Sopra. Questa immagine si riferisce al recupero dell’SRC della precedente missione Hayabusa1. Si spera
ovviamente che anche l’SRC di Hayabusa2 avrà lo stesso destino, riportando a casa il suo prezioso carico che
permetterà agli scienziati di far luce sulle origini del Sistema Solare. Crediti: Reuters.
La verità è che missioni come quella di Hayabusa
2 e di OSIRIS-REx (la sonda della NASA in viaggio
verso l'asteroide Bennu con compiti analoghi a
quelli della missione giapponese) si pongono al
limite di ciò che la tecnologia umana è oggi in
grado di realizzare.
Il successo di tali missioni dipende per buona
parte dalla capacità di prevedere in anticipo tutto
ciò che può capitare nel corso delle operazioni
automatizzate previste dal progetto. Consiste
soprattutto nel prevedere gli imprevisti. Sembra
una contraddizione in termini, ma non lo è. Per
mandare una sonda a 300 milioni di km dalla
Terra, farle prelevare campioni di suolo dalla
superficie di un corpo dalle caratteristiche fisiche
sostanzialmente ignote e farglieli riportare intatti
sul nostro pianeta occorre una capacità
progettuale immensa, paragonabile a quella che
servirebbe per prevedere tutte le mosse
dell'avversario in una partita a scacchi... ma prima
ancora di sedersi al tavolo, e sapendo che l'unico
risultato ammesso è la vittoria.