Pier Paolo Sarpi - L\'inquisizione nella Serenissima Repubblica

(Joyce) #1

più del dovere. Qual è la causa, che nissun libro è censurato?
Perche la ostenta troppo, o perche leva la temporale, che pur il
mondo n'è pieno. La via ottima di mantennerla, non è di prohibir
i libri, che la tengono tra i termini: mà più tosto quelli che la
rendono spaventevole per l'essorbitanza. Però non si hà dà
negare, che se alcuno scrivesse in questa parte contra il vero,
il Magistrato non deva procedere contra l'Autore, e contra il
libro, e conservar il decoro, e l'autorità dovuta all'ordine
Clericale. Mà ch'essi si facciano raggione dà se, non è giusto.
Se sono scritte cose Politiche, secondo le massime de'
Prencipi, ed Historici antichi, secondo tutti, non tocca
all'Ecclesiastico il dar giudizio; se sono Tiranniche, che ciò solo
appartiene à Prencipi, de' quali è proprio il Governar Stati. Li
privati non l'intendono, e meno li Ministri di Christo, à quali egli
hà prohibito severamente l'intromettersene; e se pur alcuno
vuol passar oltre, non deve con propria autorità pensar di
provedervi, mà significarlo à che s'aspetta far la provisione,
senza che è par troppo chiaro, che li desiderosi di licenza,
senza freno danno nome di Tirannide alla legitima potestà data
dà Dio, ed è quella dottrina che si oppone ai loro tentativi; si
che sotto pretesto di Religione, vogliono doventar arbitri
d'ogni governo. L'istesso si deve dire dei libri, che contengono
facezie, o moti mordaci, che direttamente, ed obliquamente
offendono alcuno: e se insegnano cattivi costumi, lascivie, e
crapole, che offendono la publica honestà, nissuno di questi
eccessi è heresia, che deva appartenere all'Inquisizione.
L'Inquisitore è fatto giudice della fede, non censore dei
costumi. Dalla dottrina di San Paolo, la quiete publica, e
l'honestà sono date in guardia alla potestà secolare. Non deve
l'Inquisizione metter la falce nella messe d'altri. Questa
conclusione non hà bisogno di futilità per esser intesa, dà se
medesima è piana, e facile. All'istesso tocca giudicare, e punire
l'opere, le parole, e la scrittura d'una materia medesima.
Nissun può metter in dubio, che l'offendere la fama, il favorir

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