Loro percepivano che avevo dentro, nel mio animo, qualcosa di speciale, ma non osavano
chiedermi cosa, e soprattutto vivevano di luce riflessa perché ogni volta che parlavano con me
attingevano un po’ della mia Sapienza e ne facevano tesoro per tutto il tempo possibile.
Alcuni di loro mi dissero, clamorosamente, che la mia amicizia era la cosa più bella capitata negli
ultimi anni della loro vita, ed io stentavo quasi a crederci ma l’evidenza delle loro vite molto
difficili lo confermava.
Furono sensazioni formidabili per me perché davvero mi sentivo accolto, acclamato, ben voluto e
protetto da tutti. Ero diventato una loro risorsa da difendere, proteggere, osannare, tutti i giorni.
L’aspetto che più mi sconvolgeva, in senso positivo, era che quei detenuti, grazie all’affetto sincero
ed alla stima che emersero nel tempo, impararono a sentirmi uno di loro, un amico vero, uno
appartenente alla loro stirpe, quindi degno del massimo rispetto.
Mi facevano sentire bene, mi coccolavano, mi raccontavano tutto della loro vita, anche i detenuti
delle altre celle che venivano da me in processione, e parlavano per ore nonostante ci fossero delle
sbarre a dividerci.
I secondini quando portavano la prima colazione, il pranzo e la cena, spudoratamente mi mettevano
porzioni molto più grandi degli altri, e nessuno osava battere ciglio o lamentarsi perché quella
attenzione rivolta a me in realtà giovava a tutti loro che avevano un chiaro interesse nel vedere la
loro “risorsa” ben accudita.
Sapevano di poter contare su di me per qualsiasi cosa, ed io sapevo di poter fare altrettanto con loro.
Si sentivano ormai come parte integrante della mia vita, come il mio popolo eletto.
Ci tenevano molto a proteggermi, ed io interpretai questo comportamento ancestrale - riflettendolo
nella Fede e nelle conoscenze della Bibbia - come una sorta di protezione rispetto ad un possibile
tradimento, come se avessero voluto difendere un nuovo Gesù da un nuova via Crucis!
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