Ci riferivano le guardie in ospedale che nel carcere era in atto una vera e propria battaglia fra loro
ed i sovversivi che avevano già sfasciato mezza struttura, per cui noi eravamo fortunati a trovarci in
ospedale e non al fronte.
Il boss in particolare era molto preoccupato perché sapeva di cosa erano capaci alcuni detenuti, ed
infatti spesso temeva che la rivolta causasse qualche decesso sia tra i carcerati che tra le guardie.
Nella vita di tutti i giorni nella cella ospedaliera il suo interesse quotidiano era quello di
contemplare continuamente la foto della moglie, infatti sul tavolino di plastica accanto al suo letto
aveva realizzato una sorta di altare funerario ove aveva sistemato, oltre alla foto dentro una cornice
fissata in verticale in modo che potesse osservarla anche da sdraiato nel letto, anche disegni di fiori
molto ben fatti che aveva realizzato lui personalmente, e varie lettere d’amore.
Rimasi stupefatto nell’osservare simili manifestazioni d’amore tenero e profondo, anche perché
nell’immaginario comune i boss sono persone estremamente dure, quasi senz’anima, invece io mi
trovavo di fronte un uomo che innanzi alla prece della moglie si ammansiva del tutto e diveniva
dolcissimo, piangendo spesso commosso.
Capii che avevo di fronte prima di tutto un uomo, un uomo vero ed in profonda crisi esistenziale,
capace di commuoversi nonostante il suo passato burrascoso fosse tempestato di notevoli reati.
In quei giorni infatti fu lui stesso a raccontarmi tutti gli errori della sua vita, così li definiva, e
l’elenco fu molto lungo ed a tratti spaventoso.
Fino a quel momento aveva già scontato 30 anni di carcere, se pur in periodi alterni, e sussistevano
ancora altri processi per i quali sarebbe stato condannato complessivamente ad altri 20 anni circa!
“Accidenti, peggio di altri criminali ben noti in Italia che dopo vari decenni di detenzione riescono
comunque ad uscire”, pensai impaurito!
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