la Repubblica - 30.07.2019

(ff) #1
Il racconto

L’orgoglio di Rosa


“Questa è la vita


scelta dalle mogli”


L’addio sobrio dell’Arma all’ultimo dei suoi caduti


E la compagna della vittima commuove tutti


È stato un funerale bianco nell’Ita-
lia nera, la risposta sorprendente e
appunto tutta bianca — dalla chiesa
ai palloncini della folla — di un sud
antico, integro e composto. E i cara-
binieri non si sono prestati a trasfor-
mare una vittima in un eroe, e un al-
to e civile lamento funebre in un
“dulce et decorum est pro patria
mori”.
In faccia agli scomposti e volgari
energumeni di governo, persino og-
gi sniffatori d’odio e spacciatori d’a-
stio, è stato il funerale dell’Italia
semplice che ha mortificato la reto-
rica feroce che la Rai ha invece ap-
parecchiato, a partire da quell’ine-
dita e penosa sospensione di un mi-
nuto di tutti i suoi programmi, l’ec-
cesso sgangherato appunto che a
Somma Vesuviana non c’era. Non si
sono sentiti i gridi d’odio verso gli
assassini e neppure le pene antici-
pate che Salvini e Di Maio stanno in-
fliggendo da due giorni, lo sciacal-
laggio alla genovese insomma, quel
buttarsi sulla disgrazia che è tipico
dei disgraziati. Li ha smentiti Som-
ma Vesuviana che, almeno per un
giorno, non somiglia alla sempre
più sgangherata tv del pomeriggio:
niente veli neri e “figlio mio bello,
marito mio bello”, non il barocco
degli svenimenti e dei capelli strap-
pati in diretta tv, ma la forza del do-
lore mai esibito, delle lacrime trat-
tenute, una lezione di civiltà e di sti-
le.
Non ha prevalso l’Italia sciacalla
ieri nella bella chiesa di Somma Ve-
suviana che è diventata tutta bian-
ca, il colore della vita. Bianchi era-
no il campanile e la casa del prete,
l’intonaco delle navate, le tovaglie
ricamate sull’altare bianco, e bian-
chi i fiori, il perizoma di Cristo in
croce, le vesti dei tanti concelebran-
ti cromaticamente ben più forti del-
le stole viola del lutto, bianchi i den-
toni del gran sorriso nella foto di
Mario sullo sfondo bianco, un fac-
cione posato sul bianco del tricolo-
re. E bianco è il poeta sorprendente-
mente citato, senza enfasi, dal co-
mandante generale dei carabinieri,
quel Giovanni Pascoli che ha canta-
to il candore, l’innocenza, e lo scan-
dalo dell’agguato e della morte in-
giusta. E non solo nella Cavallina
storna “che portavi colui che non ri-
torna”, ma anche nella “piccozza”
che è lo strumento dell’alpinista,
come ha accennato il colto genera-
le Nistri. Mario si è dunque arrampi-
cato nell’esistenza scavandosi con

la piccozza il fine ed il mezzo, da so-
lo: “E salgo ancora, da me, facendo-
mi / da me la scala, tacito, assiduo;/
nel gelo che spezzo,/ scavandomi il
fine ed il mezzo”.
“Rumore bianco” si chiama la te-
rapia contro il frastuono, il suono
che guarisce il bambino e lo accom-
pagna al sonno, ed è probabile che
Rosa Maria Esilio non conosca la
musica bianca e neppure Luciano
Berio e le sue sperimentazioni o
che magari abbia letto Don Delillo e
appunto “Rumore bianco” che è il
suo libro più famoso. Sicuramente
però Rosa Maria ha offerto la medi-
cina della sua voce, con la bellissi-
ma inflessione napoletana, contro
l’estremismo da esibizione. Non ha
infatti voluto né telecamere né foto-
grafi mentre il rumore bianco della
sua voce senza corpo raccontava l’a-
pologo della creazione della donna
perfetta che sarebbe poi la moglie
del carabiniere, una figura retorica
che è anche una persona, carne os-
sa e fantasma culturale, una storia
e una fantasia, un aldiquà e anche
un aldilà, il punto di coincidenza
tra l’etica militare del carabiniere e
la metafisica cristiana, che era poi
la vita di Mario con i suoi viaggi a
Lourdes, Loreto e Međugorje e i
suoi encomi sul campo che — ha det-
to due volte il generale Nistri — «noi
non regaliamo».
E val la pena spiegarla tutta qui
di seguito, la donna di un’Italia anti-
ca che magari non piacerà ai tanti
professori di donnologia ma sicura-

