.
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L’EMERGENZA
Acciaio, chiusure rallentate
dai dubbi sui contratti Terna
Lo stop ai forni elettrici
per causa di forza maggiore
impatta sulle forniture
Matteo Meneghello
Dopo Alfa Acciai, altre acciaierie del
Nord Italia stanno decidendo in que-
ste ore di sospendere l'attività in via
autonoma, senza aspettare un’even-
tuale decisione del Governo erga om-
nes. È il caso della Ferriera Valsabbia
di Odolo, in provincia di Brescia, della
Duferdofin-Nucor di San Zeno (sem-
pre a Brescia) e della Acciai speciali
Cogne, in provincia di Aosta.«Da gior-
ni - spiegano dalla Valsabbia - le deci-
sioni assunte dalle autorità compe-
tenti stanno incidendo sulla possibili-
tà di mantenere il regolare processo
produttivo e commerciale». A San Ze-
no si sottolinea che non sono stati re-
gistrati casi di contagio, ma «si con-
stata una crescete situazione di allar-
me sociale e preoccupazione che ren-
de più difficili gli approvvigionamenti
di materia prima e sguarnisce le squa-
dre con gravi rischi per la sicurezza»;
l’impegno dell’azienda è «creare le
condizioni per ripartire nel più breve
tempo possibile».
La complessità della struttura pro-
duttiva di un’acciaieria a ciclo conti-
nuo con forno elettrico, tipica di que-
sti territori (i grandi altiforni sono le-
gati all’ex acciaieria di stato, e ormai in
Italia sopravvivono solo nello stabili-
mento dell’ex Ilva di Taranto) pone,
nel caso di incertezzeo chiusura, alcu-
ne criticità. La principale riguarda la
sicurezza, stante la necessità di man-
tenere attivo il ciclo produttivo conti-
nuo o di gestire eventualmente uno
stop seguendo determinate procedu-
re. Per questo motivo in molte accia-
ierie è in atto, in queste ore, un dialogo
serrato tra sindacati e vertici aziendali
, alla ricerca della soluzione ottimale
per governare l’emergenza. In alcune
situazioni le frizioni tra le parti sono
sfociate in scontro aperto: è il caso di
Acciaierie speciali Terni, dove è stato
proclamato uno sciopero di due gior-
ni per la sanificazione dei locali, mi-
sura che, assicura invece l’azienda «è
già stata avviata e completata».
Altri aspetti impattano invece, per
esempio, sui contratti di fornitura in
essere con la rete elettrica. Gli acciaie-
rie, come molti clienti «energivori» in
Italia, beneficiano dell’«interrompi-
bilità», vale a dire la possibilità che
vengano applicate per il consumo ta-
riffe di agevolate , in cambio della di-
sponibilità all’interruzione della for-
nitura nel caso in cui la rete sia chia-
mata a gestire sovraccarichi (come
avviene per esempio in estate, quan-
do le utenze domestiche e commer-
ciali attivano in contemporanea i con-
dizionatori). L'interruzione dell’atti-
vità, e quindi della richiesta di ener-
gia, da parte di un cliente, può
rappresentare una violazione degli
obblighi del contratto. A questo scopo
Confindustria è in contatto con Terna
e con Mise, per capire se, tra le «cause
di forza maggiore» previste dalla leg-
ge, può essere considerato anche
questo tipo di emergenza, interpreta-
zione di per sè pacifica quando la de-
cisione è assunta da un’autorità supe-
riore, ma di diversa interpretazione
nel caso di una scelta volontaria.
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Allarme marittimi: navi italiane respinte all’estero
CONFITARMA
Mattioli: «Più della metà
dei Paesi del mondo sta
bloccando i movimenti»
Problema sistemico: l’Italia
muove via mare circa il %
di merci in import ed export
Raoul de Forcade
«Più della metà dei Paesi del mondo
sta bloccando i movimenti italiani
nei propri porti», a causa dell’emer-
genza coronavirus. Il settore marit-
timo nazionale sta quindi vivendo
una situazione «di emergenza tota-
le», a fronte della quale occorrono
azioni concrete del Comando gene-
rale delle capitanerie e del ministero
dei Trasporti «per evitare che le navi
italiane si fermino».
A lanciare l’appello è Mario Mat-
tioli, presidente di Confitarma, che
esplicita il disagio dell’armamento
tricolore, in balia non solo delle rica-
dute della pandemia sul trasporto via
mare, ma anche del freno imposto
dalla nostra burocrazia alla risolu-
zione di problematiche contingenti.
