Bell_39_Italia_-_Maggio_2016

(Maria Cristina Aguiar) #1

128 Bell’Italia


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personalissima scelta del collezionista (e
nell’allestimento, costantemente in pro-
gress) che trovano coerenza opere che dal
Rinascimento arrivano fino ai nostri gior-
ni. Nasce così un luogo dove capolavori
che tutti i musei vorrebbero possedere
(di Bernini, Cambiaso, Carracci, Canova,
Hayez, Wildt) si compenetrano con ope-
re meravigliose ma di tono minore. Più
che neoclassico, l’effetto d’insieme
risulta neoclassicista: e nelle sale do-
mina una singolare concordia. Appare
naturale che alla quadreria barocca (pre-
valentemente emiliana e romana) faccia
seguito la stanza con gli eccezionali busti
scolpiti nel ’900 da Adolfo Wildt. Nella
sala delle Colonne convivono il Clemente


X di Bernini, i busti marmorei della fa-
miglia Bonaparte, le terrecotte e le cere.
Dalla fantasmagoria di busti e ritratti di
questa sala si passa alla singolare Wun-
derkammer d e l l e Vanitas. L’occhio si posa
su un San Giovanni decollato di Solario,
sui dipinti del tardo Seicento e Settecento
in cui teschi putrefatti languono tra stru-
menti musicali, su una cera seicentesca
di Gaetano Giulio Zumbo – forse il più
grande ceroplasta italiano –, su statuine
di santi in terracotta, su un Memento Mori
del contemporaneo Maurizio Bottoni.
Nella sala del Canova i marmi si accosta-
no alle tele di Francesco Hayez e Vittorio
Corcos (un ritratto dell’editore Treves),
ma solo il gusto di Ricci ci fa apparire al

loro giusto posto le statuine déco di Chi-
parus, le tigri di Ligabue, un incagnito
busto di Mussolini, opera straordinaria
di Giandante X, artista lontano dai cano-
ni dell’arte di regime. E, in tutti gli spazi,
le edizioni di Bodoni. Si va verso l’uscita
attraversando le sale con le più belle edi-
zioni FMR, alle pareti i disegni di Tullio
Pericoli ed Erté. Osservando le copertine,
i titoli, gli autori, sembra di assistere al-
la quadratura di un cerchio. In un certo
senso è, questa sala, l’elegante didascalia a
tutto quanto abbiamo appena visto.

In alto, da sinistra: solo dall’alto si coglie tutta la perfezione
geometrica del complesso; Franco Maria Ricci nel Labirinto.
A destra: La Madre (1922), opera di Adolfo Wildt; è uno dei
frammenti sopravvissuti del gruppo La Famiglia che andò in
parte distrutto in seguito ai bombardamenti del 1943 a Milano.

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