mente è la verità della moglie e ma-
dre italiana, non la feroce costolet-
ta del family day sulla graticola bi-
blica dei luoghi comuni maschili,
ma neppure la donna del femmini-
smo: «Questa donna deve essere in-
dipendente. Possedere le qualità di
un padre e di una madre allo stesso
tempo. Essere una perfetta padro-
na di casa per quattro invitati come
per quaranta anche se preavvisata
solo un’ora prima, deve essere sem-
pre attiva ed intraprendente, far
fronte a tutte le necessità, essere ca-
pace di svolgere allegramente le
sue mansioni anche se è stanca o
ammalata, ed essere capace di cam-
biare casa, abitudini e amicizie
spesso e all’improvviso..., con un
cuore particolarmente forte, capa-
ce di sopportare il dolore delle sepa-
razioni, di dare amore senza riser-
ve, di offrire energie al marito nei
momenti più difficili e di continua-
re a lottare anche quando è carico
di lavoro e stanco».
Infine, nella chiesa bianca, dinan-
zi alla tragedia, i carabinieri non so-
no caduti ieri nella trappola della
retorica che vorrebbe ridare vita ai
morti, come Cristo fece con Lazza-
ro, e modellare a piacere la realtà.
Non hanno infatti salutato un nuo-
vo Salvo D’Acquisto, come hanno
fatto i furfantelli salviniani di Raiu-
no, ma un loro magnifico ragazzo
che somiglia ai più sani e ai più forti
dei ragazzi. Mario Cerciello Rega
non è morto perché inadeguato o
perché mandato allo sbaraglio, ma
perché nella sua consapevole cultu-
ra militare c’era anche l’incontro
con il poveraccio vigliacco, sbanda-
to e sballato di droga e di caldo. È
morto perché era un carabiniere
uguale a tutti gli altri, come ha det-
to Nistri.
E però non c’erano ieri tra questi
carabinieri dolenti ed eleganti —
un’eleganza armata che non ha
eguali in Europa — quegli altri cara-
binieri che ogni tanto ancora esco-
no dalle barzellette e vanno sem-
pre in coppia per scambiarsi conti-
nuamente i ruoli: lo sbirro che ha
bendato Gabriel Christian Natale
Hjorth e il minchione che l’ha foto-
grafato. Certo, sarebbe bello se la
morte del carabiniere si mutasse in
vita dei carabinieri, e se, in onore di
Mario e di tutti i carabinieri amati
come gli “arrivano i nostri”, ci libe-
rassimo, una volta per tutte, dei
due delle barzellette. Sono ancora
quelli che arrestarono Pinocchio.

Una chiesa
tutta bianca,
il colore
della vita,
lontana
dall’Italia
degli
sciacalli
E la poesia
di Pascoli
sulla
piccozza

ANDREW MEDICHINI/AP

di Francesco Merlo

g


g


Basta
piangere
servitori
dello Stato,
figli di una
nazione che
ha smarrito
i valori per
i quali essi si
immolano

Santo
marcianò
ordinario
militare

f


Parlare
ogni giorno
quasi più
del ragazzo
bendato che
del nostro
carabiniere
ucciso
significa
buttarla
in caciara

Luigi
Di maio
vicepremier

f


Primo piano Il delitto della droga


kLa mano sulla bara Rosa Maria Esilio, la moglie di Mario Cerciello Rega, mentre scorta il feretro


Rispetto
per un uomo
morto per
difendere
i diritti di
tutti, oggi
i dibattiti
teniamoli
fuori

Giovanni
nistri
comandante
generale
carabinieri

f


g


L’omaggio della Rai
Minuto di silenzio in tv

Con un minuto di silenzio che ha
interrotto le trasmissioni su tutte
le sue reti, ieri alle 11.30 la Rai ha
reso omaggio al carabiniere
ucciso a Roma. Sugli schermi si è
lentamente composta una scritta
bianca su fondo blu nella quale si
ricordava che «la Rai rende
omaggio con un minuto di silenzio
alla memoria del vice brigadiere
dei carabinieri Mario Cerciello
Rega, ucciso a Roma mentre si
prodigava per garantire la nostra
sicurezza». Alle 11.55, poi, il Tg1 ha
curato la diretta dei funerali. La
decisione del minuto di silenzio,
dicono in Rai, è stata presa di
concerto dall’amministratore
delegato Fabrizio Salini e dal
presidente Marcello Foa. Non è la
prima volta che la Rai interrompe
le trasmissioni per un minuto di
silenzio: successe anche il 14
settembre dello scorso anno, alle
11.36, a un mese esatto dal crollo
del ponte Morandi in cui persero
la vita 43 persone.

. Martedì, 30 luglio 2019^ pagina^3

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