Il Sole 24 Ore - 04.03.2020

(National Geographic (Little) Kids) #1

Il Sole 24 Ore Mercoledì 4 Marzo 2020 27


Norme & Tributi


Mutuo con clausola abusiva,


il giudice ridetermina il tasso


CONSUMATORI


La Corte Ue: garantire


condizioni contrattuali


nel rispetto della buona fede


Nel caso deciso non era


possibile la sostituzione


con un’altra disposizione


Marina Castellaneta


I giudici nazionali, accertato il carat-


tere abusivo di una clausola conte-


nuta in un contratto di mutuo ipote-


cario, devono sostituire i criteri fis-


sati nel contratto e calcolare diversa-


mente gli interessi dovuti. A


condizione, però, che il contratto


non possa avere effetto a causa del-


l’eliminazione della clausola e che il


consumatore potrebbe avere conse-


guenze particolarmente pregiudi-
zievoli. È una sentenza nel segno

della tutela dei consumatori quella


depositata ieri dalla Corte di giusti-
zia dell’Unione europea nella causa

C-/ con la quale è stato chiarito
il margine di intervento del giudice

nazionale al quale è riconosciuto un


potere sostitutivo per risolvere la
questione legata alla determinazio-

ne del tasso di interesse.


È stato il Tribunale di primo gra-
do di Barcellona (Spagna) a chiedere

l’intervento degli eurogiudici prima


di risolvere la questione al centro del
ricorso di un consumatore che aveva

stipulato, con un istituto di credito,


un contratto di mutuo per l’acquisto
di un’abitazione. Nel contratto era

stata inclusa una clausola in base al-


la quale il tasso di interesse variava
in funzione dell’indice di riferimen-

to delle casse di risparmio spagnole.


Il consumatore si era rivolto al giu-
dice nazionale sostenendo il carat-

tere abusivo della clausola perché


l’indicizzazione portava a un risul-
tato meno favorevole rispetto a

quella calcolata secondo il tasso me-


dio del mercato interbancario euro-
peo (Euribor), utilizzato nella mag-

gior parte dei casi.


Prima di tutto, la Corte Ue ha veri-
ficato se la direttiva /, recepita in

Italia con dlgs n. /, poi abrogato


dal decreto legislativo n. /,
contenente il codice del consumo,

fosse applicabile. L’atto Ue, infatti,


non si applica alle clausole contrat-
tuali «che riproducono disposizioni

legislative o regolamentari imperati-


ve e disposizioni o principi di con-
venzioni internazionali». Se il diritto

interno non fissa un obbligo di appli-


cazione di uno degli indici ufficiali di
riferimento, verifica che spetta al

giudice nazionale, ma si limita a sta-


bilire le condizioni «che devono es-
sere soddisfatte dagli indici o tassi di

riferimento» per il loro utilizzo da


parte degli istituti di credito, la diret-
tiva va applicata anche alla clausola

controversa. La banca, infatti, avreb-


be potuto scegliere un altro sistema
per il tasso di interesse. Accertata

l’applicazione della direttiva, la Corte


ha delineato il perimetro d’azione del
giudice nazionale che, per tutelare il

consumatore, parte debole del con-


tratto, deve garantire che una clauso-
la contrattuale non oggetto di tratta-

tiva individuale non abbia carattere


abusivo, verificando il rispetto dei re-
quisiti di buona fede, equilibrio e tra-

sparenza. L’obbligo del giudice, che


scatta anche se non è stata recepita la
norma controversa nel diritto inter-

no, comprende – precisa Lussem-
burgo - un accertamento sulla con-

formità della clausola all’obbligo di


trasparenza che deve «non solo esse-


re intellegibile sui piani formale e
grammaticale», ma anche consentire

a un consumatore medio, normal-


mente informato e ragionevolmente
attento e avveduto, di comprendere

le modalità di calcolo, valutandone le


conseguenze economiche. Non solo.
Per la Corte, il giudice nazionale de-

ve anche tenere conto della comuni-


cazione resa dall’istituto bancario,
verificando la trasmissione di infor-

mazioni sull’andamento «nel passa-
to, dell’indice sulla base del quale è

calcolato questo stesso tasso». Il


giudice nazionale, poi, non solo deve
escludere le clausole abusive, evi-

tando ogni effetto vincolante, ma se


il contratto viene meno a seguito
della soppressione della clausola e

questo causa un pregiudizio al con-


sumatore, deve sostituirla con una
disposizione di diritto nazionale di

natura suppletiva.


