In cella in quei giorni si viveva un certo fermento, un’agitazione dovuta a diverse circostanze.
Certe volte i detenuti nelle altre celle strillavano, bestemmiavano, si dimenavano continuamente,
minacciando tutti, infermieri e guardie, che con santa pazienza tentavano di tranquillizzarli.
Spesso si trattava di carcerati tossicodipendenti che avevano bisogno, oltre che del metadone, anche
di trattamenti psicologi adeguati che però non sempre erano immediatamente disponibili.
Altre volte arrivavano notizie sulla sommossa nel carcere che continuava nonostante le numerose
guardie facessero di tutto per domarla.
Mi sembrava di trovarmi nei gironi infernali danteschi, non solo come spettatore inerme ma anche
come vittima.
Il mio unico affetto vivibile era sempre Anna che fortunatamente proprio quel giorno, alle ore 13,00
come le altre volte, sarebbe venuta per restare un’oretta con me offrendomi un sollievo enorme.
Gli inservienti portarono il pranzo ma fui costretto a rifiutarlo perché non mi sentivo bene, e restai
in dormiveglia in attesa di Anna.
L’avrei riconosciuta, come altre volte, dalla voce lontana nel corridoio che, come dolcissime note
musicali, come il canto delle sirene, come la colonna sonora di un film da Oscar, sarebbe arrivata al
mio letto per donare linfa vitale al mio spirito ed al mio corpo.
Riconoscere la sua voce lontana nel corridoio era come avvertire la presenza di Dio che in effetti mi
aveva affidato, da anni ormai, proprio a quella donna dolcissima e nello stesso tempo molto tenace.
Non avevo altro, tutte le privazioni si erano compiute, ma almeno Anna il Destino me l’aveva
lasciata.
Grazie a Dio.
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