Dossier VisioNari
182 dove MAGGIo - 2016
matematica raffinatissima. e come la poesia si presenta
nella forma compatta dei versi, anche le equazioni della
fisica condensano in singole formule una quantità gene-
rosa di informazioni. Si tratta di due linguaggi simbolici,
naturale e matematico, che insieme ci aiutano a capire il
mondo, e per questo è autolesionistico fare volontaria-
mente a meno di una parte della nostra cultura: Paolo da-
rio, il padre della robotica italiana (direttore dell’Istituto di
biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e del
Polo Sant’Anna valdera, ndr), cita a memoria versi dell’o-
dissea e ama raccontare che l’idea di un robot governato
da un software era già presente nel Golem della tradizione
ebraica”, dice Malvaldi.
Che d’altra parte ricorda che all’umana capacità di astra-
zione, la capacità di ragionare su cose che non esistono, si
deve la possibilità di vedere le potenzialità in un oggetto
o in un’idea apparentemente inutili o inverosimili. Inutili
come era la macchina analitica di Ada Lovelace (il futuro
pc), inverosimili come proporre di costruire un tracciatore
che sopravviverà alla radiazione di LHC (l’acceleratore di
particelle del Cern) e che permetterà di ricostruire segnali
di elettroni e muoni con una tale precisione da riuscire a
identificare il bosone di Higgs. Perché i visionari a volte si
riconoscono solo a posteriori e perché è difficile intravede-
re, parafrasando Leibniz, un presente già gravido di avve-
nire. eppure il segreto sta tutto qui. Nonostante i muscoli
mostrati dalla tecnologia, la minaccia digitale, la velocità
dei cambiamenti a cui non si riesce a stare dietro. Il segreto
sta tutto nel decifrare i fiumi carsici della realtà, nel capire
che per essere visionari bisogna innanzi tutto essere con-
sapevoli di ciò che accade intorno a noi. “Siamo in mezzo
a uno tsunami sociale, culturale ed economico, e spesso
non riusciamo a cogliere le evoluzioni, a gestire la transi-
zione tra la cultura analogica e quella digitale, che pure ha
già determinato nuovi comportamenti. Affrontare il tema
della cultura digitale vuol dire allora mettere i piedi nella
realtà contemporanea, prendere atto di questa transizione.
Serve ad avere meno paura, a essere più propensi all’inno-
vazione, ma soprattutto serve a capire che non dobbiamo
tanto porre l’attenzione sull’enfasi tecnologica, quanto de-
dicarci alla comprensione dei processi culturali e sociali
in atto. La vera sfida per prepararsi al futuro è culturale”.
Parole di Maria Grazia Mattei, esperta di nuove tecnologie
della comunicazione e dal 2005 direttrice di Meet the Me-
dia Guru, piattaforma di idee ed eventi con il gotha della
cultura digitale, da Mimi Ito, antropologa dell’Università
della California, a John Lasseter, direttore creativo della
Pixar e dei Walt disney Studios, che ha raccontato come
alla base di innovazioni tecnologiche come il 3d c’è sem-
pre una sensibilità artigianale. “Se dovessi trovare una ca-
ratteristica comune agli ospiti, la rintraccerei nella loro ca-
pacità di ribaltare il punto di vista, di togliersi il fumo dagli
occhi e vedere le cose in modo diverso rispetto al racconto
mainstream”, conclude Mattei. Il tempo della meraviglia
tecnologica che bastava a se stessa è dunque finito. Per-
sino Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto italiano di
Tecnologia (IIT), presente al Salone del Libro con il suo
grande robot androide iCub, ammette che la tecnologia,
le scoperte, di per sé non garantiscono un (buon) futuro.
Né ci danno la patente di visionari. “Come esseri umani
siamo deboli nei loro confronti. È come se vivessimo in un
posto di luce abbagliante, sopraffatti dalle potenzialità tec-
nologiche, ma l’homo sapiens sarà davvero homo technolo-
gicus solo se di questa tecnologia avrà il senso, se imparerà
a esserne responsabile”.
La soluzione, ancora, si chiama etica, cultura, educazio-
ne. Anche per questo, a parlare di visionarietà a Torino ci
sarà anche Marino Golinelli, imprenditore 95enne, che a
ottobre ha inaugurato a Bologna l’opificio, una cittadella
per la conoscenza e la cultura, dove si concentrano le attivi-
tà formative, educative e culturali riservate ai ragazzi e agli
insegnanti delle scuole della sua Fondazione. “Ho sempre
pensato che bisogna essere responsabili dei nostri figli e
della società in cui si vive. Restituire a essa parte della for-
tuna ricevuta e creata, è sempre stato il mio valore guida.
Il mio desiderio è educare a educare, insegnare ai giovani
come prendere in mano il proprio futuro. È a scuola che
si impara a lavorare per costruire un mondo collaborativo,
integrato, etico e sostenibile” dice Golinelli. Uno che le vi-
sioni le ha trasformate in prassi, atti concreti, nulla di più
lontano dalle chimere strampalate affibbiate ai visionari da
fiction. Come le opere di Jennifer Siegal, l’architetto fresca
vincitrice dell’arcvision Prize - Women and Architecture.
Invece di rincorrere costruzioni mirabolanti ed esibizio-
nistiche, si è distinta per la progettazione di case e scuole
prefabbricate. Li chiama dispositivi mobili (oMd, office
of Mobile design) e sono pensate per persone e zone disa-
giate, smontabili e riposizionabili, per spazi transitori che
devono accogliere dovunque la dignità dell’essere umano.
Quelli che non sono capaci di andare al di là di quello che
vedono con i propri occhi, le chiamano roulotte.
Un robot governato da
un software era giˆ presente nel
Golem della tradizione ebraica