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Rapporti col sindaco? Nulla la nomina del revisore


SOCIETÀ


Al bando i rapporti


professionali anche se c’è


solo ripartizione dei costi


Nicola Cavalluzzo


Valentina Martignoni


L’esistenza di un rapporto professio-


nale, anche se di mera ripartizione


dei costi, tra il revisore e il sindaco di


una società, compromette l’indipen-


denza e l’obiettività del primo e quin-


di rende la delibera di nomina nulla


per violazione della norma di cui al-


l’articolo  del Dlgs /. È quan-


to deciso dalla Cassazione (ordinanza


/ ), oggetto del caso / pub-


blicato ieri da Assonime.


La vicenda inizia con il rigetto del


giudice delegato alla procedura di
amministrazione straordinaria, della

domanda di insinuazione del credito


di un professionista per l’attività di
revisione legale del bilancio della so-

cietà oggetto della procedura. Ad av-


viso del giudice la nomina del reviso-
re era invalida per difetto di indipen-

denza a causa del legame professio-


nale tra il “controllore” e uno dei
sindaci della società.

Il ricorso del revisore si fonda su


due motivi: l’indipendenza è riferita
solo ai rapporti nei confronti della so-

cietà e non nei confronti dei compo-
nenti del collegio sindacale e, per la

sussistenza dell’incompatibilità, i


rapporti patrimoniali devono essere
significativi. La Cassazione ritiene in-

fondati i motivi e respinge il ricorso


precisando che «nel concetto di socie-


tà, rientra a pieno titolo, anche l’ap-
partenenza al collegio sindacale quale

organo facente parte della governan-


ce». Quest’ultimo svolge un ruolo si-
gnificativo nell’iter di approvazione

del bilancio ed è anche l’organo che


formula all’assemblea la proposta per
la nomina del revisore, il che impone

la necessità di escludere possibili con-
dizionamenti in presenza di rapporti

patrimoniali tra sindaco e revisore.


Per quanto riguarda la necessità
che la relazione sia significativa, la Su-

prema Corte, ricorda che il legislatore


ha accolto il principio dell’ indipen-
denza in apparenza, che fa venire me-

no «l’indicazione contenuta nella rac-


comandazione della Commissione
europea del  maggio », circa la

necessità che i ricavi per l’attività di


revisione siano superiori a una soglia


critica rispetto al totale. Interessante
la parte finale del documento di Asso-

nime in cui si sottolinea la presenza di
criticità nelle conclusioni a cui è giun-

ta la Cassazione che ha dichiarato la


nullità della nomina in presenza di
una situazione di compromissione

dell’indipendenza. Ad avviso dell’As-


sociazione, l’articolo  non sancisce
un effetto diretto sulla validità dell’at-

to di nomina in presenza di detta


compromissione bensì’ si limita a vie-
tare lo svolgimento dell’incarico.

La differenza non è di poco conto


poiché la nullità non è sanabile, men-
tre la disposizione in parola, si limita

a obbligare il revisore a scegliere tra il


«conservare la relazione con la società
controllata incompatibile con l’eser-

cizio della revisione oppure effettuare


la revisione ponendo però fine alla re-
lazione incompatibile». A conferma,

Assonime richiama il Dm / che


disciplina i casi di revoca e dimissioni
del revisore dall’incarico. Tra le cause

che potrebbero causare l’una o l’altra,


è indicata l’insorgenza di sopravve-
nute situazioni tali da compromettere

l’indipendenza. Da ciò consegue che


nel caso di mancanza di indipendenza
sopravvenuta, gli istituti cui far ricor-

so sono la revoca o le dimissioni,


mentre non è prevista la nullità. Con
l’ulteriore considerazione che en-

trambi gli istituti avranno efficacia


solo al momento del conferimento del
nuovo incarico e non in quello in cui si

è verificata la situazione di mancanza


di indipendenza.


