Internazionale - 19.07.2019

(やまだぃちぅ) #1

Economia


Genauig keit wirtschaftlicher Beobachtun-
gen (Sulla precisione delle osservazioni
economiche) lamentava il fatto che non ci
fosse praticamente nessuno in grado di
interpretare correttamente i dati. Né i po-
litici né i giornalisti, ma neanche molti
scienziati sembravano preoccuparsi della
probabilità di errori nelle rilevazioni. “Di
solito le statistiche economiche sono pre-
sentate con una pretesa di precisione che
in realtà è irraggiungibile”, scriveva Mor-
genstern. Sono considerate alla stregua di
fatti indiscutibili, non di approssimazioni
a una realtà complessa, quindi suscettibili
di errori. Morgenstern, inoltre, sottoline-
ava che più sono rapide le trasformazioni
che un sistema economico subisce, più
inaffidabili saranno i dati. “Dei processi
dinamici sappiamo inevitabilmente meno
di quanto sappiamo dei contesti in cui il
cambiamento è quasi assente”, osservava.
Alla ricerca di una spiegazione, anche Lin-
si e Mügge si sono ispirati a questa intui-
zione ancora attuale.
Dagli anni novanta in poi la globalizza-
zione ha trasformato radicalmente i siste-
mi economici della maggior parte dei pa-
esi: processi che una volta avvenivano
all’interno di un unico stato oggi coinvol-
gono molti paesi. Ormai non c’è pratica-
mente più un bene assemblato – un’auto-
mobile, un cellulare o un computer – che
venga fabbricato in un paese solo. A se-
conda delle specializzazioni, delle compe-
tenze e dei livelli salariali, le varie fasi del
processo produttivo sono dislocate su re-
gioni e continenti. I componenti viaggia-
no avanti e indietro finché il prodotto fina-
le non è completato. E infatti dal 1990 il
valore delle esportazioni mondiali è tripli-
cato.
Di fronte a questa nuova complessità
le vecchie statistiche ingannano. “Per ca-
pirlo bene”, dice Mügge, “basta guardare
ai dati degli scambi tra la Germania e i Pa-
esi Bassi. Ogni anno gli olandesi dichiara-
no esportazioni verso la Germania che
superano di venti o quaranta miliardi di
euro quelle rilevate dai tedeschi. Non è
difficile individuarne la causa nelle attivi-
tà del porto olandese di Rotterdam: sup-
poniamo che un container carico di con-
sole debba arrivare dalla Cina alla Germa-
nia. Innanzitutto farà tappa a Rotterdam e
da lì continuerà il viaggio. Agli olandesi,
quindi, risulta un’esportazione verso la
Germania, ma per l’impiegato tedesco
che prende in consegna le console si tratta
di un’importazione dalla Cina. Così si per-
de traccia della tappa nei Paesi Bassi. “È
da tanti piccoli errori come questo che de-


rivano le discrepanze nei dati, in partico-
lare dal fatto che il singolo può cogliere
solo parzialmente la lunga serie di passag-
gi del processo produttivo”.
Questo non vale solo per la bilancia
commerciale tra Germania e Paesi Bassi,
a cui pochi fanno attenzione, ma anche
per il disavanzo commerciale che oggi fa
più discutere, cioè la notevole eccedenza
di merci che la Cina fornisce agli Stati Uni-
ti. Secondo Mügge, questa eccedenza è
illusoria: il disavanzo è piuttosto con una
serie di paesi asiatici. “Gli smartphone, i

computer e i tablet sono assemblati in Ci-
na, ma la maggior parte delle componenti
proviene da altri posti: gli schermi da Tai-
wan, i processori dalla Corea del Sud, altri
pezzi da Singapore e dalla Malaysia. Molti
sostengono che grazie agli occidentali i
cinesi si arricchiscono, ma una parte signi-
ficativa di questo denaro viene distribuita
nel resto dell’Asia”.
I dati sugli scambi commerciali evi-
denziano solo l’ultimo passaggio. È un po’
come vedere l’ultima ansa di un grande
fiume senza scorgere gli affluenti che lo
alimentano. E i dati commerciali non sono
gli unici a essere sempre più distorti.