«Rispetto e appoggio – sottolinea
Mattioli – il decreto governativo che
ha assunto restrizioni senza eguali,
mai applicate neppure in tempo di
guerra. Ma bisogna anche consentire
all’economia del mare di svolgere il
suo ruolo logistico, come è stato con-
cesso al trasporto di merci su gom-
ma. La nostra economia, va ricorda-
to, è principalmente di trasformazio-
ne e l’Italia è uno dei più importanti
Paesi marittimi del mondo: muove
via mare circa il % delle merci in
import ed export».
Quel che sta emergendo, aggiun-
ge, «è una presa di posizione degli
altri Stati nei confronti dei cittadini
italiani, che vengono trattati come
untori. Molti porti stanno ponendo
limitazioni al traffico delle navi ita-
liane e in diversi Paesi nei quali ope-
riamo, ad esempio la Russia, sono
state introdotte norme d’interdizio-
ne anche per le unità di altre bandie-
re che abbiano fatto scalo in Italia ne-
gli ultimi giorni».
Un altro problema, afferma Mat-
tioli, «è l’avvicendamento dei marit-
timi su navi che operano all’estero.
Da quando è scoppiata l’emergenza,
in molte nazioni questo non è più
possibile, essendo vietato l’ingresso
e il transito ai marittimi italiani. Esi-
ste il concreto pericolo che le navi
non possano più operare per man-
canza di equipaggi».
il coronavirus e non riaprano, se va
bene, prima del aprile». I maritti-
mi con i brevetti in scadenza, quin-
di, non possono imbarcarsi.
Per questo, continua Mattioli,
Confitarma chiede al comando gene-
rale delle capitanerie e alla direzione
generale del Mit competente per la
navigazione «di farsi portavoci di
una richiesta all’Imo per il prolunga-
mento, di almeno sei mesi, della vali-
dità dei certificati per i marittimi ita-
liani. E occorre che questa estensione
sia accettata a livello internazionale.
È necessario inoltre che si trovino re-
gole, anche queste concertate sul
piano internazionale, per l’avvicen-
damento dei marittimi e per le visite
ispettive e mediche. Ho scritto al pre-
sidente della International chamber
of shipping (l’associazione mondiale
degli armatori, ndr) perché ci dia un
supporto e mi ha risposto che stanno
lavorando in quella direzione. Ma se
non scrive anche l’amministrazione
italiana tutto rischia vanificarsi”.
Mattioli, infine, fa un appello affin-
ché, in questa circostanza, ci sia «un
intervento forte e veloce» dell’ammi-
nistrazione, anche per mettere da
parte «quelle regole puramente bu-
rocratiche che, in questo momento,
rischiano di inibire il funzionamento
delle navi italiane».
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Interdizioni internazionali. Molti porti stanno ponendo limitazioni al traffico delle navi italiane
EPA
I NUMERI
60%
Export e import su nave
L’Italia è uno dei più importanti
Paesi marittimi del mondo:
muove via mare circa il 60%
delle merci in import
ed export
Per ovviare al problema, al mo-
mento, si stanno procrastinando i
turni di alcuni marittimi. Ma que-
sto si può fare, dice Mattioli, «solo
per un periodo limitato. Senza con-
tare che il ricambio diventa un'as-
soluta necessità per chi ha avuto un
infortunio sul lavoro oppure con-
trae una malattia».
A questa situazione si aggiunge il
divieto di trasferta per tutti gli ispet-
tori delle diverse autorità italiane
preposte al rilascio dei certificati di
bordo. Divieto «che rischia di lasciare
le nostre navi sprovviste di questi do-
cumenti, paralizzandone l’operativi-
tà». E ancora, elenca Mattioli, «si po-
ne forte il problema delle visite medi-
che biennali dei marittimi. Normal-
mente queste, per chi non è in Italia,
vengono eseguite nei porti esteri do-
ve si trovano le navi. Ma ora i medici
non vogliono visitare gli italiani».
Emerge, poi, un ulteriore intop-
po: le scadenze delle certificazioni
Imo (International maritime orga-
nization) dei nostri marittimi. Per
poter operare sulle navi, infatti, oc-
corre rinnovare periodicamente
questi certificati standard, attraver-
so corsi di formazione svolti in ap-
positi centri. «Peccato – chiarisce
Mattioli – che tutti i centri per la for-
mazione in Italia abbiano chiuso i
battenti in seguito al decreto contro
La flotta
La flotta mercatile di proprietà
italiana, alla fine del 2018,
contava 1.406 navi
e ha segnato -5,1% rispetto
alla fine del 2017
260
Navi flotta ro-ro
Quella italiana è la prima flotta ro-
ro (per il trasporto di rotabili e
passeggeri) al mondo per
tonnellaggio, con 260 navi per
5 milioni di tonnellate di stazza