Internazionale - 19.07.2019

(やまだぃちぅ) #1

Storie vere
Due donne hanno
portato un contratto
alla polizia di Madrid
sostenendo di essere
state vittime di una
truffa. Le due, madre
e figlia, avevano fatto
un accordo con il
fidanzato della figlia
perché lui uccidesse
l’ex compagno della
madre e gli
asportasse sette
organi per poi
rivenderli. In cambio
avrebbe ricevuto
settemila euro. Il
potenziale assassino,
che sosteneva di aver
lavorato per la Cia, il
Mossad e lo
spionaggio spagnolo,
non aveva portato a
termine il suo
compito. La possibile
vittima è in ottima
salute. Ora le donne
sono accusate di
tentato omicidio e
l’uomo di truffa.


dimenticate perché nell’estate del 1969 quasi dalla
sera alla mattina l’Apollo diventò un simbolo
dell’esatto contrario del Vietnam: l’Apollo era il pae-
se nella sua versione migliore, il Vietnam nella peg-
giore. Fishman non è particolarmente interessato a
questo aspetto; gran parte del suo libro, invece, è una
lunga argomentazione a favore della tesi che la mis-
sione meritava di essere realizzata, per ragioni che
lasceranno perplessi molti lettori. “La corsa alla Lu-
na non ha inaugurato l’era spaziale”, insiste, “ha
inaugurato l’era digitale”. E sottolinea, in particola-
re, lo sviluppo dei circuiti integrati e l’elaborazione
dei dati in tempo reale. Ma c’è qualcos’altro, qualco-
sa di più importante di cui Fishman attribuisce il me-
rito alla conquista della Luna: “Nel 1961, quando
ebbe inizio la corsa alla Luna, nella cultura popolare
non c’era nessuna percezione della tecnologia come
di una forza nella vita quotidiana dei consumatori, a
differenza di oggi”. Il suo argomento sembra funzio-
nare così: l’Apollo non ci ha portato su Marte, o alme-
no non ancora, però ci ha portato Alexa! La controar-
gomentazione potrebbe funzionare così: il mio paese
è andato sulla Luna e tutto quello che ci ho guada-
gnato è questo schifoso stato di polizia.
La corsa alla Luna cominciò come una corsa alla
Casa Bianca. Il 4 ottobre 1957, l’Unione Sovietica lan-
ciò in orbita il primo satellite, lo Sputnik. L’opinione
pubblica statunitense fu presa dal panico e i democra-
tici decisero di usare questo panico a scopi politici.
“La gente presto immaginerà un russo seduto sullo
Sputnik con un binocolo che legge la posta alle sue
spalle”, scrisse il 17 ottobre a Lyndon Johnson, candi-
dato democratico alla vicepresidenza, il suo stratega

ca, il che è un altro modo per dire che è storia dibattu-
ta. Nel 1971 Michael Collins diventò il direttore del
National air museum dello Smithsonian institute. È
lui a scrivere l’introduzione di Apollo to the Moon: a
history in 50 objects (National Geographic 2018), a cu-
ra di Teasel Muir-Harmony. La raccolta comprende
un manufatto ottenuto in prestito dallo Smithsonian
museum of african-american history: una lattina ri-
coperta da una foto del reverendo Martin Luther King
e di Ralph Abernathy, suo successore alla guida della
Southern christian leadership conference (Sclc). La
Sclc usava questo tipo di lattine per raccogliere dona-
zioni durante le sue iniziative, come quella promossa
da Abernathy al Kennedy space center il 15 luglio
1969, il giorno prima del lancio dell’Apollo 11. Aber-
nathy aveva un cartello con la scritta: “12 dollari al
giorno per nutrire un astronauta. Noi potremmo nu-
trire un bambino affamato con 8”. Muir-Harmony
cita le parole di Abernathy, che avrebbe detto: “Alla
vigilia della più nobile avventura dell’uomo, sono
profondamente commosso dai traguardi raggiunti
dal nostro paese nello spazio”, ma curiosamente ta-
glia la parte significativa di quel discorso, che potete
sentire pronunciare da Abernathy nelle scene iniziali
di un ambizioso ed emozionante documentario in tre
parti della Pbs/American Experience, Chasing the
Moon, uscito insieme al libro che lo accompagna,
Chasing the Moon: the people, the politics, and the promi-
se that launched America into the space age (Ballantine
2019), del regista del film, Robert Stone, e di uno dei
suoi produttori, Alan Andres. “A partire da oggi pos-
siamo andare su Marte, su Giove e perfino nei cieli al
di là”, disse Abernathy, “ma fino a quando sulla Terra
prevarranno il razzismo, la povertà, la fame e la guer-
ra, noi come paese civile avremo fallito”. Seguendo
questo criterio, gli ultimi cinquant’anni di storia sono
stati un susseguirsi di sconfitte.
In American moonshot: John F. Kennedy and the
great space race (HarperCollins 2019), il migliore dei
nuovi studi sulla missione americana nello spazio,
ricco di ricerche e rivelazioni, lo storico Douglas
Brinkley esamina attentamente questo e altri attacchi
lanciati dagli attivisti dei diritti civili, come Whitney
Young della National urban league. “Portare due uo-
mini sulla Luna costerà 35 miliardi di dollari”, prote-
stò Young. “Ne basterebbero dieci quest’anno per
portare ogni povero del paese sopra la soglia ufficiale
di povertà. C’è qualcosa di sbagliato da qualche par-
te”. Ma Brinkley conclude che, da un punto di vista
puramente economico, la missione valeva quei soldi,
visto che i suoi benefici si sono estesi a questioni di
salute pubblica. “La tecnologia che gli Stati Uniti han-
no ricavato dagli investimenti federali negli equipag-
giamenti spaziali (ricognizione satellitare, attrezzatu-
re biomediche, materiali leggeri, sistemi di purifica-
zione dell’acqua, migliori sistemi informatici e un si-
stema globale di ricerca e soccorso) ha più che com-
pensato le spese”.
In One giant leap: the impossible mission that flew us
to the Moon (Simon & Schuster 2019) Charles Fish-
man suggerisce che le critiche al programma furono

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