Mi venne in mente una frase Biblica molto importante in proposito: “ci sarà più gioia in cielo per
un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”.
Anch’io stavo seguendo un mio percorso spirituale e certamente non potevo ritenermi purificato del
tutto dal Signore, tutt’altro; sapevo che la strada sarebbe stata ancora lunga, ed ero disponibile e
pronto.
L’esperienza che stavo vivendo in carcere, quindi, era piuttosto simile a quella del boss, con le
dovute differenze ovviamente.
Per questo riuscivo a comprenderlo e compatirne la sofferenza.
Quando mi trovavo col boss, essendo più impegnative le sue condizioni generali, sia di salute che
psicologiche per la perdita della moglie, mi mettevo sempre in secondo piano, privilegiando i
progressi spirituali che avrebbe potuto raggiungere, ritenendoli il nuovo orizzonte della sua vita.
Certamente più importante della guarigione dalla malattia fisica.
Sapevo, infatti, che i nostri colloqui sarebbero stati gli eventi più importanti della sua vita, nelle sue
condizioni, e che in qualche maniera il Buon Dio ci aveva messi in contatto proprio per questo.
Evidentemente i progetti del Signore non si fermano innanzi a niente e nessuno.
L’opera salvifica del Padreterno non conosce confini.
Quell’esperienza carceraria in ospedale era dura ma sapevo che sarebbe stata molto costruttiva.
Ovviamente anch’io ero malato e non di robetta qualsiasi ma di crisi cardiache impressionanti,
infatti la notte soprattutto le fibrillazioni si ripresentavano e purtroppo creavo disagi, senza volerlo,
anche al mio nuovo amico che era costretto a svegliarsi perché entravano continuamente infermieri
e medici per darmi assistenza.