Col tempo invece conclusi la fase dei dubbi legislativi sull’esecuzione della carcerazione per la
quale mi persuasi che occorreva ancora tempo, infatti la maggior parte dei penalisti contattati per
avere notizie definitive in proposito mi riferì che il rinvio all’udienza delle pene accessorie, stabilito
dalla Cassazione, avrebbe probabilmente comportato analogo rinvio dell’esecuzione della pena,
anche se non ne erano pienamente convinti trattandosi di una sentenza davvero inusuale.
Continuai a lavorare come medico del 118 ed oltretutto in quel periodo mi capitarono anche
interventi particolarmente impegnativi grazie ai quali credo di aver salvato la vita almeno ad un
paio di pazienti.
La mia vita era così in quel periodo, suddivisa in due realtà distinte e separate: nella prima
ammiravo me stesso, medico capace e stimato da tutti: pazienti, loro parenti, colleghi, infermieri,
autisti, collaboratori vari. Mentre nella seconda realtà - nella quale mi immedesimavo a mala voglia
e soltanto occasionalmente, nei pochi momenti nei quali mi trovavo solo ed avulso dal mondo,
compativo il mio stato di condannato al carcere da innocente, ed avevo pena di me stesso.
Spesso dicevo tra me e me, mentre visitavo i vari malati che si affidavano pienamente alle mie cure
leggendo nei miei occhi un’umanità non comune ed una devozione totale al prossimo: “se questi
pazienti sapessero che presto finirò in carcere, penserebbero di me le stesse cose piacevoli?”.
E mi chiedevo anche: “e quando lo scopriranno in futuro, se capiterà, che penseranno? Mi
riterranno un impostore? O uno sfortunato? O cos’altro ancora?”.
Erano tanti i quesiti esistenziali dovuti alla convivenza forzata, dentro di me, di due vite così
diverse: una da persona amata ed osannata, un’altra da infame pregiudicato, anzi pluripregiudicato
perché avevo subito altre condanne penali nella mia vita, anche se tutte terribilmente ingiuste!
Indice