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Trust liquidatorio


anche con tassa


proporzionale


CASSAZIONE


Una scelta che lascia dubbi:


non si realizza


un passaggio di ricchezza


Angelo Busani


Tassazione dell’atto di dotazione del
trust di nuovo sull’ottovolante. La

Cassazione, con l’ordinanza 
del  marzo , infatti:

a) conferma come «orientamen-


to consolidato» il fatto che l’imposta
di donazione si applichi, nell’ambito

del trust, solo nel momento in cui «si


realizzi un trasferimento effettivo di
ricchezza mediante un’attribuzione

stabile e non meramente strumen-


tale» (Cassazione /);
b) traduce il principio nell’osser-

vazione secondo cui l’imposta «è


dovuta non al momento» dell’atto
istitutivo e dell’atto di dotazione del

trust, in quanto «fiscalmente neu-


tri» e «meramente attuativi degli
scopi» del trust, ma nel momento

del «trasferimento finale del bene al


beneficiario» (Cassazione /);
c) qualifica come eccezione a

quanto precede, dovendosi far


luogo a immediata «tassazione in
misura proporzionale» dell’atto

di dotazione del trust, ogni qual-


volta «si sia realizzato un trasferi-
mento definitivo di beni e diritti

dal trustee al beneficiario» (Cas-


sazione /).
Il problema è che la traduzione

in pratica di questi principi è pro-


blematica. Si pensi al trust “liqui-
datorio” (osservato nell’ordinanza

) e, cioè, a quello istituito (dal
debitore o da un terzo che intende

favorire il debitore) per segregare


taluni beni e diritti affinché questo
“isolamento”, derivante dal vincolo

di destinazione impresso al trust,


ne permetta una efficiente gestione
e alienazione da parte del trustee e

a vantaggio dei creditori. Ebbene:
se il trust liquidatorio è struttura-

to in modo da realizzare un «trasfe-


rimento definitivo» al trustee «sia
pure ai fini della liquidazione» allo-

ra è dovuta l’imposta di donazione


con aliquota % (Cassazione
/) in quanto si realizza «un

incremento stabile... di un dato pa-


trimonio con correlato decremento
di un altro» patrimonio (Cassazio-

ne / e /);


se il trust liquidatorio non indi-
vidua «i reali beneficiari dell’ope-

razione» e prevede «il ritorno dei


beni» non alienati «in capo al set-
tlor», allora si procede con la tas-

sazione in misura fissa (Cassazio-


ne /).
Da un lato, si deve prendere atto

che viene confermato l’orientamen-


to di ritenere la tassazione propor-
zionale non dovuta quando il tra-

sferimento al trustee sia intuito co-
me un mero momento transitorio e

servente rispetto all’attuazione del


programma del trust.
D’altro lato appare abbastanza

contraddittorio che, proprio con ri-


guardo al trust liquidatorio, si di-
scriminino ipotesi in cui il trasferi-

mento dal disponente al trustee


comporterebbe l’imposizione pro-
porzionale rispetto a ipotesi in cui

si applicherebbe quella in misura


fissa. Nel trust liquidatorio non c’è
arricchimento di nessuno, ma solo

debiti da pagare; e quando si ha un


trustee che diviene intestatario di
beni al fine della loro liquidazione,

non pare esserci situazione più


transitoria di questa. Probabil-
mente, se bisogna isolare i casi in

cui il trasferimento al trustee sia da


intuire come «definitivo» (ordi-
nanza /) è più facile rife-

rirsi a fattispecie come quella del


trust di passaggio generazionale o
finalizzato alla beneficienza verso

soggetti indeterminati, analizzato


nella sentenza /.


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