Internazionale - 28.02.2020

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statale promette alla popolazione alti tas-
si di crescita economica e garantisce un
ampio margine di manovra alle élite poli-
tiche. Il successo della Cina mette in dub-
bio l’affermazione, sostenuta da molti nel
mondo occidentale, secondo cui esiste
una relazione diretta tra capitalismo e de-
mocrazia liberale.
I vantaggi del capitalismo liberale so-
no noti, in particolare la democrazia e lo
stato di diritto. Si tratta di due caratteristi-
che intrinsecamente virtuose, che favo-
rendo l’innovazione e la mobilità sociale
possono stimolare lo sviluppo economi-
co. Tuttavia, questo sistema affronta oggi
una sfida enorme: la nascita di un’élite
che perpetua se stessa attraverso una cre-
scente disuguaglianza. È la più grave mi-
naccia alla sostenibilità a lungo termine
del capitalismo liberale.
La Cina e altri paesi con sistemi simili
invece sono costretti ad alimentare una
crescita economica costante per legitti-
mare il dominio politico dei governanti,
un obbligo che rischia di rivelarsi sempre
più difficile da mantenere. Inoltre, il capi-
talismo a guida statale deve lottare per
arginare la corruzione, che è insita nel si-
stema, e l’aumento vertiginoso della disu-
guaglianza, a sua volta frutto della corru-
zione. Il banco di prova di questo modello
sarà la sua capacità di frenare una classe
capitalista in crescita che spesso cerca di
divincolarsi dal potere arrogante della bu-
rocrazia statale.
Man mano che altre regioni del mon-
do (in particolare i paesi africani) tente-
ranno di trasformare le loro economie e
di rilanciare la crescita, le tensioni tra i
due modelli diventeranno sempre più
forti. Spesso la rivalità tra Cina e Stati
Uniti è presentata in termini semplice-
mente geopolitici, ma in realtà è come lo
sfregamento tra due placche tettoniche
che definirà l’evoluzione del capitalismo
in questo secolo.


Il modello liberale
Il dominio globale del capitalismo è uno
dei due cambiamenti epocali che il mon-
do sta attraversando. L’altro riguarda gli
equilibri del potere economico tra l’occi-
dente e l’Asia. Per la prima volta dalla ri-
voluzione industriale, i redditi in Asia si
stanno avvicinando a quelli dell’Europa
occidentale e del Nordamerica. Nel 1970
il paesi occidentali avevano in mano il 56
per cento della produzione economica
mondiale e l’Asia (incluso il Giappone) il
19 per cento. Oggi, solo tre generazioni
dopo, le percentuali sono passate rispetti-


vamente al 37 e al 43 per cento, soprattut-
to grazie alla sorprendente crescita eco-
nomica di paesi come la Cina e l’India.
Il capitalismo occidentale ha creato le
tecnologie dell’informazione e della co-
municazione che hanno rimesso in moto
le forze della globalizzazione alla fine del
novecento, il periodo in cui l’Asia ha co-
minciato ad accorciare il divario con il
“nord del mondo”. Inizialmente legata
alla ricchezza delle economie occidentali,
la globalizzazione ha rifondato strutture
decrepite e ha portato a una ra-
pidissima crescita in molti paesi
asiatici. La disparità di reddito a
livello mondiale è diminuita in
modo sostanziale rispetto agli
anni novanta, quando il coeffi-
ciente di Gini (una misura della distribu-
zione del reddito dove zero rappresenta la
perfetta uguaglianza e uno rappresenta la
perfetta disuguaglianza) globalmente era
0,70; oggi è circa 0,60. Il dato scenderà
ulteriormente man mano che i redditi
continueranno a crescere in Asia.
Se la disuguaglianza tra i paesi è dimi-
nuita, la disuguaglianza al loro interno è
cresciuta, specialmente in quelli occiden-
tali. Dal 1979 a oggi il coefficiente di Gini
per gli Stati Uniti è passato da 0,35 a circa
0,45. L’aumento della disuguaglianza in-
terna è in gran parte dovuto alla globaliz-
zazione e ai suoi effetti sulle economie
occidentali più ricche: l’indebolimento
dei sindacati, la perdita di posti di lavoro
nel settore manifatturiero e la contrazio-
ne dei salari.
Il capitalismo meritocratico liberale è
venuto alla luce negli ultimi quarant’anni.
Per comprenderlo meglio va confrontato
con altre due varianti del modello capita-
listico: quella classica, che è stata predo-

minante nell’ottocento e all’inizio del
novecento, e quella socialdemocratica,
che ha caratterizzato gli stati sociali
dell’Europa occidentale e del Nordameri-
ca tra la seconda guerra mondiale e l’ini-
zio degli anni ottanta.
Se nel capitalismo dell’ottocento la
ricchezza si fondava solo sulla proprietà,
nel sistema attuale proviene sia dal capi-
tale sia dal lavoro. I ricchi tendono anche
a sposarsi e a formare famiglie con part-
ner che hanno una storia scolastica e fi-
nanziaria simile alla loro, un
fenomeno che i sociologi chia-
mano “accoppiamento assorta-
tivo”. Mentre nel capitalismo
classico le persone al vertice
della distribuzione del reddito
erano spesso banchieri , oggi sono mana-
ger altamente retribuiti, web designer,
medici, consulenti d’investimento e altri
professionisti d’élite. Queste persone si
guadagnano i loro ricchi stipendi lavo-
rando, ma traggono anche una buona
fetta di reddito dai loro patrimoni finan-
ziari, attraverso i propri risparmi o per via
ereditaria.
Nel capitalismo meritocratico liberale
le società sono meno disuguali rispetto
all’epoca del capitalismo classico: le don-
ne e le minoranze etniche sono più libere
di entrare nella forza lavoro, e le presta-
zioni e i trasferimenti sociali (pagati con
le tasse) sono usati per mitigare gli effetti
più deleteri dell’eccessiva concentrazio-
ne della ricchezza e del privilegio. Il capi-
talismo meritocratico liberale ha eredita-
to queste ultime misure dal suo predeces-
sore diretto, il capitalismo socialdemo-
cratico.
Questo modello era strutturato intor-
no al lavoro industriale ed era caratteriz-
zato dalla presenza di sindacati forti, che
ebbero un ruolo importante nella riduzio-
ne della disuguaglianza. Nell’epoca in cui
il capitalismo socialdemocratico si affer-
mò furono approvate misure come il trat-
tato di Detroit del 1950 (un contratto col-
lettivo negoziato dal sindacato per i lavo-
ratori del settore automobilistico statuni-
tense) e in Francia e Germania ci fu il
boom economico, che generò un relativo
aumento dei redditi. La crescita era distri-
buita in modo abbastanza uniforme; i cit-
tadini potevano avere più accesso all’assi-
stenza sanitaria, agli alloggi e all’istruzio-
ne, e un numero maggiore di famiglie po-
teva salire la scala sociale.
Ma con l’avvento della globalizzazione
e del capitalismo meritocratico liberale la
natura del lavoro è cambiata in modo si-

Da sapere
Il sorpasso
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