Una cifra assurda
A Dublino, in un giorno d’estate del 2016,
giornalisti ed economisti erano in attesa
di sapere a quanto ammontava il pil
dell’Irlanda nel 2015. In realtà non era
molto difficile da prevedere: secondo lo

Statistics office, l’ufficio statistico nazio-
nale irlandese, doveva risultare una cre-
scita del 7,8 per cento. Ma quando gli stati-
stici hanno presentato finalmente le cifre
c’è stata una sorpresa: nel 2015 l’economia
irlandese era cresciuta del 26,3 per cento.
In sala tutti sapevano che era impossi-
bile. Era una cifra assurda, corrispondeva
al tasso di crescita di un paese in via di svi-
luppo uscito da una lunga guerra, non a
quello di un’economia avanzata. Il giorno
stesso il ministro delle finanze irlandese,
però, assicurava che la ripresa economica
era “reale”, come anche il miglioramento
della qualità della vita degli irlandesi. Ma
non riusciva a convincere gli scettici. Per
l’economista irlandese Colm McCarthy
quei numeri erano “boiate”, mentre alcu-
ni giornalisti finanziari facevano dell’iro-
nia sull’economia irlandese definendola
una “tigre di carta”. Invece Paul Krugman,
premio Nobel per l’economia, ha coniato
un termine rimasto impresso nella memo-
ria: leprechaun economics, l’economia dei
folletti.
Eppure non si trattava di un errore
commesso dagli statistici: secondo gli
esperti dell’Eurostat, l’ufficio statistico
dell’Unione europea, i dati irlandesi erano
“plausibili”. La questione era molto più
grave di un errore di calcolo: era il concet-
to stesso di pil che si scontrava con i propri
limiti. “Rappresentare la complessità
dell’economia irlandese attraverso un so-
lo indicatore come il pil è sempre più diffi-
cile”, ha detto un gruppo di statistici
dell’Fmi, dell’Eurostat e dell’istituto stati-
stico irlandese. Questo succedeva soprat-
tutto a causa del livello estremo di globa-
lizzazione a cui è arrivata l’economia ir-
landese.
Bisogna considerare che il pil è l’insie-
me di quanto viene prodotto all’interno di
un paese. Per molto tempo non è stata una
cosa complicata da stabilire: era facile sta-
bilire che un’automobile proveniva dagli
Stati Uniti, un tostapane dal Regno Unito,
una bottiglia di vino dalla Francia, un tra-
pano dalla Germania, perché i beni tangi-
bili avevano un’origine chiara. Oggi è tutto
più complicato. In Irlanda, all’inizio del
2015, non si erano aperte nuove fabbriche
né si erano creati molti posti di lavoro. Era-
no circolati beni sfuggenti: idee, concetti,
brevetti, software. “Quell’anno l’afflusso
di beni economici è stato enorme. Si trat-
tava soprattutto di proprietà intellettuali”,
spiega Michael Connolly, dell’ufficio sta-
tistico irlandese. “Un gruppo ristretto di
aziende molto grandi ha trasferito in Ir-
landa interi bilanci. E siccome siamo un

Dal 1990 il valore
delle esportazioni

mondiali è
triplicato

La bilancia commerciale è un conto in cui si
registrano il valore delle importazioni e quello
delle esportazioni delle merci di un paese. Il
saldo, cioè la differenza tra i due valori, è
definito surplus o eccedenza se le esportazioni
superano le importazioni. In caso contrario si
parla di deficit o disavanzo.
Il prodotto interno lordo ( pil) è il valore della
produzione totale di beni e servizi di un paese,
diminuita dei consumi intermedi (quelli del
processo dei produzione) e aumentata dell’iva e
delle imposte indirette sulle importazioni.
Il reddito nazionale lordo è il valore della
produzione totale di beni e servizi realizzata dai
cittadini residenti in un paese.

Da sapere
Disavanzo e pil
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